"Sanctus Thomàs in librum primum sententiarum". È tutto oro quello che riluce nel clipeo di questo manoscritto del 1485, in un tripudio minutissimo e festoso di fiori e di fregi. Mentre dal capolettera delle Omelie su Ezechiele, "Dilectissimo fratri Mariano Episcopo", Papa Gregorio Magno ci benedice, incastonato in un paesaggio di terra e di cielo. È tutta meraviglia quella che ci accoglie – fino al 29 luglio – nella sala Campori della Biblioteca Estense, al Palazzo dei Musei di Modena, per la seconda tappa de "La mostra infinita" che ripercorre la storia della libreria ducale: l’esposizione (curata da Grazia Maria De Rubeis, con la collaborazione di Maria Elisa Agostino) è dedicata in particolare alle vicende della biblioteca nel ‘500 ferrarese, dal regno di Alfonso I (che nel suo camerino d’alabastro aveva riunito le opere dei grandi pittori dell’epoca ma forse era meno interessato ai libri) fino alla svolta di Alfonso II che tornò a dare lustro alla biblioteca con importanti acquisti. I 35 splendidi pezzi esposti, manoscritti e libri a stampa, attraversano tutto il XVI secolo e ci fanno volare fino alla vigilia della devoluzione che avrebbe poi costretto gli Estensi a lasciare Ferrara per trasferire la capitale a Modena.
"Ci piace raccontare la storia collezionistica della Biblioteca Estense – spiega Martina Bagnoli, direttrice delle Gallerie Estensi – e al contempo celebrare Domenico Fava che guidò l’Estense dal 1913 al 1933. Fu proprio lui ad avere l’idea di una sala espositiva che potesse avvicinare il pubblico ai tesori della biblioteca". Fu sempre Fava a ‘riaccogliere’ all’Estense la straordinaria Bibbia di Borso d’Este, capolavoro della miniatura del Rinascimento che andò all’asta il 1° maggio del 1923 (proprio cento anni fa) fu acquistata da Giovanni Treccani e quindi donata allo Stato.
Nel percorso della mostra spiccano alcuni cimeli, come i libri delle donne di Casa d’Este, il ricchissimo "Messale" (gioiello della miniatura lombarda) di Anna Sforza, sorella di Gian Galeazzo, che giunse a Ferrara sposa di Alfonso I ma si spense nel 1497, e il "Canzoniere" spagnolo che quasi certamente fece parte del corredo nuziale di Lucrezia Borgia, seconda moglie del duca. O i manoscritti greci che Alfonso II acquistò nell’autunno 1560 da Andrea Darmario, "che faceva ora il mercante, ora il copista di codici greci", scriveva Fava. E ancora gli incantevoli manoscritti (miniati anche da Attavante degli Attavanti, l’artista fiorentino prediletto da Lorenzo il Magnifico) provenienti dalla celebre biblioteca fondata da Mattia Corvino, re d’Ungheria: di quella collezione restano circa 210 codici sparsi nel mondo, e 15 sono all’Estense. O i codici che erano appartenuti all’umanista Giorgio Valla poi ad Alberto III Pio di Carpi (in esposizione anche un prezioso Salterio del secolo XI, mille anni fa), accanto ad alcune testimonianze della raccolta musicale fra cui gli spartiti del raffinatissimo "Concerto delle dame", con l’arpista Laura Peperara, che suonava per Margherita Gonzaga, moglie di Alfonso II. Fasti e feste di un mondo che ci parla ancora attraverso queste pagine straordinarie.
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