venerdì 2 agosto 2019

Il sindaco di Lampedusa a Salvini: lo sa che qui ci sono sbarchi OGNI GIORNO? ( da VANITY FAIR, di Alessia Arcolaci)

Parlare di migranti è impopolare. Lo sa bene Salvatore Martello, sindaco di Lampedusa (per la seconda volta, la prima nel 1993) che nella gestione dell’immigrazione sull’isola si è trovato solo. O meglio, ha chiesto al ministro dell’Interno Matteo Salvini una collaborazione che non ha mai ricevuto risposta.
Figlio di pescatori, nato in una famiglia di democristiani «che ho tutti indottrinato a sinistra. Ma ci è voluto un po’di tempo», Martello si racconta come un maoista «quando a Lampedusa essere di sinistra era come essere delle brigate rosse».
La tessera del Partito democratico l’ha «buttata a mare» e ha votato Cuperlo ma oggi non si rispecchia in nessun partito.
La sua isola non l’ha mai lasciata. Si è allontanato solo per studiare, quando a 12 anni si è trovato a vivere da solo a Porto Empedocle per frequentare la scuola superiore e poi l’università. Per tutti a Lampedusa è Totò, quello che nel giugno 2017, con la lista civica «Susemuni», che significa «Alziamoci» ha strappato il comune a Giusy Nicolini, diventata simbolo dell’isola che accoglie. «Ma si era dimenticata i lampedusani», ci racconta Martello, sigaro sempre tra le dita, seduto al tavolino di un bar del corso. Davanti a noi passano alcuni ragazzi africani, sono sbarcati negli ultimi giorni.
A Lampedusa continuano gli sbarchi?
«Sì, il nostro porto è aperto. Da quando il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto che non arrivano più migranti qui sono approdate 250 barche con circa 14 persone ciascuna. A Lampedusa se gli sbarchi diminuiscono è solo per il maltempo».
Perché nessuno ne parla?
«A me in prima persona la Capitaneria non riferisce più il numero degli sbarchi, come ha sempre fatto. Forse gliel’hanno ordinato. Le agenzie che dovrebbero trasmettere queste notizie non lo fanno. Si vuole far passare l’idea che non ci siano più arrivi. Lampedusa è una realtà “scomoda” perché fa scoprire che ci sono problemi: gli arrivi, le barche, l’hotspot».
Lei è in contatto con il governo?
«Ho scritto una lettera personalmente al ministro Salvini e non mi ha mai risposto. Chiedevo di capire che cosa si deve fare con l’hotspot di Lampedusa e quale fosse la politica del governo per la nostra isola. Nada».
L’hotspot adesso è funzionante?
«Ci sono un centinaio di migranti. Dovrebbero ripartire entro 48 ore ma c’è chi rimane anche per sette giorni. Poi la polizia li trasferisce. Solo due settimane fa erano 150 e 50 hanno dormito fuori».
Da qui dove li portano?
«Dicono che li rimpatriano ma li portano in Sicilia perché non possono andare in Africa. L’Italia ha un accordo con la Tunisia che accetta 40 persone a settimana. E gli altri ventimila che il ministro dice di rimpatriare? Che fine fanno?».
Cosa si aspetta dalla politica attuata dal ministro Salvini per gestire l’immigrazione?
«Niente. Per ora ha approvato il decreto sicurezza ma non è legge. La strategia è quella di far sparire Lampedusa per non gestirne i problemi. Perché se affidi la politica solo all’attività mediatica e non agli atti amministrativi non puoi risolvere niente».
A cosa si riferisce?
«Per esempio alla gestione delle barche. Quelle che restano in mare dopo gli sbarchi, vengono affondate dalle vedette italiane e dove vanno a finire? Vengono spesso intercettate dai pescatori che rompono così le loro reti o rischiano di affondare a loro volta. Questi danni a Lampedusa non li paga nessuno».
Le barche restano sommerse?
«Dopo essere state affondate, senza considerare i problemi d’inquinamento che creano, diventano rifiuti speciali e la ditta che deve smaltirli si fa pagare il quintuplo. Se venissero trainate mentre sono a galla tutto questo non accadrebbe».
Chi affida l’incarico alla ditta?
«La dogana fa una gara d’appalto e le barche vengono portate nelle discariche apposite, tra cui anche a Bari».

In occasione delle cerimonie in ricordo del naufragio del 3 ottobre le istituzioni non c’erano.
«L’assenza più potente è stata quella di chi si è sempre definito accogliente. La non presenza delle istituzioni era prevedibile ma chi si è riempito la bocca della parola accoglienza sotto i riflettori, doveva esserci».

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