Pirateria audiovisiva: Fapav, è business criminale anche di dati. Poca consapevolezza dei rischi, serve più informazione
La sua dimensione economica si calcola in 617 milioni di euro di fatturato persi annualmente dall industria audiovisiva italiana, in oltre 1 miliardo di danno per il sistema Paese (di cui 171 milioni di mancati introiti fiscali), mentre e´ di 5.700 la stima dei posti di lavoro a rischio.
Sono questi gli ultimi dati Ipsos-Fapav (Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali) relativi alla pirateria audiovisiva e multimediale – presentati ieri nel corso del convegno “Il prezzo della gratuita´. Pirateria e rischi informatici” organizzato de Fapav e Luiss Business School -, la cui entita´ ci fa comprendere come si tratti di un fenomeno non soltanto di malcostume, ma di un vero e proprio business criminale. Con diversi risvolti. A cominciare dalla messa a rischio di un intero comparto, quello della creazione d´autore nel settore cinematografico e televisivo, che in Italia impiega oltre 180 mila persone. “Ma accanto a questo c´e´anche un altro fattore di cui purtroppo gli utenti della rete hanno una scarsissima percezione e consapevolezza: quello della sicurezza dei dati personali e del mercato che l´illegalita´ alimenta all´insaputa e sulle spalle di utenti superficiali e ignari, che accedono a contenuti pirata (film, serie tv, eventi sportivi) gratis o a prezzi estremamente contenuti – sottolinea il segretario generale Fapav, Federico Bagnoli Rossi -. Su questo aspetto c´e´ ancora molta disinformazione. Per questo riteniamo fondamentale parlare, educare, far capire alla gente il legame tra pirateria e rischi tecnologici: dal furto di identita´, al furto e utilizzo illegale di dati sensibili, da quelli personali ed anagrafici, a quelli bancari e delle carte di credito”.
Non e´ un fenomeno solo nostro, ma questo consola poco. Cosi´, se nel mondo (dati Norton Symantec) nel 2017 le vittime di hacker sono state quasi un miliardo, con 146 miliardi di euro indebitamente sottratti alle vittime, in Italia ammontano a 16 milioni le persone colpite dalla criminalita´ organizzata che opera on line, circa il 37% della popolazione adulta, con un danno che si aggira intorno a 3 miliardi e mezzo di euro. Di piu, il 69% degli italiani ha avuto a che fare nel 2018 con il crimine informatico, il 55% ha avuto un dispositivo infettato da un virus o da altre minacce alla sicurezza, al 41% e´ stato notificato che le proprie informazioni sensibili sono state compromesse a seguito di una violazione di dati.
Quanti di questi utenti erano consapevoli dei pericoli a cui andavano incontro ? Pochi, decisamente troppo pochi. Secondo gli ultimi dati della ricerca Ipsos-Fapav, solo il 55% di coloro che hanno eseguito un accesso illegale ha una piena consapevolezza dei rischi a cui incorre navigando su siti e piattaforme illegali, tramite linking, streaming, live on demand, download di contenuti audiovisivi. Una percentuale che scende al 49% se si considerano i giovani under 15. “Per questo e´ importante e indispensabile il supporto anche delle istituzioni, a cui chiediamo strumenti formativi e informativi a favore degli utenti finali, a cominciare dai giovani, nella scuola, ma anche norme al passo con i tempi, capaci di seguire la rapida evoluzione tecnologica. Stiamo attraversando un momento delicatissimo, per questo serve la collaborazione di tutti al fine di creare un ecosistema digitale, normato da regole chiare, che diventi luogo adatto all´offerta legale di contenuti, capace di tutelare gli utenti e funzionale alla crescita di un importante settore economico, sano e con enormi possibilita´” ribadisce Bagnoli Rossi. Che pure riconosce come “in Italia abbiamo molti strumenti di tutela, basti pensare all´azione di Agcom, e una buona attivita´ giudiziaria e investigativa”.
D´accordo con lui nel riconoscere la natura globale della pirateria il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Vito Crimi. Cosi´ se sotto il profilo di regolamentazione “Agcom e´ molto efficace”, il suo impatto “e´ molto piu´ limitato sotto il profilo della prevenzione”. “Per questo bisogna lavorare molto sull´aspetto culturale – afferma-. Distinguendo il principio, di cui sono fiero sostenitore, della piena liberta´ di circolazione delle idee sulla rete, dalla piena liberta´ di circolazione di contenuti autoriali, che sono frutto di talento, lavoro, investimenti”. Sulla rapina e mercificazione dei dati personali, “come in passato ci fu l´eta´del ferro, quella che stiamo vivendo oggi e´ l´ “eta´ del dato” – ha proseguito Crimi -. Serve consapevolezza del suo valore. Un tentativo interessante in tal senso e´ ad esempio quello di una start up che ha creato una app grazie alla quale gli utenti autorizzano la cessione di alcuni propri dati a terzi, ricevendone un compenso. Un modo per dare consapevolezza e concretezza a quanto avviene oggi totalmente alle spalle degli utenti”.
“Io credo che la legge purtroppo non potra´ mai rincorrere l´evoluzione della rete – osserva dal canto suo Giovanna Bianchi Clerici, componente del Garante Protezione dati personali – per questo forse una normativa che si fonda sulla protezione delle cose e´ insufficiente rispetto a una filosofia che abbia il suo cuore nella tutela dei diritti e della liberta´ delle persone”. A patto che queste ne siano consapevoli, perche´ ”prendere coscienza del pericolo, dei rischi, e´ il primo passo per contrastare con maggiore efficacia gli effetti lesivi” del fenomeno della pirateria audiovisiva e multimediale, conclude Bagnoli Rossi.
Nadja Bartolucci
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