Una rivista che ogni mese propone ai suoi lettori una inchiesta bisogna che la faccia sul campo non fidandosi dei dati che questa o quella istituzione fornisce, perché il più delle volte sono dati falsi, o per lo meno falsificati.
Corrisponde a verità il fatto che , ad esempio, il costo di orchestra e coro a Roma, incide per il 20% sul bilancio dell'ente, dunque i cosiddetti costi fissi che nei nostri teatri raggiungono oltre il 75% del budget generale, non possono essere attribuiti tutti ai musicisti che delle istituzioni operistiche sono la spina dorsale. O no? E gli amministrativi, il sovrintendente e gli altri componenti i vertici, quanto incidono? Perchè nessuno si è preso la briga, fra una inchiesta e l'altra, di andare a controllare le ondate di assunzioni nei teatri, ad ogni cambio di colore dell'amministrazione comunale che, come si sa, ha la presidenza del teatro cittadino? Quelli non si toccano, producano o meno, non importa, siano pochi e troppi importa ancora meno. La croce ricade solo sulle spalle dei musicisti che hanno stipendi non così lusinghieri: in media il 20% inferiori a quelli dei loro simili fuori d'Italia.
Che però lavorano molto di più. Questo l'inchiesta lo dice appena, ma sbaglia quando fa la classifica dei teatri nei quali si lavora di più. Un tempo al primo posto c'era il Massimo di Palermo, che faceva un migliaio di concerti l'anno, con il teatro chiuso. Una idea brillante. ogni giorno quattro cinque strumentisti facevano una decina di concerti e così la somma cresceva, come pure i contributi statali e regionali, facendone il teatro più mangiasoldi d'Italia. Ora con Giambrone ed Orlando non sarà più così, per l'eternità.
Nell'inchiesta di Classic Voice, le giornate lavorative dei musicisti dei teatri ( calcolate sulla base di prove, concerti e recite serali) sono basse e sono soprattutto false, come nel caso del San Carlo di Napoli che, quest'anno, con una settantina di recite d'opera, forse meno, sventola la bellezza di 217 giorni lavorativi. Sono cifre inventate che Classic Voice non va a controllare e neppure smentisce. E allora che razza di inchiesta è?
La verità, soltanto accennata, è che in Italia i Teatri producono poco, molto poco, e, di conseguenza i musicisti lavorano altrettanto poco. Dovrebbero assicurare, almeno i 14 più importanti, una presenza costante del repertorio operistico nelle grandi città. E, invece , non lo fanno, tutti puntano all'evento - che poi evento non risulta essere - si preparano per settimane e tengono aperto il teatro una sera ogni cinque.
Colpa dei sovrintendenti, tuona Classic Voice, che non sanno organizzare il lavoro per aumentarne la produttività. Vero, ma allora occorre dire anche che i teatri devono aprire quasi ogni sera, che i cachet dei solisti devono essere abbassati - non ci si venga a dire che esiste un calmiere, tutti lo sanno, nessuno lo applica perchè trova il modo per aggirarlo - gli allestimenti devono costare meno, molto meno di quanto non costano oggi, e devono essere ripresi anche nelle stagioni successive al debutto, e poi i prezzi dei biglietti devono essere abbassati per avere ogni sera il teatro pieno. Questo significa mettere a frutto i finanziamenti pubblici.
E poi, ultima cosa, chi sbaglia e non sa amministrare va via, non senza aver prima pagato gli errori fatti. Anche questo non si fa, purtroppo non solo in Italia ed anche in nessuna altra parte del mondo. Vero è, però, che ladri, imbroglioni ed incapaci, quanti ce ne sono in Italia ai vertici delle istituzioni culturali pubbliche, messi lì da politici ignoranti, corrotti ed incompetenti, non ce ne sono nel resto del mondo.
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