È stata una giornata lunga quella di ieri per il fratello di Emanuela Orlandi. Che è stato ascoltato per ben 8 ore in quanto persona informata sui fatti nell’ambito dell’indagine Vaticana sulla scomparsa della 15enne avvenuta a giugno 1983.
Pietro Orlandi è stato ricevuto infatti dal promotore di giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, cui ha consegnato diverso materiale e ha, come raccontato nella trasmissione DiMartedì, “potuto verbalizzare nomi e cognomi di tutte le indagini fatte privatamente”.
Tra i nomi in questione, ce ne sarebbero alcuni eccellenti, tra cui dei cardinali. “Dal cardinal Re - ha detto Pietro Orlandi - che all'epoca stava sempre a casa nostra e aveva relazioni strette con l'avvocato Egidio. Sapeva tutto quello che accadeva e qualche anno fa l'ho incontrato e mi ha detto che della storia Emanuela ha letto qualcosa. Dirmi così dopo tanti anni... è una delle persone a cui venivano mandati i cinque fogli sul trasferimento di Londra. […] Un’altra persona da ascoltare è l'ex comandante della gendarmeria Giani, che ha fatto delle cose particolari sulla trattativa di Capaldo. Lui e Alessandrini. Poi c'è Pignatone e tutta quella questione delle intercettazioni della moglie di De Pedis: lo chiamavano il ‘procuratore nostro’ e dicevano ‘ci penserà lui a far tacere Orlandi’, ‘ha cacciato Capaldo’ e poi è stato promosso presidente del Tribunale Vaticano. Un’altra persona è il cardinal Sandri e lui dovrebbe essere a conoscenza che la prima telefonata è arrivata il 22 giugno”. Ovvero il giorno della scomparsa di Emanuela.
Le chat
A DiMartedì sono state trasmesse delle parti di una delle chat consegnate da Pietro Orlandi al procuratore Diddi. In un messaggio vocale, che è stato epurato dalle “parti peggiori”, c’è un uomo vicino alla Banda della Magliana che parla di Papa Giovanni Paolo II al giornalista Ambrosini: “Allora Wojtyla […] pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era una schifezza, il Segretario di Stato ha deciso di intervenire. Ma non dicendo a Wojtyla ‘mo le levo da mezzo’, si è rivolto a chi? A lui”.
Stando all’audio, ci si sarebbe rivolti ai cappellani del carcere, che avrebbero successivamente contattato Enrico De Pedis, alias “Renatino”, uno dei boss della Banda della Magliana. Renatino e la Magliana non sono nomi nuovi nel caso di Emanuela Orlandi. A puntare il dito su questa vicenda contro il boss ucciso in un regolamento di conti nel 1990 fu anche una sua ex amante, Sabrina Minardi. Non solo: nel 2005 una telefonata anonima a “Chi l’ha visto?”, invitava a cercare qualcosa nella tomba di De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare. “Loro la Banda della Magliana l'hanno sempre considerata una manovalanza, l'impressione che ho avuto io è che loro la responsabilità la stanno cercando dentro”, ha chiosato Pietro Orlandi a DiMartedì.
Non solo: quell'audio “fa riferimenti molto precisi su Wojtyla - ha commentato Pietro Orlandi - non c’è ombra di dubbio su quello che dice, di come lo chiamavano all’interno del Vaticano, com’era conosciuto all’interno del Vaticano”. Da parte sua, pare che Pietro Orlandi si sia trovato a fronteggiare diverse polemiche, per aver fatto in tv il nome di Wojtyla, che in ogni caso era pontefice nel periodo in cui scomparve la sorella Emanuela: “Ho trovato più dubbi quando ho nominato Wojtyla da Floris l’altra settimana - a parte che io non ho mai detto: ‘Giovanni Paolo II è un pedofilo’ - Ho detto: è giusto indagare a 360 gradi, anche perché io penso, nel 2023, non possono esserci persone intoccabili, nessuno può essere intoccabile”.
Orlandi non sarebbe il primo a essere ascoltato da Diddi, che gli avrebbe detto: “Tu ci hai aperto dei mondi nuovi con le cose che ci racconti”. Secondo il fratello di Emanuela Orlandi ci sarebbero “delle responsabilità interne al Vaticano. Ho ribadito il fatto che io sono convinto che Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco siano stati e siano a conoscenza di quello che è avvenuto e forse c'è stato un cambiamento nella volontà e hanno deciso magari di fare chiarezza”.
Cosa ha depositato Pietro Orlandi
Orlandi ha depositato una memoria, che contiene gli elementi legati alle indagini difensive condotte dalla famiglia, elementi che dovranno essere valutati e indagati da Diddi e dalla Santa Sede. “Questa mattina - ha spiegato la legale Laura Sgrò - abbiamo letto pure che avrebbe trovato delle carte impolverate e questa cosa è bella visto che fino a questo momento il Vaticano ha sempre detto di non avere fascicoli e incartamenti quindi siamo fiduciosi nelle carte impolverate. Sicuramente ha a disposizione degli archivi cui noi non abbiamo mai avuto accesso, quindi l'augurio è che questi ventilati dossier di cui si parla da molti anni di fatto possano saltare fuori”.
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