martedì 30 giugno 2020
Festival Puccini. GIanni Schicchi a Viareggio. In scena tutti con le mascherine. per evitare di ammalarsi di Covid, che si è preso il ricco Buoso Donati ( da La repubblica, di Gregorio Moppi)
Melodramma distanziato, sanificato, con mascherina e guanti obbligatori. Anche l’opera, dopo la sinfonica, si rimette in moto. Con un esperimento — chissà quanto poi replicabile in altri contesti e con altri titoli. Ma intanto l’importante è che si riparta. E per primo in Italia — forse in Europa — tocca al Festival Pucciniano. Stasera alle 21.15, con un Gianni Schicchi nella Cittadella del Carnevale a Viareggio, davanti a 550 spettatori. Un Puccini in epoca Covid, dunque dotato di tutti i presìdi sanitari che il governo prescrive. D’altronde la partitura prescelta racconta, sia pure in tono agrodolce, di malattia e morte. «Per giunta fu terminata un secolo fa durante l’epidemia di spagnola che falcidiò il globo non meno del virus di oggi», sottolinea la regista Valentina Carrasco, argentina d’origine, a lungo pezzo forte della Fura dels Baus, la compagnia catalana fautrice di un teatro innovativo di macchine, fisicità, tecnologia. Lo spettacolo è stato messo su in una manciata di giorni. «Non solo abbiamo lavorato durante le prove con ogni protezione necessaria, ma le disposizione sanitarie sono anche diventate parte dell’allestimento. I 14 cantanti, su un palco tutto sommato piccolo, indosseranno sempre la mascherina. Soltanto per qualche romanza — come O mio babbino caro — potranno abbassarsela, tuttavia tenendosi lontani dagli altri colleghi almeno un metro e mezzo, per evitare il droplet. Altrimenti bocca sempre coperta, e un servo di scena che pulisce continuamente l’ambiente e separa chi tende ad avvicinarsi troppo agli altri». Probabile che cantando così si sia sempre a corto di aria. «Schicchi dura meno di un’ora. Ci si può fare», afferma fiduciosa Carrasco. «Solo che da parte mia ho reso ai personaggi la vita ancor più difficile, dato che li costringo ad agitarsi nervosamente un bel po’». Né potrebbe andare diversamente: il ricco Buoso Donati è moribondo, forse per il Covid, assistito a domicilio da un medico del servizio sanitario nazionale, e i parenti-serpenti al capezzale temono di venire contagiati, anche se l’ingordigia per l’eredità può, in loro, più della paura. «Comunque è una famiglia paranoica, che teme qualsiasi contatto fisico. Figurarsi quando compare Schicchi, un poliziotto della stradale che per lavoro è sempre stato in mezzo alla gente nei mesi della pandemia». La microfonazione aiuterà a far sì che le ugole — Bruno Taddia, Elisabetta Zizzo, Rossana Rinaldi, Alessandro Fantoni tra gli interpreti principali — riescano ad andar d’accordo con l’Orchestra della Toscana diretta da John Axelrod, collocata piuttosto lontana dalla scena e spalmata su una superficie vasta a causa del distanziamento. «Siamo i primi, sì, che mettiamo mano a un’opera dopo il lockdown, e mi piace ricominciamo proprio da una commedia d’umor nero alla Risi, alla Monicelli, che gioca con una realtà tremenda facendo ridere», spiega Carrasco. «Lo spettacolo avrà un doppio finale. A sorpresa. Perché abbiamo pensato che questa serata debba veicolare un’idea contraria a quella che la pandemia ci sta inculcando. Oramai tutti ci facciamo guidare dalla paura, un sentimento che predomina sugli esseri umani quando i problemi da affrontare non appaiono razionalizzabili. Dunque l’angoscia del contagio sulla scena stigmatizza le nostre angosce quotidiane. Lo notavo l’altro giorno nella figlia di una mia amica, una bambina, che camminando in strada va sull’altro marciapiede non appena vede qualcuno che potrebbe passarle accanto. Ecco, mi chiedo, anche attraverso il mio “Schicchi”, vale davvero la pena vivere in una società del genere?». Ancora qualche posto disponibile. Info 0584 359322.
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