Dalla Nigeria alla Puglia il viaggio musicale di Spiff
L'artista, che aprirà il tour di Seun Kuti, racconta la sua «traversata»
di BIANCA CHIRIATTI
• «Il mio più grande privilegio è quello di essere ancora vivo, qui per raccontare la mia storia e il mio amore per la musica». La scelta di iniziare a parlare di Spiff Onyuku, artista nigeriano 35enne, in Puglia dal 2016, partendo da questa sua commossa esternazione, non è casuale. L'attualità obbliga a sottolineare che Spiff, che al telefono parla un italiano quasi perfetto con una bellissima inflessione barese, sarà in giro per l'Italia con l'Afrobeat Ambassador Tour: aprirà tre concerti di Seun Kuti (figlio di Fela Kuti, inventore dell'afrobeat) & Egypt 80 a Milano (il 29 ottobre all'Alcatraz per JazzMI), a Roma (il 30 al Largo Venue) e a Conversano (il 31, alla Casa delle Arti), più un appuntamento a Bologna il 3 ottobre al Parco della Montagnola. Il progetto, messo in piedi grazie alla collaborazione con Django Music, rientra nella programmazione di Puglia Sounds Tour Italia 2024.
Oggi Spiff vive a Corato, in otto anni ha frequentato scuole medie e superiori e si è perfino laureato in Musica Elettronica al Conservatorio Piccinni di Bari. Ma la sua storia parte dalla Nigeria, dove è nato e cresciuto e da dove è partito per quel viaggio della speranza al quale non e scontato sopravvivere, solo in nome della sua passione per la musica, sopportando perfino una prigionia in territorio libico e impiegando più di sei mesi rispetto alle due settimane preventivate.
Andiamo in ordine, da bambino come scopre questa passione?
«Faccio parte della Chiesa Evangelica e lì mi sono avvicinato prima alla batteria, poi alla produzione. Ho cominciato a scrivere un paio di brani, andavo negli home studio per registrare. Ma non avevo soddisfazione, perché volevo far da me, sviluppare la mia idea».
Sbarcato a Messina, poi è stata la Puglia ad accoglierla.
«Sono arrivato al centro di Corato e ho immediatamente dichiarato la mia intenzione di approfondire gli studi di musica e il motivo per cui avevo lasciato il mio paese. Non conoscevo una parola di italiano, e sono stato fortunato perché ho incontrato persone meravigliose che hanno individuato il posto giusto per me: un‘accademia musicale nella stessa Corato, con cui ancora oggi collaboro. Alcuni amici mi hanno prestato il computer per lavorare mentre ero al centro, mi sono piano piano inserito nella società e nel frattempo mi mantenevo lavorando come mediatore culturale».
«Sono partito da solo, a 26 anni Prigioniero in Libia, ci ho messo 7 mesi per arrivare in Italia»
Un percorso rapidissimo, ha frequentato anche tutte le scuole...
«Ero così motivato! Quando poi ho sentito parlare del Conservatorio di Bari mi sono avvicinato per chiedere informazioni, prima per il corso di Percussioni, ma poi mi sono innamorato di Composizione e Musica elettronica. La triennale l'ho completata, continuo a studiare per la specializzazione. Mi piace tantissimo comporre».
Le va di raccontarci un po' del viaggio che l'ha portata fin qui?
«Si sa che non è una passeggiata. Se va tutto bene dovrebbe durare una o due settimane. Il mio è stato lungo quasi sette mesi. Dalla Nigeria prima in Niger, poi nel deserto e in Libia, siamo stati catturati, ho vissuto cinque mesi di prigionia. Avevo 26 anni, ero partito da solo proprio per inseguire questo sogno, francamente oggi mi guardo indietro e non so neanche come ho fatto».
Più volte nella nostra chiacchierata ha nominato la Chiesa Evangelica come punto di riferimento, sia nella sua terra d'origine, sia in Italia per l'inserimento in società. È una componente importante della sua identità?
«Moltissimo. Se mi dovessi fermare a fare un bilancio di tutto, già il fatto di essere sopravvissuto per raccontare la mia storia e provare a costruirmi un futuro nella musica è un enorme regalo. Credo che tutti siamo sotto la guida di una forza maggiore di noi, che chiamiamo diversamente, certo, ma alla fine abbiamo bisogno di credere in qualcosa. Mi ha aiutato davvero nei momenti più bui›.
Se visualizza il suo futuro cosa vede?
«Intanto spero di continuare a scrivere musica che mi rispecchia. Cerco di portare messaggi di resilienza e di speranza, nei testi parlo di acqua nel deserto, metafora che racconta la forza di andare avanti. Sento il dovere di far sentire la mia voce per la pace nel mondo, che è un'esigenza che non dobbiamo perdere di vista. Poi sono molto grato di vivere in Puglia, ho avuto tante opportunità, non ho conosciuto i lati brutti di questa regione. Fantasticando mi piacerebbe, poi, arrivare a Sanremo o al Battiti Live. Ma non do nulla per scontato: sono vivo e faccio ciò che mi piace. Il resto è superfluo».
La Storia di un uomo a lieto fine.
RispondiEliminadunque i migranti che vengono in Italia non sono tutti delinquenti, come va dicendo - spernacchiato da moltissimi italiani - il vice premier leghista Salvini.
RispondiEliminaIl quale poi difende Denis Verdini, suo futuro suocero, condannato in via definitiva per gravi reati, che sta scontando la pena, e difende anche il fratello della sua fidanzata Francesca, suo cognato, accusato dalla magistratura. Lui giura che è una brava persona. Sì, ma che delinque, senza essere migrante, fenomeno Salvini.
grazie Pietro Acquafredda per questa condivisione sono onorato! Spiff.
RispondiElimina