È peggio di quel che sembrava. La voragine delle mascherine cinesi che non proteggono, nelle ultime ore, si è fatta abisso. Ha inghiottito qualsiasi certezza dei medici e degli infermieri che hanno, o hanno avuto, la sventura di indossarle negli ospedali e nei reparti Covid.
Perché, a stare alle evidenze raccolte dalla procura di Gorizia, la metà dei Dispositivi di protezione individuale (Dpi) che la Struttura commissariale ha importato dalla Cina non è buona. Uno su due non filtra a sufficienza. La documentazione turca che ne attesta la conformità alle direttive Ue appare contraffatta. Il virus passa. Il virus, dunque, infetta.
I sequestri
Il portato del chinese job sta tutto nei numeri. Dodici interi lotti di facciali modello Ffp2 e Ffp3 - quelli ad alta protezione usati da chi lavora in corsia, negli ambulatori o nelle Residenze per anziani - sono sotto inchiesta. Esaminati da due laboratori italiani, a Torino e a Milano, diversi campioni di quei lotti sono risultati avere capacità filtranti "anche dieci volte inferiori" agli standard. Si tratta di 250 milioni di mascherine, acquistate nei primi sette mesi dello scorso anno dal Commissario Domenico Arcuri, validate dal Comitato tecnico scientifico, distribuite nelle Asl di tutta Italia. Dettaglio, quest'ultimo, che ha fatto scattare l'allerta nazionale e la corsa al ritiro a scopo precauzionale. Le direzioni generali regionali stanno inviando circolari urgenti a enti pubblici e privati del Sistema sanitario, ai governatori, agli assessori. "A seguito di comunicazione pervenuta dalla Guardia di Finanza di Gorizia relativa al sequestro di Dpi risultati non conformi alle normative - si legge - si dispone il blocco immediato dell'utilizzo e il richiamo delle mascherine indicate".
I dodici lotti sotto inchiesta
Segue l'elenco dei lotti, così come appare nel decreto di sequestro dei pm di Gorizia: facciale Scyfkz N95, facciale Unech KN95, facciale Anhui Zhongnan, facciale Jy-Junyue, facciale Wenzhou Xilian, facciale Zhongkang, facciale Wenzhou Husai, mascherine filtranti Wenzin della Tongcheng Wenzin, mascherine Bi Wei Kang della Yiwu Biweikang, facciale Simfo KN95-Zhyi-Surgika (quest'ultima con sede nell'Aretino), facciale Wenzhou Leikang, facciale Xinnouzi della Haining Nuozi Medical Equipement. Il 31 marzo i finanzieri rintracciano e bloccano 60 milioni di pezzi in giacenza nei depositi della Struttura commissariale sparsi sul territorio nazionale. Il problema, però, sono le mascherine già distribuite e tuttora in circolazione. Centonovanta milioni di pezzi. Impossibile stabilire quante siano già state utilizzate. In tutto, comprese quelle sequestrate, sono 250 milioni. Una cifra spaventosa, perché corrisponde alla metà degli acquisti conclusi da Arcuri sul mercato estero: abbiamo importato 300 milioni di Ffp2 e 231 milioni di FFp3, quasi tutte dalla Cina. Poi, da luglio 2020 in poi, gli acquisti esteri sono stati azzerati.
Le richieste delle Usl
A febbraio di quest'anno i presidi sanitari di Gorizia e Monfalcone hanno mandato due esposti al procuratore capo Massimo Lia, magistrato serio e cauto. Nelle denunce i sanitari scrivono che i Dpi forniti dalle loro Asl sono taroccati. Non aderiscono bene al volto. Al tatto, risultano di materiale scadente. I finanzieri vanno a prelevare gli scatoloni, ne annotano i lotti di provenienza, li fanno analizzare da due laboratori. "In alcuni casi la capacità filtrante (95 per cento per le Ffp2, 99 per cento per le Ffp3) è risultata inferiore di dieci volte rispetto a quanto dichiarato". Scattano i sequestri e viene acquisita documentazione presso Invitalia, la sede dell'ex commissario. Una parte consistente dei Dpi ha il marchio CE2163 del laboratorio turco UniversalCert, già al centro - come raccontato da Repubblica - di dubbi e polemiche.
Frode in pubbliche forniture
Il pm titolare dell'indagine, Paolo Ancora, all'inizio ha ipotizzato il reato di frode in commercio, ora si sta orientando verso la frode in pubbliche forniture. In questo caso, la Struttura commissariale di Arcuri figurerà come parte lesa. I lotti in oggetto, del resto, sono stati validati dal Cts, chiamato, col supporto dell'Inail, a verificare la certificazione presentata da produttori cinesi e importatori. Nelle fasi più dure della pandemia, non c'era tempo di sottoporre il materiale a test intensivo. In deroga alla normativa Ue, quindi, abbiamo lasciato entrare di tutto. Quel tutto che poi è finito sul viso del personale sanitario in prima linea contro il Covid. E che, al Covid, ha pagato un tributo drammatico: 352 medici e 81 infermieri sono morti. Contagiati in servizio.
Nessun commento:
Posta un commento