domenica 29 settembre 2019
A Palermo la prima via intestata ad uno storio quotidiano: Via Giornale L'Ora
PalermoToday - cronaca e notizie da Palermo - ZONA VIA MARIANO STABILE Nasce la via "Giornale L'Ora": è la prima strada in Italia intitolata a un quotidiano. Il fatto / Quando L'Ora sfidava Luciano Liggio e la mafia si ribellò con 5 chili di tritolo. A Palermo nasce la via "Giornale L'Ora". "La cerimonia si è svolta in occasione del decennale della scomparsa di Vittorio Nisticò, storico direttore della testata, anche con l'apposizione di una targa commemorativa che ricorda i tre cronisti de "L'Ora" uccisi dalla mafia e l'attentato che nel 1958 colpì la tipografia“.
I 'lampascioni' per Paul Badura-Skoda
Venerdì 27 è morto a Vienna Paul Badura-Skoda. Aveva 92 anni.
A lui ci ha legato una bella amicizia, iniziata ad Assisi nei primi anni Ottanta, nel corso della 'Festa Musica Pro', inventata e diretta da Giuseppe Juhar, il quale era approdato nella patria di San Francesco, dopo che aveva abbandonato il 'Festival delle Nazioni' che lui aveva creato con Alberto Lisy a Città di Castello.
Per una curiosa coincidenza, moltissimi anni dopo, per una sola edizione, 2004, quel festival fu affidato per la direzione artistica a noi.
Badura-Skoda ad Assisi teneva un corso di pianoforte, frequentato anche dal giovanissimo Alexander Lonqich che lì conoscemmo.
Inutile aggiungere che nel nostro Piano Time, uscito per la prima volta ad aprile del 1983, Paul vi compare spesso con articoli ed interviste.
In quegli stessi anni lo incontrammo spesso a Roma dove era ospite abituale dei 'Concerti dell'Italcable' ( mai, ad esempio, a Santa Cecilia: c'è chi sa spiegare un qualche motivo che giustifichi tale assenza?) inventati da Stefano Mazzonis, dove una volta suonò su un pianoforte di Beethoven (l'ultimo di proprietà del musicista; Paul era uno dei più noti collezionisti di strumenti storici, emulo del nostro Luigi Ferdinando Tagliavini).
Poi, negli ultimi mesi della nostra direzione di Piano Time, gli chiedemmo una serie di articoli sul pianoforte di Mozart, materia nella quale egli era, in coppia con sua moglie, uno dei più accreditati studiosi. Quegli articoli servivano per la preparazione dei giovani pianisti italiani che avrebbero poi partecipato al nostro progetto, patrocinato e finanziato dal CIDIM e dall'ISMEZ, Amadeus Giovani, che ebbe luogo a Palermo nell'estate del 1990, con la presenza di Badura- Skoda, con il quale trascorremmo due settimane indimenticabili fra lo studio e la scoperta di quella magnifica città e regione, la cui gente ha dell'ospitalità un senso quasi sacro.
Le volte che abbiamo assistito, da Assisi a Palermo, ad una lezione di Badura-Skoda siamo rimasti ogni volta colpiti dalla conoscenza approfondita che della musica egli aveva, e dalla sua statura di interprete.
Per questo, quando dirigemmo il 'Festival delle Nazioni', 2004, lo invitammo a Città di Castello, a tenere un corso di perfezionamento ed anche un concerto schubertiano, che è ancora impresso nella nostra memoria.
Nell'inverno successivo egli fu invitato a L'Aquila dall'Istituzione Sinfonica Abruzzese, per un seminario ed un concerto con orchestra. Il seminario ebbe luogo nella sede del Conservatorio, nel centro storico. Anche noi, che insegnavamo lì Storia della Musica, frequentammo con i nostri allievi il corso.
Non partecipammo al Concerto, che ebbe luogo nella domenica successiva. Però in quegli stessi giorni lo incontrammo anche fuori dal corso, e una mattina, fredda - lui si alzava abbastanza presto per studiare - nella piazza della cattedrale, dove si svolgeva il mercato che mi aveva chiesto di vedere, dove ci demmo appuntamento.
Passando davanti ad un banco, gli indicammo un prodotto prelibato quanto introvabile del nostro meridione, i 'lampascioni'; ne comprammo per noi e per lui, e gli indicammo come andavano cotti.
Tornato a casa, prima a Vienna e poi a Parigi, ci diede notizia dell'esito della preparazione e dell'accoglienza che i lampascioni avevano avuto sulla tavola austriaca. Con quella sua lettera vogliamo terminare questo nostro affettuoso saluto a Paul Badura-Skoda, ora che se ne è andato.
Caro Pietro, Parigi, 31 marzo 2005.
