lunedì 14 dicembre 2020

Però Augias eviti di avventurarsi a fare il musicologo ad ogni costo, non ne ha nè la stoffa nè le competenze

 In questi giorni sembra  che lo faccia o che intenda farlo a tempo il musicologo, Corrado Augias, intervenendo più dì una volta su Repubblica, sia nella 'Posta',  stimolato da lettere dei suoi lettori, sia  altrove per difendere scelte - da molti criticate -  dell'Opera di Roma, dal Rigoletto al Circo Massimo, stravolto dalla regia di Michieletto, al tradizionale, pregiatissimo Barbiere con la regia di Martone.

 Non contento di  giustificare quelle scelte, specie quella al Circo Massimo,  si è lanciato a discutere sul ruolo della regia nel melodramma, finendo - anzi appoggiando - i pensieri profondi(?) del sovrintendente Fuortes in materia, e cioè che senza una rivisitazione moderna del melodramma, l'opera muore!

Per dimostrare ai suoi lettori che lui anche nel campo della musica - come fa troppo spesso anche in quello della religione o degli studi biblici - si muove con agio e disinvoltura, ieri, sempre nella 'Posta' di Repubblica, rispondendo ad un lettore che  gli confessava di avere difficoltà a capire ciò che avviene in palcoscenico durante una  rappresentazione ( si riferiva, presumiamo, alla storia che, molto spesso, anche in capolavori musicali, è abbastanza contorta ed incomprensibile) gli preferiva i concerti 'lirici' dove la comprensione di un brano singolo, per giunta anche conosciuta, lo sollevava da qualunque problema.

Augias dopo aver ribadito le sue preferenze di musicologo per l'opera nella sua interezza - solo i musicologi  'da strapazzo' non riescono a capire il ruolo che anche i Concerti alla 'Martini & Rossi' hanno nella logica della conoscenza e diffusione del melodramma-  compie un triplo salto, gettandosi dall'alto senza rete di protezione a discettare di Gesamtkunstwerk, (letteralmente: opera d'arte totale) di wagneriana memoria.

 Il lettore ha difficoltà a seguire e capire un'opera perchè - spiega Augias, reinterpretando, strapazzandolo, Wagner -  nel melodramma o nel 'dramma', ad essere wagneriani fedeli, concorrono diversi elementi: poesia, musica, danza ecc...

Negli abissi del pensiero musicologico di Augias, tutti quegli elementi  che per Wagner dovevano contribuire a generare l'opera 'totale', certamente non erano considerati ostacolo alla comprensione, bensì  l'esatto contrario.

Nel frattempo ci è venuta in mente una dichiarazione di Federico Fellini, che raccogliemmo, poco dopo la morte di Nino Rota, in una lunga intervista uscita su Paese Sera, glorioso quotidiano della Capitale.

 Sosteneva Fellini che non gli era mai riuscito di capire ed accettare come stessero insieme parecchie arti nel melodramma, più che in qualunque altra espressione artistica, arti che hanno vita  a sè stante di identico valore, ed elencava la musica, la poesia, la danza, la pittura, l'architettura, l'illuminotecnica, la costumistica ecc...

 Ma aggiungeva che lui andava poco a teatro, perché temeva la forza ammaliatrice del melodramma; non voleva, insomma, spiegava il grande regista, essere coinvolto  involontariamente, in un momento in cui la fascinazione del melodramma - irresistibile! - gli faceva perdere lucidità.  L'esatto contrario della Gesamtkunstwerk, 'alla Augias'.

 Naturalmente passiamo sopra la singolare elencazione degli elementi che compongono una rappresentazione d'opera, perchè troppo lunga, ci limitiamo solo a riportare le 'prime tre': 'Direzione musicale e regia,  canto e recitazione, voci soliste e coro'. Tre che sono poi una sola medesima cosa. 

E poi il colpo finale:..."per di più il canto confonde la comprensione del testo anche se oggi ci sono i soprattitoli ( con due t?). Arrivo a dire che lo spettatore che entri in sala ignaro di tutto, rischia di uscire odiando l'opera'. La che dice Augias?

 Le racconto, per finire, un episodio occorso ad una persona speciale, come era Puccini, di cui le cronache riferiscono con ricchezza di particolari.

 A Londra nel 1901, per la prima inglese di Tosca, si recò una sera in un teatro vicino al suo albergo, per assistere ad uno spettacolo drammatico Madame Butterfly dell'americano David Belasco.  Naturalmente la lingua usata dagli attori era l'inglese che Puccini non conosceva affatto.

Ne uscì talmente colpito, pur non avendo capito una sola parola, al punto da chiedere al suo editore italiano di acquistare immediatamente i diritti di quella pièce teatrale, per farne un'opera.  Che poi fece, e fu Madama Butterfly, la cui forza musicale può rendere comprensibile, e far partecipe lo spettatore  più della stessa  storia.  Ne siamo pienamente convinti, ne abbiamo avuto infinite volte conferma nei tanti anni che abbiamo frequentato il teatro d'opera. 

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