La giostra , in verità , ha già cominciato a girare. E, in alcuni casi gira da tempo, perché prima che essa si fermi per imbarcare qualche nuovo viaggiatore e scaricarne altri, occorre tempo.
I gestori della giostra dei Berliner (che poi sono i Berliner medesimi), ad esempio, fra qualche giorno, dichiareranno apertamente, chi, quando Rattle scenderà, e cioè fra tre anni, prenderà il suo posto sulla loro giostra - si fanno i nomi di Barenboim, Dudamel, Thielemann. Con tre anni di anticipo, direte, non è un tempo eccessivamente lungo per pensare al futuro? No, se hanno sempre fatto così; e poi chi ha tempo non aspetti tempo.
Evidentemente, per far girare bene, come ha sempre girato, una giostra come quella dei Berliner , le decisione da prendere sono tante e vanno prese in tempo.
Barenboim? Dovrebbe solo passare da una casa all'altra sempre a Berlino, dove risiede e lavora stabilmente da tempo: il passaggio meno traumatico.
Dudamel, il grande salto: poco più che trentenne, l'aura da 'enfant prodige', parecchie défaillance ogni volta che ha voluto fare (o che gli hanno voluto far fare) il passo più lungo della gamba, come nel teatro d'opera; mentre la sua permanenza a Los Angeles si sta rivelando una sorta di tomba, seppur 'dorata' per lui.
Thielemann? Riporterebbe l'orchestra nella sua tradizione 'tedesca', come non accadeva dal tempo di Karajan, cui nel tempo sono succeduti sia Abbado che Rattle. Ma... ma ha un repertorio limitato e, quel che è più grave - annotava stupidamente un quotidiano italiano nei giorni scorsi - ha una immagine 'reazionaria'. Insomma non ha mai nascosto le sue simpatie 'di destra', il che lo bollerebbe negativamente nella possibile ascesa sul podio dei Berliner. Sarà. Vedremo. Speriamo solo che, se nominato, non ci capiti di dover leggere: Nostalgici Berliner.
Se, a Berlino, nel 2018 Rattle scenderà dalla giostra, ma già nel 2015 si pensa a chi far salire al suo posto, a Firenze, dove Zubin Mehta ha dichiarato che dopo il 2017 lascerà l'Orchestra del Maggio, dove gira da secoli, ancora non si pensa al suo sostituto. Si sono fatti scappare Gatti, ma le notizie fresche fresche che ci giungono da Firenze ( scioperi in occasione del 'Fidelio' inaugurale del Maggio, fra pochi giorni, mancanza di soldi ecc...) forse altri faranno scappare, ed alla fine la scelta non sarà la migliore.
Nel 2017 Chailly diventerà ufficialmente direttore musicale della Scala, ma il suo sbarco a Milano è già avvenuto e dal prossimo primo maggio cominceremo a vederne i frutti, con la 'Turandot' che inaugurerà l'Expo ( e che non sarà più interessante a causa del finale scritto da Berio, finale che sebbene abbia ormai oltre dieci anni, non è mai entrato stabilmente nel repertorio dei teatri che gli preferiscono quello antico di Alfano)) e , a seguire, con il teatro più 'pucciniano' del pianeta, il progetto assieme a Pereira messo a punto, dopo anni ed anni di 'apartheid' nei confronti del nostro operista.
Nel 2019 poi anche Pappano potrebbe sloggiare da Roma. Ma a Roma, la città che nei secoli ne ha viste di cotte e di crude, sembra non aver fretta. Infatti a santa Cecilia hanno appena annunciato che il contratto di Pappano è stato esteso fino al 2019, mentre prima era fino al 2017, ma della sua successione o della sua ulteriore permanenza non si parla ancora, mentre a Berlino si deciderà a giorni.
Ed anche per Pappano sarebbero nel 2019 sedici anni ininterrotti di permanenza a Roma, dove si era insediato ufficialmente dal 2005, ma fin dal 2003 la sua marcia di avvicinamento alla capitale fu spedito ed accentuato.
Ragioni di una così lunga permanenza non ve ne sono? Per fare progetti assieme ad una orchestra, occorrono tempi tanto lunghi, non si potevano pensare prima e realizzare immediatamente dopo? Dieci anni non bastano?
Sono dieci un tempo di permanenza ragionevole per non portare alla stagnazione nei rapporti fra orchestra e direttore e nell'orchestra stessa. Secondo noi sedici anni sono un tempo troppo lungo, in ogni caso, compresa la direzione di una orchestra medesima.
Rattle ha dichiarato di non voler restare a Berlino dopo il 2018 per non correre tale rischio. mentre ,secondo noi, tale rischio si potrebbe correre già a partire dall'undicesimo anno di permanenza o giù di lì. Se occorre un tempo lungo perchè il rapporto fra un direttore e la sua orchestra dia i frutti sperati; basta un tempo breve perchè tale rapporto diventi 'stagnante - secondo le parole di Rattle - ed asfissiante. Non più produttivo.
Ciò vale in tutti i campi ella vita artistica, e musicale. Un capo in testa che comanda una istituzione 'PUBBLICA' ( non familiare) per molti anni, come nei casi sotto gli occhi di tutti, ad esempio di Cagli o Vergnano - sovrintendenti a vita!!!! - non promette nulla di buono.
Come nulla di buono promette il passaggio di padre o madre in figlio o figlia ed anche nipoti del comando di istituzioni musicali, come altrettanto si vede nelle nostre anomale lande. Per tutti il caso dell IUC che dalle mani dell'ing. Fortuna, suo fondatore, oltre mezzo secolo fa, è passata in quelle di sua moglie, Lina, ed ora in quelle di Francesca, figlia dei due e forse in futuro passerà in quelle dei figli di Francesca. E non è l'unico caso, si badi bene, anche se il più eclatante, della serie 'solidarietà fra generazioni'.
P.S. Financo a Valencia, dove la magistratura ha fatto secca la 'zarina', hanno già provveduto da qualche tempo all'avvicendamento al vertice: dal gennaio 2016 giungeranno Livermore, Roberto Abbado e Fabio Biondi. Due direttori per due diversi repertori. Progetto subito copiato, maldestramente, all'Opera di Roma da Fuortes che ha confermato Vlad alla direzione artistica, ed ha poi dato il contentino a Battistelli- che non poteva nominare direttore artistico per l' evidente mancanza di conoscenza da parte del celebre compositore del repertorio melodrammatico; ma dando per scontato invece che Alessio Vlad lo conosca alla perfezione. L'Opera dei compromessi, dannosi!
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