domenica 19 dicembre 2021

Anche quest'anno la manovra verrà approvata fra Natale e Capodanno ( da Il Sole 24 Ore, di Marco Mobili e Maro Rogari)

 Nessun voto: su un qualsiasi articolo e neppure su un qualsiasi emendamento. La manovra è stata varata dal governo l’ormai lontano 28 ottobre: da allora il Parlamento non si è ancora mai minimamente pronunciato sul testo. Eppure le lancette corrono veloci. La data del 31 dicembre che segna lo spartiacque dall’esercizio provvisorio si avvicina a grandi passi. La Camera vedrà transitare il testo per non più di 2 o 4 giorni, tra il 27, o il 28, e il 30 dicembre e sarà chiamata a un compito meramente notarile apponendo il sigillo finale senza poter in alcuno modo modificare l’articolato.

 

Il Senato invece, dove il provvedimento è di fatto in naftalina da novembre, deve ancora decidere se «regalarsi» il via libera come strenna natalizia o come viatico di un buon Capodanno, in attesa che maggioranza e governo decidano su quali cartelle (esattoriali) puntare per l’atteso rinvio dei pagamenti. Ma a condizionare la tempistica è anche il gettone da garantire ai singoli gruppi parlamentari per puntare sui propri ritocchi mirati (qualcuno a palazzo Madama le definisce maliziosamente «mini-mance»): sul piatto ci sarebbero 150-160 milioni prelevati dalla dote complessiva per il restyling (già lievitata dai 600 milioni iniziali) che fin qui non sono riusciti a soddisfare gli appetiti dei partiti. E forse non c’è da sorprendersi visto il periodo all’insegna delle abbuffate.

Un aggiornamento continuo. È quello della tabella di marcia al Senato ormai in formato «elastico». Secondo il calendario originario la commissione Bilancio avrebbe dovuto concludere i lavori al più tardi il 20 dicembre per consentire al testo di approdare lo stesso giorno o quello successivo in Aula e ottenere il via libera il 21 o il 22 dicembre. A causa del perdurante impasse la «deadline» per la conclusione dei lavori è stata più volte posticipata. Il «toto-voto» indica ora la data del 23 dicembre per il sì di palazzo Madama, ma viene considerato molto probabile un ulteriore rinvio al 24 o al 27 dicembre prima di consegnare la manovra alla Camera già chiusa e «impacchettata» per essere consegnata alla Gazzetta Ufficiale.

 

A rallentare, fino a quasi bloccarlo del tutto, il cammino della manovra a Palazzo Madama sono state anzitutto le tensioni tra maggioranza e governo per la composizione del puzzle finale delle modifiche. A cominciare da quelle che hanno accompagnato fino dalle prime settimane la richiesta di tutte le forze politiche di liberare il Superbonus dal vincolo del tetto Isee di 25mila euro sulle villette e quello di concentrare l’agevolazione solo sulla prima abitazione. Una richiesta di fronte alla quale il ministero dell’Economia si è trovato in difficoltà per la ricerca delle necessarie coperture.

C’è poi stato il braccio di ferro tra il centrodestra. Forza Italia in testa, e Pd sulla questione del nuovo rinvio per le cartelle esattoriali, con i Dem che hanno minacciato di ridiscutere tutto l’accorso sulla ripartizione del fondo taglia tasse da 8 miliardi nel caso in cui la proroga fosse scattata immediatamente rimettendo in discussione i saldi di finanza pubblica già fissati per il 2021. Ma a fare da freno ai lavori in commissione è stata anche la decisione di diversi ministeri di introdurre, senza quasi preavviso, alcuni interventi in sospeso, come le misure anti-delocalizzazione, il patent box e la stabilizzazione dei magistrati onorari, nel «corpaccione» della Manovra da oltre 200 articoli, che aveva già imbarcato in corso ben due decreti (quello anti-frodi sui bonus edilizi e il Dl con cui sono stati aperti gli spazi fiscali per far salire a 3,8 miliardi la dote complessiva contro il caro-bollette).

 

Eppure molti dei correttivi proposti dal Governo arrivati in Senato già chiusi con tanto di «bollino» della Ragioneria propongono temi ad alta sensibilità politica su cui il dibattito in commissione ormai è di fatto precluso. Basti pensare alla nuova curva dell’Irpef che sulla carta promette a tutti i contribuenti un taglio delle tasse. Ma così non sarà, quasi certamente, per quei contribuenti dei grandi comuni in crisi come per esempio Napoli. L’emendamento depositato dal Governo con la nuova Irpef introduce pochi commi dopo anche la possibilità per i i sindaci con i bilanci in dissesto di utilizzare la leva fiscale con l’aumneto delle addizionali all’Irpef senza alcun limite. Addio così ai risparmi promessi.

Il finale del film della Manovra al Senato è già scritto: un unico maxiemendamento su cui il governo porrà la fiducia. Ma rimane ancora un po’ di «suspanse» su come si arriverà a questo finale. Il copione originario prevede il maxiemendamento rimanga assolutamente fedele al testo uscito dalla commissione Bilancio con tutti i correttivi approvati. Ma un ulteriore allungamento dei tempi potrebbe costringere la commissione ad abbassare la saracinesca senza dare mandato di riferire in Aula ai relatori: il presidente della stessa Commissione, Daniele Pesco (M5S), che ha «inventato» per l’occasione un’inaspettata triade della quale fanno parte i due vicepresidenti, Erica Rivolta e Vasco Errani. A quel punto il governo avrebbe mano libera con il sostanziale obbligo di recuperare i propri emendamenti depositati alla «Bilancio» con il «bollino» della Ragioneria generale dello Stato.

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