mercoledì 8 marzo 2023

Sul dopo Pappano. Harding e l'Orchestra di Santa Cecilia

Quando  nel 2005 Tony Pappano si insediò come direttore musicale, a Roma, dell'Orchestra di Santa Cecilia, il suo nome figurava certamente fra gli emergenti, anche a seguito della sua nomina due anni prima al Covent Garden; non fra i direttori di fama del momento.  Prima del duplice parallelo incarico, Pappano era stato a Oslo e a Bruxelles, era venuto in Italia già un paio di volte, perfino a Santa Cecilia, ma quelle 'toccata e fuga' non avevano particolarmente colpito né la critica né il pubblico.

 Dunque la sua carriera futura era tutta da costruire e verificare. Noi siamo stati fra i primi ad incuriosirci a lui, al punto da proporci come suo biografo, con la precisa intenzione di raccontare al pubblico italiano chi fosse; e per nessun altra ragione, considerando la giovane età di Pappano, poco sopra i quaranta (nella direzione d'orchestra, la maturità viene solitamente posticipata, a differenza di quanto, invece, accade con gli strumentisti il cui talento si rivela prepotente in giovane età).

 Pappano, occorre riconoscerglielo, ha lavorato senza risparmiarsi e con grande entusiasmo nei quasi vent'anni che ha fatto la spola fra Londra e Roma, per diventare il direttore che è oggi, fra i più stimati e richiesti, nell'opera come nel sinfonico.

 Appunto fra i più stimati. Non una sola volta, in questi ultimi due decenni, ci è capitato di leggere qualche appunto, anche minimo, alla sua direzione. Forse una volta, se ricordiamo bene, quando diresse Bach, e il Corriere, scrisse che non si era dichiarato nella scelta strumentale. 

 In questo lungo cammino Pappano è stato sostenuto da una orchestra che, dopo averlo accettato ( il che non avvenne da subito) si è dimostrato, come lui,  di una generosità ed impegno senza pari.

 A tale stima e riconoscimento è seguito il fatto che egli fosse richiesto e che, indissolubilmente legato all'orchestra, assieme a lui fosse richiesta anche Santa Cecilia, sia in tournée che nelle registrazioni discografiche. E perciò questo legame che ha tenuto insieme i due - direttore e orchestra - ha accresciuto le richieste di tournée. Pappano lo ha rinsaldato nelle uscite, non rarissime, cameristiche,  anche fuori di Santa Cecilia, scegliendo strepitosi partner  dell'orchestra ( Piovano, violoncellista, il preferito) .

Quando le istituzioni estere leggono bene di un direttore musicale e dell'orchestra cui è legato, è evidente che fanno carte false per averli:  una volta Pappano, un'altra Santa Cecilia, ma per averli  sanno che devono prenderli in coppia.

 In questi anni è sempre stato così, fatta eccezione per un suo passaggio dalla Scala e per qualche concerto sparso. Anche a Salisburgo la stessa regola, tanto che ritornerà nel 2024 ancora con Santa Cecilia, anche se ne sarà già fuori. Un simile appeal non lo ha mai avuto il Covent Garden con Pappano, anche per i costi enormemente più alti di un teatro d'opera in tournée.

Con Harding la situazione cambia enormemente, Egli arriva a Roma con una brillante carriera alle spalle, e certamente non rinuncerà a dirigere altrove (lui non ha come Pappano anche un teatro che occupava già tutto il suo tempo). Pur garantendo a Roma 8 settimane  di presenza sul podio a stagione, non sarà indissolubilmente legato a Santa Cecilia, come Pappano, e perciò sia lui che l'orchestra saranno di fatto liberi di accettare richieste di tournée indipendenti. Questo, secondo noi, non gioverà ad entrambi, nel caso delle tournée, anzi potrebbe ridurle, con la separazione delle  due carriere. Ma questo non vuol dire che la scelta di Harding non sia fra le più felici possibili.

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