Ti ringrazio tanto della tua lettera con la descrizione e la ricetta dei lampascioni. Abbiamo già fatto un tentativo a Vienna: sono molto piaciuti. Stranamente sono così sconosciuti fuori Italia, che non si trovano neanche nel dizionario Italiano-Francese.
Ho anche ricevuto la rivista SUONO con la nostra bella intervista su Mozart ( Mi fai apparire più intelligente che non lo sono).
Il concerto all'Aquila è andato molto bene, c'era molto entusiasmo e applausi. Mi ha fatto un immenso piacere rivederti a L'Aquila. Alla prossima volta ritrovarci!
Con un forte abbraccio, anche a Anna,
Paul
A lui ci ha legato una bella amicizia, iniziata ad Assisi nei primi anni Ottanta, nel corso della 'Festa Musica Pro', inventata e diretta da Giuseppe Juhar, il quale era approdato nella patria di San Francesco, dopo che aveva abbandonato il 'Festival delle Nazioni' che lui aveva creato con Alberto Lisy a Città di Castello.
Per una curiosa coincidenza, moltissimi anni dopo, per una sola edizione, 2004, quel festival fu affidato per la direzione artistica a noi.
Badura-Skoda ad Assisi teneva un corso di pianoforte, frequentato anche dal giovanissimo Alexander Lonqich che lì conoscemmo.
Inutile aggiungere che nel nostro Piano Time, uscito per la prima volta ad aprile del 1983, Paul vi compare spesso con articoli ed interviste.
In quegli stessi anni lo incontrammo spesso a Roma dove era ospite abituale dei 'Concerti dell'Italcable' ( mai, ad esempio, a Santa Cecilia: c'è chi sa spiegare un qualche motivo che giustifichi tale assenza?) inventati da Stefano Mazzonis, dove una volta suonò su un pianoforte di Beethoven (l'ultimo di proprietà del musicista; Paul era uno dei più noti collezionisti di strumenti storici, emulo del nostro Luigi Ferdinando Tagliavini).
Poi, negli ultimi mesi della nostra direzione di Piano Time, gli chiedemmo una serie di articoli sul pianoforte di Mozart, materia nella quale egli era, in coppia con sua moglie, uno dei più accreditati studiosi. Quegli articoli servivano per la preparazione dei giovani pianisti italiani che avrebbero poi partecipato al nostro progetto, patrocinato e finanziato dal CIDIM e dall'ISMEZ, Amadeus Giovani, che ebbe luogo a Palermo nell'estate del 1990, con la presenza di Badura- Skoda, con il quale trascorremmo due settimane indimenticabili fra lo studio e la scoperta di quella magnifica città e regione, la cui gente ha dell'ospitalità un senso quasi sacro.
Le volte che abbiamo assistito, da Assisi a Palermo, ad una lezione di Badura-Skoda siamo rimasti ogni volta colpiti dalla conoscenza approfondita che della musica egli aveva, e dalla sua statura di interprete.
Per questo, quando dirigemmo il 'Festival delle Nazioni', 2004, lo invitammo a Città di Castello, a tenere un corso di perfezionamento ed anche un concerto schubertiano, che è ancora impresso nella nostra memoria.
Nell'inverno successivo egli fu invitato a L'Aquila dall'Istituzione Sinfonica Abruzzese, per un seminario ed un concerto con orchestra. Il seminario ebbe luogo nella sede del Conservatorio, nel centro storico. Anche noi, che insegnavamo lì Storia della Musica, frequentammo con i nostri allievi il corso.
Non partecipammo al Concerto, che ebbe luogo nella domenica successiva. Però in quegli stessi giorni lo incontrammo anche fuori dal corso, e una mattina, fredda - lui si alzava abbastanza presto per studiare - nella piazza della cattedrale, dove si svolgeva il mercato che mi aveva chiesto di vedere, dove ci demmo appuntamento.
Passando davanti ad un banco, gli indicammo un prodotto prelibato quanto introvabile del nostro meridione, i 'lampascioni'; ne comprammo per noi e per lui, e gli indicammo come andavano cotti.
Tornato a casa, prima a Vienna e poi a Parigi, ci diede notizia dell'esito della preparazione e dell'accoglienza che i lampascioni avevano avuto sulla tavola austriaca. Con quella sua lettera vogliamo terminare questo nostro affettuoso saluto a Paul Badura-Skoda, ora che se ne è andato.
Caro Pietro, Parigi, 31 marzo 2005.
Ti ringrazio tanto della tua lettera con la descrizione e la ricetta dei lampascioni. Abbiamo già fatto un tentativo a Vienna: sono molto piaciuti. Stranamente sono così sconosciuti fuori Italia, che non si trovano neanche nel dizionario Italiano-Francese.
