Il governo Meloni con una gamba nel precipizio. Precipita alla Camera, resta appeso con le unghie al Senato, nella votazione più importante dopo la legge di Bilancio, quella sul Documento di economia e finanza e relativo scostamento di bilancio. Diciamo subito che tecnicamente non è una crisi di governo. Sicuramente è un problema politico – o una gigantesca sciatteria – perché la maggioranza non è riuscita a trovare i numeri necessari in una delle votazioni più importanti dell’attività parlamentare. Dal 2012, quando la riforma costituzionale ha introdotto l’obbligo della maggioranza assoluta nelle votazioni su Def e scostamento di bilancio, non era mai successo che il governo in carica non ottenesse la maggioranza assoluta.
Un “primato” esclusivo del governo Meloni. Che raggiunta a Londra, in missione ufficiale, dalla notizia deve aver bestemmiato in ogni lingua e dialetto prima di convocare un Consiglio dei ministri alle 18.30 con all’ordine del giorno un nuovo documento di Economia e Finanza. Con gli stessi numeri. Oppure anche no. Nessuna nota ufficiale da parte della premier che si è letteralmente “mangiata” il povero capogruppo Tommaso Foti reo di non aver dato per tempo l’allarme sui numeri mancanti. In fondo già ieri mattina nella discussione generale l’aula di Montecitorio risultava mezza vuota. Esperienza dice che una verifica va sempre fatta prima di certe votazioni. Parole forti, da parte della premier, anche con gli alleati tramite i due vicepremier Salvini e Tajani.
Dai tabulati ufficiali risulta infatti che i 47 assenti della maggioranza sono così distribuiti: 5 di Fratelli d’Italia, 20 di Forza Italia e 22 della Lega. Il pasticcio, la sciatteria o lo sgambetto sono avvenuti alla luce del sole. Qualche dubbio anche tra i deputati in missione: tra loro anche due ministri, oltre la premier, che però erano alla Camera un paio d’ore prima del voto per il question time. Non è il caso del ministro economico Giancarlo Giorgetti che pur convocato ieri, oggi e domani in Svezia per un delicatissimo Ecofin sulle nuove regole del patto di stabilità eurpeo, sul Mes e anche sul Pnrr, è rimasto in aula fino alle votazioni finali per fare il suo dovere sul “suo” documento non potendo certo immaginare quel triste e disperato finale. E dire che il Def di Giorgetti in mattinata aveva anche ottenuto l’approvazione di un tecnico come il senatore professore Mario Monti che aveva apprezzato “l’approccio serio, responsabile, pragmatico” del ministro e anche dei suoi colleghi di partito. “Meglio tardi che mai” aveva celiato il senatore ex premier...
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