Vengono i capelli dritti a leggere l'articolo del Corriere di ieri, in cui Giovanni Bianconi segnala le numerose assurde anomalie e i gravissimi errori che hanno riguardato il caso del giovane Cucchi, messo in galera per essere stato trovato in possesso di qualche grammo di droga, e che, dopo una settimana è morto, selvaggiamente pestato o dalla polizia o dai medici o da tutti e due, essendo passato in quei sette giorni di calvario, dal carcere all'ospedale all'obitorio.
Le anomalie e gli errori, prima ancora dei pestaggi gravissimi, sono così gravi da configurare per gli agenti della questura gravissime inadempienze, meritevoli di essere sanzionate duramente. Cucchi risulta registrato come un albanese, senza fissa dimora, e perciò non viene assegnato agli arresti domiciliari (qualche grammo di droga gli è costata la vita in un paese che si ritiene civile), non gli si fa incontrare né i genitori e né il suo avvocato e poi lo si consegna ai suoi con i segni evidenti di maltrattamenti durissimi, cagione della sua morte; perché pur drogato, il giovane era in condizioni normali di salute, visto che frequentava regolarmente anche la palestra.
Il presidente della Corte di appello che ha mandato assolti tutti gli imputati, per la ragione - così ha dichiarato - che non si riesce a capire chi lo ha selvaggiamente picchiato - se l'è fatta sotto quando ha visto che tutta l'opinione pubblica gli si è rivoltata contro. Ma come può fare simili dichiarazioni? Che ci sta a fare la giustizia, se non riesce a trovare i colpevoli fra le decine di imputati, fra i quali tali colpevoli ci sono certamente, come egli stesso ha ammesso, ed aveva ammesso anche la sentenza di primo grado?
E così , poiché se l'è fatta sotto, ha dichiarato con la stessa faccia di bronzo, con cui ha motivato la sentenza di assoluzione, che riaprirà le indagini. Ma non doveva farlo prima? Stessa decisione ha preso personalmente il capo della procura di Roma.
Certo con questa giustizia non andremo mai da nessuna parte, se un giovane non è stato ucciso dalla droga, ma dallo Stato (carcere e ospedale) che l'aveva preso in custodia. Ora anche la famiglia è decisa ad accusare lo Stato, facendogli causa, e forse anche a chiedere per il presidente della corte la giusta punizione. E la famiglia in questa causa gode dell'appoggio e sostegno dell'intera nazione.
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