Ho anche ricevuto la rivista SUONO con la nostra bella intervista su Mozart ( Mi fai apparire più intelligente che non lo sono).
Il concerto all'Aquila è andato molto bene, c'era molto entusiasmo e applausi. Mi ha fatto un immenso piacere rivederti a L'Aquila. Alla prossima volta ritrovarci!
Con un forte abbraccio, anche a Anna,
Paul
'O anche no', la nuova avventura televisiva a sostegno delle persone con handicap, di Paola Severini Melograni
Paola Severini Melograni
è la medesima Paola Severini Guidi?
Mi levano i figli perché ho un handicap
( La Repubblica.it 27 dicembre 2000)
ROMA - Guerra in corso tra l' ex ministro della Famiglia Antonio Guidi e la ex moglie Paola Severini. E' lui stesso a rendere pubblica la vicenda facendo una lunga dichiarazione all' agenzia Ansa. Perché, dice, "possa aiutare chi non ha voce".
Mia moglie, spiega Guidi, "contraddicendo tutta la sua storia sostiene che il marito avendo un handicap non può avere in affido i figli minori.
La mia ex moglie sostiene che il sottoscritto con la sua storia, difficile ma con indubbi risultati, medico, presidente di associazioni, capo delegazione all' Onu e unico ministro con handicap della Repubblica italiana, non può assistere i suoi figli".
Parole dure, un attacco pesante. "Quello che io dico non lo dico per me, perchè ho la forza di difendermi - spiega - ma parlo per i mille casi di gente cosiddetta normale che con la scusa dell' handicap del partner ne prevarica gli affetti, i diritti".
Paola Severini risponde al marito e avverte: "Le dichiarazioni dell' onorevole Guidi sono prive di fondamento e dunque diffamatorie e pregiudizievoli per me e per la serenità e l' equilibrio dei miei figli minori".
( Archivio La Repubblica)
giovedì 26 settembre 2019
Sinfonie d'intenti. Passioni,visioni e progetti di mecenatismo musicale ( Lugano 18 ottobre)
Nella storia, la musica ha sempre rappresentato un ambito privilegiato per il mecenatismo. Un mecenatismo autentico, guidato da strutture emozionali e necessità allineate ai bisogni dei musicisti, dei compositori, delle orchestre. In una sinfonia molto particolare, il mecenatismo musicale è tutt’oggi una forma di filantropia delle arti che conserva una potente comunione d’intenti tra mecenate e beneficiario, ma che si muove verso modelli organizzativi innovativi e sempre più attenti alle ricadute positive degli investimenti per le comunità di riferimento. A partire da questa importante condizione, il Simposio, promosso dal Conservatorio della Svizzera italiana e organizzato dal Master of Advanced Studies in Cultural Management, persegue l’obiettivo di indagare quali siano le tecniche più efficaci per condurre una relazione di successo con un mecenate della musica e propone una nuova riflessione sulle maggiori sfide che un fenomeno antico come il mecenatismo musicale deve affrontare nel mutato contesto contemporaneo. SIMPOSIO Sinfonie d’Intenti Passioni, visioni e progetti di mecenatismo musicale Dando voce ad alcuni tra i maggiori protagonisti della scena filantropica internazionale, il Simposio favorisce l’esplorazione del presente e si apre al confronto e al dibattito sulle opportunità per il futuro. Sostenere la produzione di nuove opere musicali o di manifestazioni musicali significa porre fiducia in una particolare possibilità di espressione che allarga l’orizzonte etico, genera libertà e conoscenza, sollecita un contagio positivo che consolida una società basata sul rispetto del prossimo. In una società civile in cui il ruolo dei privati è sempre più determinante per la qualità e la vitalità culturale, quali sono le maggiori sfide che il mecenatismo musicale deve affrontare? Attraverso quali paradigmi e quali strategie d’intervento il mecenatismo musicale contemporaneo viene a determinare nuovi scenari e sostiene una crescita culturale collettiva? Nel corso del simposio si daranno alcune prime risposte a questa e a molte altre domande nell’ottica di sollecitare un dialogo aperto e attivo tra benefattori e beneficiari affinché la musica sia e continui a essere uno degli ambiti più fiorenti del mecenatismo contemporaneo.
