Noi, parliamo di noi e solo di noi, non ne possiamo più. Una settimana sì e la settimana seguente ancora, leggiamo interviste al pianista iraniano, Ramin Bahrami naturalizzato italiano, convertito al Cristianesimo per amore, e consacrato alla musica per 'colpa' di Bach, l'irresistibile. Il papà ingegnere, perseguitato in Iran, costretto a fuggire e finito nella classe di Rattalino, non male!, al Conservatorio di Milano e, successivamente, nella scuola di Imola, fondata da Franco Scala. Tutto questo lo abbiamo imparato a memoria, per averlo letto e riletto, in tutte le interviste. Ogni volta la storia del povero esule ecc... Bastaaaaaaaa! Lo abbiamo intervistato anche noi, una sola ed unica volta, anni fa, gli chiedemmo del concerto romano, alla vigilia dell'appuntamento musicale, e sorvolammo - per la nausea che ancora ci fa venire questo tipo di intervista - sulle storielle che conoscevamo a memoria e con noi anche tutti i lettori che ancora acquistano i giornali, nonostante le cose dette e ridette, trite e ritrite che sono costretti a leggere tutte le volte, e sono troppissime, che si intervista il medesimo personaggio. A noi, come a tutti gli altri lettori, Bahrami non ha più nulla da dire che già non conosciamo. Cambi registro, racconti una nuova storia che non può essere quella della sua figlioletta per la quale un inciso un Cd un pò 'bachino', per bambini insomma. Troppo caramellosa e con il fondatissimo sospetto che in questa operazione, come in molte altre della sua attività, ci sia dietro un abile esperto di marketing, per il quale il divino Bach è solo sterco del diavolo: soldi, soldi,soldi... ed anche qualche lobby di cui poche, ma sufficienti, volte si è parlato.
Se ci racconterà una storia completamente nuova lo staremo a sentire? No! perchè dovremmo ancora? Lui suoni, badi a suonare il meglio possibile, il resto non conta. conta solo per quei pecoroni di giornalisti, pigri e ripetitivi.
Abbiamo letto sul GdM - così ha preso a chiamarsi da quando ha cambiato veste grafica ma non connotati profondi, il vecchio Giornale della Musica, un'intervista, l'ennesima, al direttore del momento, Tony Pappano, che sette anni fa, per primo, raccontammo in una biografia che conteneva tutte quelle cose che in questi sette anni abbiamo letto e riletto sui giornali, senza che mai la fonte fosse citata. Interviste in stile 'tagli e cuci' sempre più frequenti. Per Pappano, le origini sannite, il papà maestro di canto, la sua formazione come accompagnatore ecc... Scritte e riscritte, lette e rilette. Mai nulla di nuovo.
Eccetto due notiziole nelle quattro pagine fitte fitte. L'importanza per i musicisti della conoscenza delle lingue. In verità non è una novità perchè quando lo incontrammo, nei mesi in cui scrivevamo la sua biografia, si meravigliò che non conoscessimo l'inglese, ma solo il francese, una lingua letteraria ma certamente non di comunicazione. Anche questa notiziola per noi, almeno per noi, era dunque cosa vecchia. Invece l'unica notiziola nuova è quella relativa ai giovani musicisti italiani che quando escono dai nostri Conservatori non sono ancora pronti all'uso, ed ai quali egli consiglia di andare a studiare all'estero, come hanno fatto quella trentina di giovani musicisti entrati nell'Orchestra dell'Accademia avendo alle spalle, oltre il diploma, un periodo di studio nella grandi scuole straniere.
Per il resto l'acuto intervistatore non coglie al volo alcune ammissioni per approfondire il discorso, come quello relativo alla sua permanenza a Santa Cecilia: per quanti anni ancora? Anche dopo che Cagli non sarà più presidente? Resterà anche con Dall'Ongaro o Battistelli, in caso delle elezione dell'uno o dell'altro? Ed altro, tanto altro ancora, ( ad esempio, il fatto che il successo di Santa Cecilia lo certificano le tournée all'estero, perché l'Italia pensa d altro) magari tralasciando il racconto della sua vita, fatto e rifatto già tante volte e che troppe volte ci è capitato di leggere, avendo l'impressione di sfogliare quella nostra prima biografia del celebre ed amato direttore.
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