Teatro Massimo, c’è il papa straniero? Stavolta la lite scoppia con Roma
La dichiarazione è arrivata come un fulmine a ciel sereno e ha preso in contropiede sia la Regione che il comune di Palermo. E’ di nuovo scoppiata la guerra sul futuro del Teatro Massimo, anche se stavolta il braccio di ferro non è più tra il sindaco Roberto Lagalla e il governatore Renato Schifani ma fra il capoluogo e Roma.
La mossa del ministro
A sparigliare le carte è stato il ministro Alessandro Giuli, in città per partecipare a un forum sulle politiche del mare. Ed è bastata una domanda dei cronisti sul nuovo sovrintendente del Massimo per mandare in tilt il centrodestra: “Ci saranno delle buone notizie – ha detto il titolare della Cultura -. Quando si parla di Teatro Massimo si parla di cose belle. Arriveranno relativamente a breve. Non posso fare nomi, sarebbe scortese rispetto ai soggetti interessati e al Teatro stesso”.
Il neo ministro ha assicurato che i tempi della nuova nomina saranno brevi, poche settimane, ma la dichiarazione, battuta dalle agenzie intorno alle 13, ha mandato sottosopra il pranzo a molti big del centrodestra, sicuri ormai della nomina dell’uscente Marco Betta.
La successione
Come è noto, il nuovo Consiglio di indirizzo della fondazione è nominato solo in parte: oltre al sindaco Lagalla, presidente di diritto, ci sono il giornalista Gaspare Borsellino nominato dal Ministero su indicazione di Regione e Comune e l’imprenditrice Marcella Cannariato, scelta da Palazzo d’Orleans.
All’appello mancano il consigliere in quota Comune, che potrebbe essere l’uscente Federico Ferina, e il componente indicato dal dicastero della Cultura, guidato da Giuli. Poi sarà la volta del sovrintendente, nominato formalmente da Roma ma, per consuetudine, scelto dal primo cittadino.
Betta in bilico
Ad agosto, dopo un lungo tira e molla, Lagalla e Schifani avevano trovato l’accordo sulla conferma di Betta su cui l’ex rettore si è giocato moltissimo, riuscendo a strappare il via libera all’allora ministro Gennaro Sangiuliano. Una triangolazione ottenuta anche grazie all’intervento di una parte di Fratelli d’Italia, favorevole al bis di Betta.
L’arrivo di Giuli al Collegio romano ha però rimesso tutto in discussione: un rallentamento nella procedura era quasi scontato ma nessuno, nemmeno tra i meloniani, si aspettava un cambio di passo così deciso che rappresenta un’aperta sconfessione del predecessore.
Un “papa straniero”
Giuli, al di là delle prudenti dichiarazioni, avrebbe in mente un “papa straniero”, rispetto ai nomi in lizza, per ricoprire il ruolo di sovrintendente del Massimo, terzo rispetto a Betta ma anche all’altro possibile candidato Andrea Peria. Un nome calato dall’alto, in barba a ogni consuetudine istituzionale, che al momento nessuno a Palermo ancora conosce.
Il pressing
L’uscita del ministro ha scatenato un piccolo terremoto, anche dentro Fratelli d’Italia, con una girandola di telefonate tutte interne al centrodestra, prima a Palermo e poi a Roma ai piani più alti: l’obiettivo è disinnescare l’operazione e convincere Giuli a tornare sui suoi passi, confermando la linea di Sangiuliano.
La tensione ha raggiunto i livelli di guardia, tanto da spingere Schifani a intervenire pubblicamente: “Premesso che attendiamo ancora la designazione da parte del ministro del componente del consiglio d’indirizzo del Teatro Massimo – ha detto il governatore – diamo per scontato che non ci sono, né potranno esserci nomi calati dall’alto per quanto riguarda la nomina del sovrintendente”.
Una linea ribadita anche da Lagalla: “Esprimo il mio apprezzamento per le parole del presidente Schifani – ha detto il primo cittadino -. La Regione ricopre un fondamentale ruolo per la vita e il funzionamento del Teatro e il presidente, con il suo autorevole intervento, dimostra quanto il Governo regionale sia attento al futuro e al percorso culturale della Fondazione, autonomamente maturato sul territorio cittadino e metropolitano”.
Un modo per mettere le mani avanti ma anche un avviso ai naviganti, stavolta capitolini: il centrodestra palermitano è infatti pronto a mettere da parte ogni duello e a compattarsi per fare muro contro le ingerenze di Giuli. Perché il rischio è che, fra i due litiganti, ‘a godere’ siano solo a Roma.
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