Nel marzo del 1972 uscì negli Stati Uniti The Godfather – in italiano Il Padrino – il film caratterizzato da una delle più suggestive colonne sonore della storia del cinema. Un tema musicale creato da Nino Rota che costò al compositore mortificazioni e torti germogliati tra storie di mafia, concorrenzae gelosia.Tutto ebbe inizio nel 1971 quando il produttore Dino De Laurentiis scoprì che la Paramount aveva acquistato i diritti de The Godfather, il libro bestseller di Mario Puzo, per realizzarne una pellicola. La reazione di De Laurentiis fu tempestiva: si assicurò i diritti della biografia dell’agente della poliziaamericana Frank Serpico scritta dal giornalista Peter Maas e negli stabilimenti romani di Dinocittà allestì la produzione del film Joe Valachi – I segreti di Cosa nostra.
Le 2 prospettive su Cosa nostra
La stampa internazionale dedicò ampio spazio alle due contemporanee lavorazioni cinematografiche riguardanti la famigerata organizzazione criminale e alle dichiarazioni di De Laurentiis che presentava il proprio film come un inedito atto di denuncia contro i clan mafiosi, polemizzando con il lavoro della Paramount finalizzato invece secondo lui ad alimentarne il mito. Il film americano sembrava partire svantaggiato: dopo i rifiuti di Elia Kazan, Sergio Leone e Arthur Penn, il produttore Robert Evans aveva affidato la regia al quasi esordiente Francis Ford Coppola, ingaggiando per i ruoli principali l’ormai in declino Marlon Brando e lo sconosciuto Al Pacino. L’unica star accreditata era il compositore della colonna sonora: il maestro Nino Rota. Di contro De Laurentiis schierava due attori all’apice della popolarità, Charles Bronson e Lino Ventura, sotto la guida del regista dei più famosi film di 007 con Sean Connery: Terence Young. E alla composizione delle musiche, per non sfigurare nel confronto con Rota, un altro colosso italiano, il maestro Riz Ortolani. L’esito della competizione è noto: Il Padrino fu gratificato da tre premi Oscar – assegnati per il migliore film, la migliore sceneggiatura e il migliore attore protagonista a Marlon Brando – su diecinomination. JoeValachi – I segreti di Cosa nostra non lasciò tracce. Se non quella, umiliante, nella carriera di Nino Rota.
La sfortuna di Fortunella
Il compositore commise un’imprudenza nel sottostimare il risentimento di De Laurentiis nei confronti della Paramount. Per il motivo conduttore de Il Padrino aveva rielaborato la sua marcetta scritta e utilizzata per il film del 1958 intitolato Fortunella, diretto da Eduardo De Filippo con la sceneggiatura di Federico Fellini, Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, con attori come Giulietta Masina, Alberto Sordi, Carlo Dapporto e lo stesso De Filippo. Nonostante il cast considerevole e il nome propiziatorio, Fortunella fu un fiasco. Comunque un fiasco di Dino De Laurentiis, produttore del film e pertanto proprietario della colonna sonora. Al quale Rota servì sul proverbiale piatto d’argento la vendetta contro la Paramount.
La musica era già ritenuta quarto premio Oscar de Il Padrino quando a inibire l’assegnazione sopraggiunse sul tavolo dell’Academy Award copia della denuncia contro Rota che il produttore napoletano aveva presentato alla Corte federale di Los Angeles: “Quel motivo conduttore non è originale e appartiene a me”, inducendo di conseguenza i magistrati californiani a congelare i diritti musicali del film.
La transazione che mise termine alla lite giudiziaria produsse effetti avvilenti per il compositore, come quello della diffusione della canzone Fortunella - La madrina del Padrino per le edizioni Dino (De Laurentiis) cantata dall’ineffabile gruppo Number Six. Il brano è identico a Speak SoflyLove (Parla più piano) ovvero la celebre canzone della pellicola di Coppola: una sorta di beffarda ammenda con pubblica confessione.
Non ci fosse stato l’antagonismo tra De Laurentiis e Paramount nessuno avrebbe dato troppo peso alla pur evidente somiglianza tra le musiche di Fortunella e de Il Padrino, trattandosi dello stesso autore: un protocollo tutt’altro che insolito tra i compositori per il cinema.
