La Metropolitan Opera di New York rinuncia alla stagione autunnale a causa del Coronavirus proiettando uno dei piu' famosi palcoscenici della lirica mondiale nella sua peggior crisi finanziaria in 137 anni di storia.
Il Met ha chiuso i battenti l'11 marzo e ora spera di ricominciare ad accogliere spettatori la vigilia di Capodanno dopo la piu' lunga pausa delle produzioni in oltre un secolo e perdite in mancati incassi da oltre cento milioni di dollari.
"E' evidente che il distanziamento sociale e grande opera non vanno a braccetto", ha spiegato al New York Times il general manager, Peter Gelb: "Non e' solo il problema del pubblico. E' la salute della compagnia. Non puoi mettere l'orchestra nella buca e mandare in scena cantanti e coro che si esibiscono a distanza ravvicinata".
E se anche questo fosse possibile, ha aggiunto Gelb, sarebbe poco economico montare una performance per un pubblico di 400 persone al posto dei soliti quasi quattromila: "Come li fai entrare? Come li fai uscire?".
La cancellazione pone una grossa ipoteca sul futuro del teatro: "La nostra posizione finanziaria era fragile prima della pandemia. I rischi economici ora sono aumentati significativamente", ha ammesso Gelb in un appello ai fan e sostenitori: "Nessuno vuole vedere fallire il Met". Uno dei problemi sta nel modus operandi del teatro: con un capitale di 270 milioni di dollari, contro 300 milioni prima del virus, il Met si poggia su casse assai piu' esangui di altre istituzioni, ad esempio il Metropolitan Museum, assistito da una lettera di credito supportata in parte dagli enormi murali di Chagall appesi nella lobby.
Il teatro ha anche un forte braccio filantropico che e' riuscito a raccogliere 60 milioni di dollari nell'arco di due mesi: una iniezione di salute che potrebbe aiutare a coprire la nuova ondata di cancellazioni. Quello che emergera' dalla ripresa sara' comunque un Met diverso: rinviate mega produzioni, il programma prevedera' soprattutto revival e opere abbreviate.
Prima di quest'anno il teatro aveva sospeso le produzioni per settimane solo due volte, negli anni '60 e '80, a causa di problemi sindacali. Stavolta la crisi pesa soprattutto sul piccolo esercito necessario a mandare in scena scena un'opera: ingegneri, falegnami, elettricisti, orchestra, ballerini e coristi sono in aspettativa senza stipendio da marzo: speravano di poter ricominciare a lavorare a luglio quando scadra' il sussidio speciale di 600 dollari alla settimana stanziato dal Congresso all'apice della pandemia, ma sono rimasti delusi. Il teatro ha gia' subito due perdite a causa del virus: Vincent Lionti, che suonava la viola nell'orchestra e Joel Revzen, assistente 'conductor', sono morti di Coronavirus. (ANSA).
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