mercoledì 30 dicembre 2020

Concerti di Capodanno. Georges Pretre da Venezia a Vienna ( da Il Giornale, di Pietro Acquafredda .20.9.2007)

 «Venezia mi ha portato bene». Ha ragione Georges Prêtre: senza Venezia forse non ci sarebbe stata mai Vienna. A Prêtre, per i suoi 80 anni (Capodanno 2005) il Teatro La Fenice fece il graditissimo regalo della direzione del Concerto di Capodanno, per rimediare a Vienna che non l'aveva ancora invitato. In quell'occasione, il grande direttore si lamentò del mancato invito viennese. «Me lo hanno impedito le logiche delle case discografiche: ma per questo, hanno ancora dieci anni per rimediare», dichiarò al Giornale. Quell'invito è finalmente arrivato, e Prêtre, primo francese, potrà dirigere il Concerto di Capodanno 2008 da Vienna, mentre Roberto Abbado, primo italiano, dirigerà il Capodanno 2008 da Venezia. In questi giorni il direttore è impegnato al Santa Cecilia a Roma, con alcune fra le più note sinfonie di Beethoven.

Ci sarà qualche riflesso francese nel programma viennese?
«Lì dirigo regolarmente da 35 anni e, per cinque, ho lavorato stabilmente con i Wiener Symphoniker. Sono l'unico ad aver diretto sia i Symphoniker che i Philharmoniker viennesi. Mi mancava il Concerto di Capodanno. Nel 2008 ricorrono i cinquant'anni dalla prima ripresa televisiva del Capodanno viennese (1958). Nessuna novità nel programma. Musiche della famiglia Strauss, unica eccezione il viennese Josef Lanner. In omaggio alla 'mia' Francia, la Napoleon March op.156, scritta da Johann Strauss jr. per Napoleone, aprirà il concerto».

Continuerà a girare come una trottola?
«Non più. Mi pesa viaggiare, mentre non mi pesa dirigere. Voglio dirigere solo alcune orchestre con le quali ho un forte legame come i Philharmoniker, i Symphoniker, l'Orchestra dell'Opéra di Parigi, la Filarmonica della Scala, l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia. La maturità mi consiglia di dirigere meno, ma meglio».

Perché ha diretto così poche volte Beethoven, in Italia? Ora a Roma - vuole forse rimediare? - quattro sinfonie in due settimane...
«Il direttore è interprete di tutta la musica, se è francese o italiano conta poco. Certo deve scegliere la musica che si sente di fare. In Italia, nella scelta del mio repertorio, può aver pesato l'etichetta di direttore 'francese'. Se ben ricordo, nel 1962, a Roma, ho debuttato con la Quinta di Beethoven. Da allora, lo ammetto, l'ho diretto poche altre volte».

Per la cultura, in Francia, cambia qualcosa con Sarkozy?
«È troppo presto per dirlo. In Francia molti pensano che la cultura sia solo pittura, letteratura, filosofia, dimenticando la musica che per me è l'arte più completa, nonostante sia la più effimera. Sarkozy è giovane, corre, ha polso. Qualcosa cambierà».

Qualche amico come Pavarotti, con gli anni, si perde per strada. Una grande perdita?
«Ho lavorato molto con Luciano. Persona gentile, semplice ma profonda, ed una voce d'oro. Impossibile rimpiazzarlo».

Eppure i giornali italiani, all'indomani della sua morte l'hanno accusato di non essere musicista e di non saper leggere la musica.
«Falso. Non c'è bisogno di essere compositore, per essere un buon musicista. Lui sentiva la musica, siamo sempre stati in sintonia. Molte persone parlano senza conoscere le cose. Pavarotti era anche un ottimo attore: il suo Nemorino, nell'Elisir d'amore di Donizetti, è un capolavoro».

In questi giorni si è tornati a parlare della Callas, a trent'anni dalla morte. Maria Callas è stata una sua carissima amica.
«Più che un amica, Maria era di famiglia. Molti parlano di lei senza conoscere la verità, mentre io parlo solo della sua arte; quello che so della sua vita, lo tengo per me. Nei suoi ultimi anni ero uno dei pochi a frequentarla. Ho conosciuto anche Onassis, era una persona semplice come Maria».

Ha ancora qualcosa da chiedere alla vita?
«La musica mi ha aiutato anche nella vita. Sono un privilegiato, sul podio ho la possibilità di dimenticare i problemi della vita. Però ho ancora un sogno: vorrei scrivere una messa - anche se ho paura del confronto con tanti grandi compositori - e dedicarla al buon Dio».

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