Compositori costretti a copiare
“Capita persino di dover comporre in un mese le colonne sonore per tre film. – spiega il maestro Vince Tempera – La fretta impone in questi frangenti di rinunciare all'invenzione originale e di rimasticare qualcosa di già scritto. C'è chi tira fuori dal cassetto temi utilizzati per pellicole minori e li ripropone per un film di più sostenute aspirazioni. L’importante è che il produttore, ovvero il proprietario delle musiche, sia lo stesso”. È il caso di Jerry Goldsmith (un Oscar e 16 nomination a Hollywood) che ha più di una volta utilizzato la stessa idea melodica per pellicole diverse: il tema di Patton, generale d’acciaio girato nel 1970 dal regista Franklin J. Schaffner riaffiora in L'erba del vicino (1989) e anche in Small Soldiers-Soldatini (1998), ambedue diretti da Joe Dante. Così come Rambo 2 – La vendetta realizzato da George Pan Cosmatos nel 1985 e Gremlins 2 – La nuova stirpe di Joe Dante (1990), altri due film musicati da Goldsmith, hanno in comune atmosfera e armonie. Anche il più premiato dei compositori viventi, John Williams (5 Oscar), riutilizzò con poche variazioni il motivo de Lo squalo (1975) quattro anni dopo per un altro film di Spielberg: 1941: allarme a Hollywood. E il francese Maurice Jarre (3 Oscar: Lawrence d'Arabia nel 1962, Il dottor Zivago 1965 e Passaggio in India 1984) ha spesso riadoperato i suoi passaggi melodici più intriganti, soprattutto le caratteristiche marce marziali.
L’Oscar condiviso col padre del regista
A parziale risarcimento di un’azione in palese contrasto con lo spirito liberale e rispettoso del valore degli artisti che contraddistingue l’Academy a Nino Rota fu assegnato l'Oscar nel 1974, per le musiche de Il Padrino II, firmate assieme a Carmine Coppola, il padre del regista che raccontava orgoglioso di essere stato scelto giovanissimo da Arturo Toscanini come primo flautista della NBC Symphony Orchestra di New York. La vicenda di Fortunella consentì ai detrattori di Rota di rispolverare una precedente lite giudiziaria che l’aveva visto protagonista. L’Universal Edition di Vienna e la Warner Bros, editrici della commedia L’opera da tre soldi scritta nel 1928 da Bertolt Brecht con le musiche di Kurt Weill che stava spopolando nei teatri di Broadway dalla metà degli anni Cinquanta, avevano avviato una causa legale nel 1960 contro La dolce vita di Federico Fellini lamentando che il tema musicale del film era il plagio della Moritat, ovvero La ballata di Mackie Messer brano conduttore de L’opera da tre soldi.
Ecco la genesi di quella somiglianza. Durante tutta la lavorazione de La dolce vita Federico Fellini aveva usato come sottofondi alle riprese due brani musicali di cui si era invaghito: Patricia, un mambo lanciato nel 1958 dal musicista cubano Perez Prado e la Moritat. Lo scrittore Alberto Arbasino raccontò a Ranieri Polese del Corriere della sera di aver personalmente seguito tutte le fasi di realizzazione del film: “La cosa più bella fu la prima proiezione: una certa sera ci ritrovammo tutti a Cinecittà, a vedere la ‘copia pilota’, il film semifinito e non ancora doppiato. Una serata leggendaria, un’impressione fortissima: avevamo davanti agli occhi il risultato finale di qualcosa che si era visto nascere. Quello che mi ricordo con più intensità è il sonoro: sì, perché il film non aveva ancora il doppiaggio e la sua colonna sonora. C’erano le musiche che Fellini diffondeva con altoparlanti durante le riprese, per esempio la Moritat di Brecht-Weill da L’opera da tre soldi. E c’era Patricia e i cha-cha-cha che la sera andavamo a ballare al Club 84 di via Veneto”.
Tutta colpa di Federico Fellini
Per La dolce vita i riferimenti a Patricia sono espliciti e accreditati, mentre della Moritat si avverte soltanto l’ispirazione per il tema conduttore intitolato La bella malinconica. Chi ha consapevolezza del rapporto abituale tra registi e compositori non può avere dubbi sul fatto che la responsabilità di quella similitudine fosse da attribuirsi a Fellini. “Nella musica da film risulta spontaneo utilizzare quelli che potremmo definire dei luoghi comuni melodico-armonico-ritmici per suscitare reazioni convenzionali nel pubblico – dice il compositore e concertista Girolamo De Simone – Un collage di queste tipologie è raccolto in un celebre prontuario, l'Allgemeines Handbuch der Filmmusik di Becce-Erdmann-Brav, pubblicato a Berlino nel 1927”.
