Un problema che ci portiamo dietro da anni e che la pandemia di Covid ha messo in evidenza: tra tagli della spesa, sprechi e inefficienze, il sistema sanitario italiano si è indebolito. I lavoratori hanno sopportato il peso di queste scelte, affrontando un carico di assistenza e cura enorme mentre il personale impiegato si andava riducendo: dal 2008 al 2018, il numero dei medici in forza nelle strutture del Ssn si è ridotto del 5 per cento; quello degli infermieri, già fortemente sottodimensionato, è calato del 3 per cento. Contrazioni che hanno colpito duramente il Mezzogiorno: Campania, Molise, Calabria e Sicilia sono tra le regioni che hanno registrato le variazioni peggiori, a cui si aggiunge anche il Lazio...
Con il blocco delle assunzioni, non solo il personale è diminuito ma è anche invecchiato. Negli ultimi anni si è verificato un innalzamento significativo dell’età media del personale del Ssn, che riguarda soprattutto gli uomini: quasi il 60 per cento di loro ha più di 55 anni e il 37,2 per cento più di 60 anno; diversamente, tra le donne il 35,3 per cento ha più di 55 anni e il 28,1 per cento (contro l’8,8 per cento degli uomini) meno di 40 anni. Una differenza che i ricercatori della Fondazione spiegano con il fatto che il personale medico maschile è entrato “a pieno titolo nel sistema sanitario pubblico quando la professione presentava una più marcata caratterizzazione di genere”.
Questa tendenza, anche se permette di valorizzare esperienza e professionalità, espone a “un carico di lavoro crescente proprio un personale che diventa sempre più anziano, con inevitabili conseguenze in termini di rischi per la salute degli stessi lavoratori”
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