Ignazio Marino fra breve entrerà nell'aula consigliare, trasformata per lui in aula di tribunale, dove le opposizioni e forse alcuni del suo stesso partito lo sfiduceranno, chiedendogli perciò non tanto e solo un rimpasto sostanzioso di giunta, ma la sua uscita di scena. Riusciranno a farlo secco?
Temiamo di no, purtroppo, perchè il 'sindaco con la barba' giunge nell'aula consigliare con tre assi nella manica da tirar fuori al momento giusto: aver avviato colloqui con gli abitanti di Tor Sapienza per risolvere il problema del centro accoglienza e per cancellare il degrado sociale ed urbano della zona; sventolare davanti agli occhi di tutti le otto ricevute delle multe pagate, seppure in ritardo; e, soprattutto vantarsi di aver risolto, assieme al gemello Fuortes, la crisi dell'Opera di Roma, con il ritiro dei licenziamenti dei 182, e la sottoscrizione di un accordo fra teatro e sindacati, che certamente non riporterà Muti a Roma, ma è già qualcosa.
Sette sigle in tutto, per le quali tutti si meravigliano, mentre non si meravigliano quando leggono che fra i dipendenti di Camera e Senato le sigle che rappresentano i lavoratori sono addirittura 26 o 27, non ricordiamo con esattezza. Le 7 dell'Opera e le 27 del Parlamento tutti intorno all'osso dei privilegi da difendere, ben più grandi quelli dei dipendenti del Parlamento, e perciò difesi strenuamente da tutti i sindacati esistenti in Italia e nel mondo, chiamati a raccolta.
Oggi Marino forse eviterà in extremis l'uscita di scena, ma non è detto che domani il PD nazionale non gli chieda conto della sua cattiva reputazione in città. Purchè non si faccia, per carità, vi preghiamo, il nome della povera Madia come possibile candidata a sostituirlo, in occasione di prossime elezioni. Lasciatela in pace, già fa fatica a fare quel poco che fa, come potrebbe reggere l'impatto con i complessi numerosi problemi di una città come Roma, abbandonata da tempo da tutti coloro che l'hanno governata, male, senza eccezione? Non mettiamoci anche la Madia nella lista.
Fermiamoci per un momento sull'accordo raggiunto all'Opera di Roma nella nottata, sebbene i giornali di oggi diano l'accordo ancora lontano. Si vede quanto sono informati!
Dunque i sindacati rinuncerebbero a scioperare forse per un biennio. Vogliamo proprio dire come la pensiamo? Hanno sbagliato di grosso ad utilizzare in passato lo strumento dello sciopero in occasioni in cui esso strumento è risultato controproducente e gli si è ritorto contro, però offrire, appesi ad un bastone i propri attributi a Fuortes è anche eccessivo.
Un sindacalista, della CISL se abbiamo capito bene, ha detto che hanno invitato Fuortes ad intervenire non solo tagliando costi, ma anche incrementando le entrate attraverso un aumento di produzione.
Tutti dovranno rinunciare al cosiddetto 'premio di produzione' - che in troppe situazioni di disavanzo in Italia, lo si dà comunque - ed alle indennità che hanno esposto al ridicolo quasi tutte le fondazioni liriche italiane che ancora le hanno nei loro contratti.
Dunque tutto risolto anche all'Opera? Ha giocato qualche ruolo in tale risoluzione l'insulto generalizzato nei confronti di Fuortes, accusato di incapacità? Certamente. Ora, però, una volta che ha risolto il guaio che aveva creato, sarebbe opportuno che Fuortes andasse via dall'Opera.
Perchè, comunque la si giri, le sue decisioni sulla esternalizzazione sono state folli. Qualcuno ci diceva, non avendo forse capito la particolarità di un'orchestra, che in un altro caso che si ricordi, il proprietario di una compagnia aerea aveva licenziato in massa i piloti che scioperavano. Certo, ma un aereo non si guida con tutti i piloti della compagnia alla plancia di comando; mentre un'orchestra non è fatta da due o tre, tutti suonano sempre insieme. e la differenza non è da poco. Si possono trovare anche presto 20 o 30 piloti che sostituiscano i licenziati, ciascuno di loro può guidare un aereo, assai più difficile è trovare un'orchestra bell'e fatta che abbia già un affiatamento nel lavoro.
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