La promozione all'estero, perchè talvolta improponibile in Italia, di certi artisti ( restringiamo l'analisi ai musicisti), è cosa notissima. Se ne lamentava perfino Arturo Benedetti Michelangeli ai suoi tempi, quando per una tournée di concerti attraverso i nostri Istituti di cultura all'estero, a lui veniva preferita Emma Contestabile, pianista sì, ma niente da spartire con il fuoriclasse, benché all'inizio della carriera.
A quell'epoca noi non ci interessavamo di musica, anche perchè ancora troppo giovane, ma per i 40 anni in cui lo abbiamo fatto, con tutta la diligenza e trasporto, potremmo fare nomi e cognomi di tanti musicisti, mezze calzette, come si usa definirle, che in Italia non hanno mai avuto l'apprezzamento che il Ministero degli Esteri ha creduto di poter imporre agli Istituti di Cultura, da esso dipendenti, segnalandoli e sostenendo le spese. Sembra essere anche il caso della Venezi, stimata, guarda caso, da chi di musica non capisce un tubo - un breve sommario elenco ci dice di Meloni, Sangiuliano, Schifani, La Russa, Mollicone, e mettiamoci anche Giuli (per interposta Meloni) e Buttafuoco (a lei avvinto in foto in circolazione) - e che poi mette nel suo curriculum che ha diretto in Giappone, come in Argentina (via Istituti italiani di cultura).
Trovate un solo artista di fama, perchè se l'è guadagnata, che costruisce la sua carriera vagando per gli Istituti Italiani di cultura all'estero.
Chi ha il potere, per il semplice fatto di disporne, pensa di creare e distruggere carriere che si possono, al contrario, fare solo sul campo, facendosi valere ed imponendosi.
Difficilmente i direttori di detti istituti, solitamente graziati dal ministero, perchè moltissime volte sono 'signor nessuno', disubbidiscono o si oppongono alle richieste che provengono dall'apposito ufficio della Farnesina.
E' un giro vizioso. Anche noi una volta, quando eravamo ancora attivi nella professione giornalistica, e subito dopo il nostro successo da direttore artistico del Festival delle Nazioni di Città di Castello. provammo a manifestare il desiderio di andare a dirigere un Istituto italiano di cultura all'estero, pensando ad un paese di lingua francese, che conosciamo abbastanza. Ci venne risposto che le scelte, insindacabili, del ministero, avvenivano con il criterio della 'chiara fama' e che quindi potevamo desistere dalla richiesta.
Consociamo bene la chiara fama, secondo i criteri di quel ministero, tanto che da quello come da tutti gli altri, soprattutto quello della Cultura, ci siamo tenuti sempre alla larga, e spesso abbiamo criticato l'operato. Così facendo la chiara fama l'abbiamo perduta esattamente come si perde la 'verginità' fisica, al primo rapporto.
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