In questi ultimi giorni sui giornali sono apparsi diversi pareri su come avviare la ripartenza. Ma oltre che indicare l'evento con cui ufficialmente riprendere l'attività - concertoni, per intenderci, senza che si sia ancora capito come mettere insieme una orchestra-monstre ed un altrettanto 'monstre' coro, senza contravvenire alle regole del 'distanziamento' - nulla ancora di preciso - ed anche di nuovo, perché al nuovo occorre pensare per navigare nell'emergenza - è emerso su come la ripartenza debba necessariamente tener conto delle regole da osservare, prima di tutto: distanziamento e mascherine.
E mentre per il pubblico il problema delle due misure precauzionali sembra risolvibile con opportuni accorgimenti, e dato per scontato che i sovrintendenti dei nostri teatri mettano da parte i sogni di gloria dei bilanci, per la scena il problema è tuttora irrisolto. Tanto che è difficile immaginare come possa il sovrintendente della Scala, Meyer, essere così certo che inaugurerà il 7 dicembre la stagione.
Perchè per poter praticare nuovamente il palcoscenico i problemi da risolvere prima sono tanti. Si va dai titoli (qualcuno ha detto che il repertorio barocco, basato principalmente sulla parola, potrebbe fornire una possibile soluzione, preferendovi titoli senza coro) alle regie per le quali fino a quando non finirà del tutto l'emergenza, certi registi che amano il 'corpo a corpo'- pensiamo a Emma DANTE, scritturata per l'apertura di stagione del San Carlo di Napoli - devono girare alla larga dai teatri d'opera ed anche dai teatri di prosa. Perchè si è detto che durante le prove in palcoscenico vanno usate le mascherine, ma durante lo spettacolo con pubblico no, fino a quando non si inventerà una mascherina o qualcosa che abbia la medesima funzione ( e non è detto che qualcuno non ci stia già pensando!) senza essere visibile e senza creare altrettanti problemi a chi deve cantare.
Mentre , per le regie, saranno da preferirsi , autori come Bob Wilson che sarebbe capace - lo ha già fatto - di non far toccare due amanti focosi o di mostrarci una scena di guerra con i combattenti che lottano a distanza. Pensiamo a sue regie che ci sovvengono come per Aida e Turandot.
Naturalmente ciò che ha fatto già tante volte Wilson possono farlo anche altri registi, basta studiarlo.
Anche il problema delle orchestre non è irrisolvibile, e già alcune proposte, oltre quelle relative ai concerti in spazi aperti, sono state avanzate.
Altre proposte, di tutt'altro genere, sono venute fuori in questi giorni. Come ripensare il teatro e il suo uso, intendendosi per 'teatro' anche lo spazio teatrale. Si è detto che la scuola a corto di spazi potrebbe utilizzarlo, con un accordo fra istituzioni e MIUR.; si è anche detto che tutta l'organizzazione teatrale andrebbe ripensata, anche in rapporto alle singole figure che in esso vi operano.
Quello che fin d'ora si sa è che, perdurando l'emergenza, contemporaneamente ad immaginare come risolvere i problemi pratici su esposti, per riavviare l'attività, occorre anche pensare a come far sopravvivere tutte le competenze che lavorano dietro le quinte del teatro, che se non aiutate rischiano di scomparire del tutto e di non essere per la maggior parte disponibili quando si tornerà a fare teatro normalmente, con il pubblico in sala, musicisti in buca e cantanti in scena.
In loro favore, giustamente, si sono espresse e prodigate numerose personalità - la maggior parte delle quali non appartiene al numero di quelli che vanno aiutati - e perfino il ministro deputato. Solo che non si vede ancora nulla di concreto.
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