Un osservatore, un semplice osservatore del linguaggio usato dalla politica attuale, non può non notare come nel vocabolario della parte politica oggi al governo del paese ci sia una vera e propria avversione allergica a certi termini.
Alla vigilia della festa odierna, 25 aprile, FESTA DELLA LIBERAZIONE, se ne sono dette tante. A cominciare dall'elenco della tante altre feste che ad essa si vorrebbe comparare, da quella della liberazione del pianeta dai dinosauri, a quella della fine del Regno d'Italia, o dello sbarco di Garibaldi. Per non dire che la Festa della Liberazione, oggi, è la più importante e la principale nella storia della nostra democrazia.
Senza la Resistenza al nazifascismo e la successiva liberazione ad opera di potenze straniere nostre alleate, oggi la Repubblica italiana non esisterebbe. E' l'antifascismo il fattore fondativo della nostra democrazia che ha riconquistato la libertà dal fascismo calpestata.
Perciò risulta ancora più incomprensibile sentir dire da cariche altissime del paese che noi siamo 'contro ogni totalitarismo', che siamo anticomunisti, ma mai dire che siamo 'antifascisti'. E, del resto, che questo sia il pensiero dominante di certa destra, lo si deduce anche dal viaggio/oltraggio che il presidente del Senato compie oggi a Praga. Va a visitare un campo di concentramento, ma subito dopo va a rendere omaggio all'eroe praghese, l' anticomunista Palach. Ancora una volta La Russa dimostra di conoscere il prefisso Anti, giacché lo usa, ma ancora una volta ci rinsalda nella convinzione che lui ANTIFASCISTA non è, e perciò non si dichiara.
La premier avrebbe potuto e dovuto oggi mettere la parola fine a questa discussione. Invece non l'ha fatto, perchè nella lunga circostanziata lettera al Corriere sul senso e valore della festa del 25 aprile, sotto il profilo storico corretta ed esauriente, neppure una volta ha dichiarato apertamente che l'Italia è una Repubblica antifascista. Forse lo ha fatto per non dare uno schiaffo pubblico alla seconda carica dello Stato (che molti invitano a dimettersi!), che quella parola non pronuncerà mai, mentre Lei avrebbe potuto pronunciarla.
Perché non l'ha fatto?
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