venerdì 3 dicembre 2021

Riaprite teatri e sale da concerto. Il pubblico tornerà?

 Della crisi del pubblico in Italia ( si tratta però di un fenomeno mondiale) si parla da prima della pandemia. In  una dichiarazione, Marino Sinibaldi, allora a capo del Teatro di Roma, lo sottolineava: non raccontiamoci favole, il pubblico comincia a mancare, senza che si siano individuate le ragioni profonde di tale calo di appeal del teatro e delle sale da concerto. Andrebbero forse ricercate nella natura dei cartelloni, nel costo dei biglietti, nella mancanza di qualunque azione per portare a teatro e a concerto un pubblico nuovo, giovane?

Tutte queste resistenze sussistono anche dopo la pandemia, perchè non basta riaprire dopo molti mesi di chiusura, teatri e sale da concerto, per riavere il pubblico, anche solo quello di prima, come nulla fosse.

 La pandemia, che tutti dicevano ci avrebbe cambiato e alcuni,  ma un pò dubbiosi, aggiungevano: in meglio, in effetti non ha prodotto nessun cambiamento di rilievo in questi campo. Anzi nuovi problemi incontrovertibile: maggiore insicurezza, povertà più estesa - finché questo benedetto Pnrr non riuscirà a cambiare le cose - ed anche   paura persistente, alimentata dopo il respiro di sollievo dei mesi trascorsi, dalle nuove varianti del virus.

C'è chi sostiene che lo streaming, più comodo,  ha fatto perdere il gusto dello spettacolo dal vivo, prezioso nella sua unicità.  E forse c'è anche questo.

Oggi, in almeno due casi ( Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Teatro Claudio Abbado di Ferrara), risuona il grido di allarme per la mancanza di pubblico. Troppe poltrone vuote - ha detto Pereira; teatro semivuoto - ha lamentato il tenore Demuro,  protagonista del Werther di Massenet a Ferrara.

 Il problema perciò persiste, e non è vero che una volta riaperti teatri e sale da concerto, il pubblico sarebbe automaticamente tornato, neppure nella stessa dimensione prepandemica. 

Per Firenze si potrebbe argomentare che forse il Teatro è troppo grande per una città come Firenze ( Il nuovo teatro ha una capienza, 1900 posti, di poco maggiore del vecchio, che ne aveva 1800, per una popolazione che è di circa 360.000 abitanti; e allora cosa è accaduto che, nel frattempo, ha allontanato il pubblico di un tempo?);  e per Ferrara (il teatro che ha 990 posti, in un città di 130.000 abitanti, un tempo era molto frequentato) che l'opera di Massenet, poco nota, non è certamente un titolo di richiamo per il pubblico, specie dopo una chiusura prolungata.

 Per Firenze, si potrebbe spiegare che occorre trovare un sistema qualunque per invogliare di nuovo il pubblico, giacché non si può  ridurre la capienza del nuovo teatro;  e per Ferrara che forse una programmazione con titoli popolari, le pecorelle smarrite  per la pandemia, potrebbero tornare all'ovile.

 Non sarà che oggi, anche  a causa della pandemia,  ma non esclusivamente per causa di quella, l'offerta sembra diventata superiore alla domanda?

Non basta a spiegare. Meyer, ad esempio, nonostante  a suo dire - lo ha ripetuto anche oggi - la Scala non abbia problemi di pubblico, ha preso qualche decisione per invogliare a tornare al teatro o per sollecitare un pubblico nuovo, inaugurando una  nuova complessiva politica dei prezzi: costi più ridotti, particolari agevolazioni per famiglie ecc... E non basta neanche questo, anche perché non tutti i numerosi teatri in Italia sono La Scala.

Per il resto constatiamo immobilismo generale, sostenuto dalla errata ed improduttiva convinzione che un giorno o l'altro 'Maometto andrà alla montagna', basta avere pazienza; senza pensare che proprio quella stessa sapienza popolare avverte che se Maometto non si muove, dovrà essere la montagna a muoversi per andare da Maometto.


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