“È vero, esistono delle armonie-campione per le diverse situazioni: l'attesa, la paura, la gioia, arrivano i nostri, eccetera – aggiunge il maestro Vince Tempera – È una sorta di banca dati a cui è spesso necessario attingere. Questo perché è quasi sempre il regista a dettare le regole del gioco sulle musiche, a pretendere dal compositore una colonna sonora che somigli a qualcosa che lui ha già identificato, magari in un altro film. Insomma il regista vuole spesso ricreare l'atmosfera musicale di una pellicola che ha avuto già successo o comunque esige un tema musicale che si rifaccia a melodie collaudate. Non di rado il rapporto fra compositore e regista si fa conflittuale. Un plausibile compromesso, soprattutto per risparmiare il saccheggio del lavoro di un collega, è quello di ricorrere ad ambientazioni del repertorio classico”.
La causa per plagio contro le musiche de La dolce vita venne estinta nel 1961 da una transazione tra le aziende querelanti e la CAM, editrice della colonna sonora del film di Fellini.
Quando il prestito è involontario
“Nino Rota per tutta la vita ebbe la tendenza a citare musica preesistente, propria o di altri autori – sostiene il musicologo Sandro Zanon nel saggio La bella malinconia: alla scoperta della musica di Nino Rota – tessendo in tal modo fitti e intricati rapporti intertestuali che riempiono la sua opera di senso e di doppio senso: un labirinto in cui non è per niente facile muoversi e dove la labilità del confine tra conscio e inconscio sfiora i limiti della sovrainterpretazione, del fraintendimento: non è detto che Rota fosse sempre del tutto cosciente degli imprestiti, dal momento che essi potevano essere anche involontari”.
Ecco i riferimenti di Rota nei film di Fellini: il tema conduttore de La strada (1954) riprende il Larghetto della Serenata per archi op. 22 di Antonín Dvořák; per quello di Otto e mezzo (1963) l’ispirazione è l’Entrata dei gladiatori di Julius Fuèík, mentre nel tema di Amarcord (1973) si coglie il legame con il Valzer dei fiori di Pyotr Ilyich Tchaikovsky. I ricorsi al repertorio classico sono consuetudine nella musica da film.
La passione di Morricone per Bach
“Confesso di aver citato più volte Bach, che ho sempre adorato, nei miei lavori per il cinema – ha rivelato il maestro Ennio Morricone – La prima volta fu nel 1966: per La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo mi ispirai alla Passione secondo Matteo; l’ultima nel Mosè televisivo del 1974. Ricordo anche una citazione del Don Giovanni di Mozart nel 1966 per Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini. Fu l’unica concessione che feci al grande regista con cui lavoravo per la prima volta. Si era presentato con tutta una serie di indicazioni per le musiche. Gli risposi: io compongo, non copio, forse è meglio che lei si rivolga a un altro. Gli piacque la mia determinazione e mi lasciò lavorare liberamente, chiedendomi soltanto quel passaggio mozartiano”.
Ecco altri esempi di riferimento al repertorio classico che riguardano “mostri sacri” della musica da film. Stranger in paradise, tema musicale del film Uno straniero tra gli angeli diretto nel 1955 da Vincente Minnelli, divenne un successo internazionale prima nell'interpretazione di Vic Damone quindi di numerosi cantanti ed orchestre. Il brano è firmato da Robert Wright e George Forrest ma la musica si rifà ampiamente alle Danze Polovesiane del Principe Igor (1869) del compositore russo Aleksandr Borodin.
È del 1975 Lo squalo del regista Steven Spielberg. L'elettrizzante colonna sonora firmata da John Williams somiglia alla Sinfonia dal nuovo mondo di Antonín Dvorak (1893) che a sua volta ricordava la sinfonia n. 9 Corale di Ludwig van Beethoven (1822). Ma l’autentico capolavoro citazionista di John Williams si configura con Star Wars (1977) di George Lucas in cui il compositore si mostra evidentemente influenzato dal primo movimento de I Pianeti un lavoro sinfonico scritto tra il 1914 e il 1916 dall’inglese Gustav Holst. Il tema ripreso da Williams si chiama Mars, The Bringer of War, un titolo che rende addirittura esplicita la somiglianza. Gustav Holst era scomparso nel 1934, quindi la sua opera era tutelata dal copyright al momento della creazione di Star Wars: ma la casa di produzione Lucasfilm Ltd di San Francisco seppe difendere con destrezza le musiche tanto che a John Williams venne assegnato l’Oscar per la colonna sonora, senza l’ombra di una protesta.
