«Subito! Ho detto subito! ». Pochi minuti prima della caduta: Gennaro Sangiuliano barricato come in un bunker in via del Collegio romano, detta le ultime volontà da ministro. Sono ordini precisi, che vanno eseguiti rapidamente, prima che l’ufficialità delle dimissioni travolga ogni cosa. Si respira una calma apparente, gelida. L’epilogo è già noto, ma Sangiuliano vuole comunque firmare i decreti di tutte le commissioni della Direzione generale Cinema del MiC. Quelli che riguardano i finanziamenti dei film, delle opere prime, dei festival. Le nomine dei membri sono state preparate con cura nelle ultime settimane. I tecnici del ministero sono sbigottiti, così si raccontano alcuni di loro a fonti del gabinetto: intuiscono la sconvenienza di preparare e pubblicare un atto che verrebbe di fatto licenziato da un ministro dimissionario, mentre già il nuovo titolare del dicastero, Alessandro Giuli, sta salendo al Quirinale per giurare davanti al presidente della Repubblica.
Qualcuno dei collaboratori suggerisce di attendere, di aspettare il cambio: Sangiuliano ha appena perso il posto per una storiaccia nata sulla promessa –non mantenuta – di una consulenza ministeriale all’amante, Maria Rosaria Boccia. L’opportunità vorrebbe che fosse il successore a farsi carico delle nuove nomine. Ma il ministro non vuole sentire ragioni. Tutto però non si può fare. Non c’è tempo e tra i funzionari – scottati dal caso Boccia – c’è chi preferisce frenare, anche per evitare di essere accusati di aver messo la burocrazia al servizio dell’ultimo atto di Sangiuliano. Tra i nomi destinati a una di queste commissioni gira anche quello del conduttore Gigi Marzullo. Alla fine però viene preparato e firmato solo il decreto per la commissione di esperti che si occupa della selezione dei progetti e della concessione dei contributi selettivi che, ci dicono, dovrebbe essere pubblicato quando il clamore sulle dimissioni si sarà placato. Al ministero la chiamano più semplicemente la commissione dei selettivi. Per decisione di Sangiuliano, i membri, per la prima volta, verranno pagati: 15 mila euro l’uno. Avranno in mano la gestione di circa 50 milioni di euro e il potere di indicare quale film meriti una fetta di questi finanziamenti.
I nomi selezionati
I nomi – secondo quanto risulta a La Stampa – sono stati selezionati seguendo un mix di criteri. La competenza, le simpatie politiche, l’amicizia, e quella che è la vera e propria ossessione di Sangiuliano: un riequilibrio ideologico – stando al suo vocabolario – per diluire l’egemonia della sinistra. L’offerta è arrivata a Paolo Mereghetti, decano dei critici e firma del Corriere della Sera, a Valerio Caprara, Giacomo Ciammaglichella, avvocato, e ad altri (Pier Luigi Manieri, Massimo Galimberti, Pasqualino Damiani, Valerio Toniolo, alcuni nomi). Ma Sangiuliano ha pescato anche tra la colleganza di area. Ha chiamato Francesco Specchia, che non nasconde la reciproca amicizia e con il ministro ha lavorato quando quest’ultimo era vicedirettore di Libero, quotidiano apertamente schierato con Giorgia Meloni.
Oggi Specchia è una penna politico-economica, un noto volto tv, ma per anni e per varie testate è stato critico e responsabile degli spettacoli. Dal Giornale – stesso editore e stessa linea di Libero – arriva lo scrittore Luigi Mascheroni che tre mesi fa scriveva così su X: «Difendo Meloni e Sangiuliano perché – a differenza della destra berlusconiana – loro sanno che la Cultura è una cosa troppo seria da lasciare agli avversari. E se la destra è ossessionata dalla conquista del potere, la sinistra è ossessionata dalla paura di perderlo». Musica per le orecchie di Sangiuliano e Meloni. Infine Stefano Zecchi, intellettuale cooptato dalla destra, assessore nelle giunte di Milano e di Venezia, autore sempre per Il Giornale, anche lui presente nella lista, in quota organici. Appena qualche giorno fa dimostrava di non avere grandi doti di preveggenza, dribblando così le domande sull’opera di Sangiuliano: «Che voto gli do da ministro? Per i risultati ci vuole tempo». Si spera che almeno sui film ci azzecchi meglio.
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