Non più tardi di un mese fa Macciardi aveva lanciato l'idea di riunire il suo Teatro bolognese, Fondazione lirica, con il Regio di Parma ( Teatro di tradizione), in una sorta di 'metateatro regionale'. Quell'idea risultò subito irricevibile - e forse anche 'ostile', come si dice in linguaggio borsistico - ad Anna Maria Meo che, dopo la coppia Fontana-Arca che non aveva prodotto risultato alcuno, ha riportato il Regio di Parma e il Festival Verdi agli onori e all'attenzione che si meritano, ma che non hanno avuto negli anni passati, prima della su citata coppia, quando problemi interni - anche all'orchestra - o la voracità di predatori sbarcati a Parma, i quali, consumato il fiero pasto (di finanziamenti ad hoc) sono scappati via. Stiamo pensando allo sbarco a Parma di Bruno Cagli con tutta la sua corte, per le celebrazioni verdiane, nel breve periodo fuori dall'Accademia di Santa Cecilia, occupata da Luciano Berio.
La stima che si è guadagnata Anna Maria Meo è attestata anche dal fatto che per la successione a Fuortes all'Opera di Roma, è stato fatto il suo nome, perché è brava ed anche perché è donna. Chissà se cambiar sesso agevolerebbe oggi qualche uomo. Scherziamo ovviamente, ma la moda della 'donna ad ogni costo' non ci piace.
Adesso Macciardi sembra essere tornato all'attacco del Regio di Parma. Come altrimenti leggere la nomina, e la conseguente accettazione da parte dell'interessato, di Roberto Abbado, a direttore principale della Filarmonica? Proprio di chi, insieme alla Meo, ha firmato il successo delle ultime edizioni del Festival Verdi? Sintomi di dissenso fra i due? Fine del contratto triennale a Parma, dal 2018 al 2021? O altro incarico per Abbado che, nonostante la bella carriera, diciamolo apertamente, non riesce ancora ad ottenere un incarico che la sua storia sembrerebbe avergli meritato?
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