Il cinema tra Ravel e Vivaldi
Altri esempi: Patrick Williams compose il tema di All-American Boys (1979) del regista Peter Yates ispirandosi al compositore amburghese Felix Mendelssohn e al suo Scherzo con Capriccio del 1835. La stessa fantasia musicale di Mendelssohn ricorre in Una poltrona per due di John Landis (1983) nella colonna scritta da Elmer Bernstein (premio Oscar 1967). Due lavori di un altro grande compositore, premio Oscar 1997 per Titanic, James Horner: il tema centrale composto per Willow (Ron Howard, 1988) ricorda la Terza Sinfonia in Mi bemolle (1850) di Robert Schumann e le musiche de I magnifici 7 dello spazio (Jimmy T. Murakami, 1980) somigliano all'aria di Alexander Nevsky (1939) di Sergej Prokof'ev. La colonna de L'onore dei Prizzi (John Houston, 1985) è firmata da Alex North e rievoca per esteso Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Diversi accenni alle atmosfere di Antonio Vivaldi (1678-1741) sono presenti nel tema con cui il compositore francese Georges Delerue vinse l'Oscar nel 1979 per Una piccola storia d'amore diretto da George Roy Hill. Nelle musiche del compositore giapponese Ryuichi Sakamoto si distinguono numerose citazioni stilistiche o tematiche: la sua colonna sonora del Piccolo Buddha (Bernardo Bertolucci, 1993) riprende la sequenza liturgica del Dies irae, orchestrata alla maniera della Pavane pour une infante défunte (1899) di Maurice Ravel; mentre in El mar Mediterrani, la musica che Sakamoto scrisse per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Barcellona (1992), sono presenti molti ritmi che riportano a Claude Debussy, Igor Stravinsky e Béla Bartok.
I modelli di Clint Eastwood
A ricorrere in maniera palese a melodie preesistenti per le colonne sonore dei suoi film è stato sempre Clint Eastwood, grande appassionato di jazz. Il tema musicale di Debito di sangue del 2002 è ispirato a Se tu non fossi bella come sei, canzone base di Un dollaro bucato del 1965 con Giuliano Gemma e la regia di Giorgio Ferroni. Il brano dello spaghetti western italiano è interpretato da Fred Bongusto e fu composto da Giovanni Locatelli con il testo scritto da Mogol e Vito Pallavicini. Eppure a firmare le musiche di Debito di sangue è Lennie Niehaus, sassofonista jazz fraterno amico di Eastwood.
Nel 2008 fu personalmente Clint a comporre la colonna sonora del film Changeling che inizia con le stesse prime sei note di Que reste-t-il de nos amours? capolavoro di Charles Trenet del 1942. Una questione facile da risolvere visto che le Edizioni Salabert proprietarie dell’evergreen francese erano state nel frattempo assorbite dal gruppo Universal, produttore della pellicola di Eastwood. È invece il figlio Kyle Eastwood a firmare il tema musicale del film Invictus diretto dal padre nel 2009 che inizia con le stesse prime cinque note di ‘O sole mio: un’appropriazione che scatenò la reazione della famiglia Bideri editrice del classico napoletano di Eduardo Di Capua, Alfredo Mazzucchi e Giovanni Capurro.
Viva la pappa di Rosy and John
Il copia-copia nelle colonne sonore non è dunque una prerogativa di Nino Rota, bensì una prassi consolidata. L’unica singolarità dell’eminente compositore milanese è stata quella di trovarsi spesso in circostanze o coincidenze che hanno generato confronti tra i suoi lavori e quelli di altri.
Persino la popolarissima canzone che Rota scrisse nel 1964 per Rita Pavone, Viva la pappa col pomodoro, sigla del lavoro televisivo di Lina Wertmüller Il giornalino di Gian Burrasca, dette origine a comparazioni: proprio nello stesso periodo la popstar francese Gilbert Becaud aveva pubblicato Rosy and John, un brano destinato ad affermazione internazionale, composto da Maurice Vitalin. Nel finale di Rosy and John compare la melodia di Viva la pappa col pomodoro. Inutile chiedersi chi dei due fu il primo a idearla: qualcuno finirebbe per scovare una precedente paternità, a conferma di come la musica pop sia una incontrollabile baraonda di combinazioni e richiami.
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