Facendo parte della categoria di coloro che per una vita sono vissuti anche scrivendo su giornali, e, nel mio caso, anche dirigendone qualcuno (di musica), me ne vergogno per il trattamento indegno con cui hanno trattato la scomparsa di Bussotti, protagonista della cultura e della musica del Novecento. Artista poliedrico, musicista, pittore, regista, organizzatore musicale ( Biennale) ecc...ecc... i giornali hanno ne scritto in due trafiletti ripresi dalle agenzie; e in tale vergogna, si sono distinti il Corriere ed ancor più La repubblica.
Non uno dei cosiddetti critici musicali dei grandi quotidiani che scrivono ormai solo quando le istituzioni pagano le pagine, ha chiesto di scrivere qualcosa di più completo ed anche critico, come Bussotti avrebbe meritato.
Se solo pensiamo al chiasso dei giornali alla morte - ricordiamo solo due esempi - di Fabrizio Frizzi o di Raffaella Carrà - sentiamo di vergognarci. Pagine e pagine, e per giorni, su due personaggi che hanno animato il mondo falso della tv e basta. Magari anche brave persone ma nient'altro. Di brave persone al mondo come loro e forse più di loro ne esistono e spargono bene in silenzio, e senza che nessuno ne parli.
Perché invece di loro si è tanto parlato - anzi a proposito della Carrà, la Rai sta continuando con il suo necrologio di immagini da mesi - se nessun segno hanno lasciato nella storia del nostro paese, per il quale si avranno a ricordarli?
Questo fa ancora di più capire, oltre la fatuità di certo mondo dell'informazione, anche quanto sia diventata marginale la musica e la cultura nel nostro paese e nella considerazione che di essa ne hanno perfino i giornali.
Oggi, tanto per fare un esempio, il Corriere fa due pagine a pagamento (del Teatro Bellini di Catania) e in una di esse pubblica l'ennesima intervista ad una cantante che da bambina dopo aver visto un'opera decide che farà la cantante. Idiozie!
Girata pagina, una seconda intervista, questa volta ad un 'minimale' compositore inglese - che certo scrive per il cinema, e allora? - che ieri ha fatto ascoltare ad una platea gremita ( Cavea dell'Auditorium) per il festival RomaEuropa, due suoi brani; il primo, imbarazzante per la sua inconsistenza - una suite per pochi strumenti con la lettura di alcuni testi che avrebbero dovuto suonare come condanna della guerra in Iraq; il secondo, una riscrittura di Vivaldi, alla fine della quale il pubblico ha applaudito, ma non abbiamo capito se a Vivaldi o a Max Richter, che non era riuscito, per quanto volesse fare l'originale a tutti i costi, a cancellare l'orma travolgente delle famose Stagioni.
Ma il mondo va così!
bravo Pietro
RispondiEliminaPiù che bravo io, asini gli altri
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