Programma
MATTINA 09.00 – 13.30 ALLA SCOPERTA DEL MECENATISMO MUSICALE
Moderatori Elisa Bortoluzzi Dubach, Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Moreno Bernasconi, Presidente della Fondazione Federica Spitzer,
Lugano 09.00 – 09.05 Saluto istituzionale
09.05 – 09.15 Introduzione
09.15 – 09.30 Il mecenatismo musicale: un viaggio nel tempo
09.30–10.10 Il mecenatismo musicale oggi: percorsi innovativi per collaborare con i mecenati Ina Piattini Pelloni Presidente Fondazione del Conservatorio della Svizzera italiana Carlo Ciceri Responsabile Formazione continua Conservatorio della Svizzera italiana Alberto Gulli Responsabile Area Sviluppo Competenze Fondazione Fitzcarraldo Diego Fratelli Docente di musica rinascimentale Conservatorio della Svizzera italiana Relazione di Elisa Bortoluzzi Dubach Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Francesca Gentile Camerana Fondatrice e Presidente De Sono Associazione per la Musica Hans Liviabella Primo dei secondi violini Orchestra della Svizzera italiana e Primo violino Quartetto Energie Nove (video-intervista) 10.10 – 10.40 Coffee break
Lunch break 10.40 –
11.00 INTERLUDIO MUSICALE Anna Kravtchenko, pianoforte
11.00 – 12.00 Molto vivace: ispirazione, educazione e progetto.
Come sostenere i giovani talenti Alessio Allegrini Cornista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Mario Martinoli Mecenate e Presidente Fondazione iCons
Fernanda Giulini Mecenate e collezionista
Modera Moreno Bernasconi
13.30 – 13.45 Il ruolo del mecenatismo in un’istituzione privata Christoph Brenner Direttore Generale Conservatorio della Svizzera italiana
14.00 – 15.00 Allegro con brio: la forza trasformativa di musica e mecenatismo
15.50 – 16.50 Andante con moto: mecenati e musicisti insieme per la società civile
Anna Kravtchenko Pianista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Hans Albert Courtial Fondatore e Presidente Generale della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra
Christine Cerletti-Sarasin Psicologa, mecenate e Presidente fondazioni Cantilena,
Colla Parte, Bau & Kultur di Basilea
Modera Elisa Bortoluzzi Dubach
Robert Kowalski Violino di spalla Orchestra della Svizzera italiana Francesca Peterlongo Mecenate e Direttore Artistico della Fondazione Pro Canale di Milano
Cristina Owen-Jones Mecenate e membro del Consiglio di fondazione Orchestra della Svizzera italiana Modera Moreno Bernasconi
16.50 – 17.50 Concertato: musicisti e mecenati fra nuove sfide, opportunità e visioni 17.50 – 18.00 Conclusioni Tutti i brani eseguiti durante questo simposio sono stati creati grazie a mecenati.
Diana Bracco Presidente e Amministratore delegato del Gruppo Bracco e Presidente di Fondazione Bracco François Geinoz Presidente proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità
Peter Spinnler Fondatore e Presidente Fondazione Animato
Modera Elisa Bortoluzzi Dubach
Programma
MATTINA 09.00 – 13.30 ALLA SCOPERTA DEL MECENATISMO MUSICALE
Moderatori Elisa Bortoluzzi Dubach, Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Moreno Bernasconi, Presidente della Fondazione Federica Spitzer,
Lugano 09.00 – 09.05 Saluto istituzionale
09.05 – 09.15 Introduzione
09.15 – 09.30 Il mecenatismo musicale: un viaggio nel tempo
09.30–10.10 Il mecenatismo musicale oggi: percorsi innovativi per collaborare con i mecenati Ina Piattini Pelloni Presidente Fondazione del Conservatorio della Svizzera italiana Carlo Ciceri Responsabile Formazione continua Conservatorio della Svizzera italiana Alberto Gulli Responsabile Area Sviluppo Competenze Fondazione Fitzcarraldo Diego Fratelli Docente di musica rinascimentale Conservatorio della Svizzera italiana Relazione di Elisa Bortoluzzi Dubach Docente universitario e consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni Francesca Gentile Camerana Fondatrice e Presidente De Sono Associazione per la Musica Hans Liviabella Primo dei secondi violini Orchestra della Svizzera italiana e Primo violino Quartetto Energie Nove (video-intervista) 10.10 – 10.40 Coffee break
Lunch break 10.40 –
11.00 INTERLUDIO MUSICALE Anna Kravtchenko, pianoforte
11.00 – 12.00 Molto vivace: ispirazione, educazione e progetto.
Come sostenere i giovani talenti Alessio Allegrini Cornista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Mario Martinoli Mecenate e Presidente Fondazione iCons
Fernanda Giulini Mecenate e collezionista
Modera Moreno Bernasconi
13.30 – 13.45 Il ruolo del mecenatismo in un’istituzione privata Christoph Brenner Direttore Generale Conservatorio della Svizzera italiana
14.00 – 15.00 Allegro con brio: la forza trasformativa di musica e mecenatismo
15.50 – 16.50 Andante con moto: mecenati e musicisti insieme per la società civile
Anna Kravtchenko Pianista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Hans Albert Courtial Fondatore e Presidente Generale della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra
Christine Cerletti-Sarasin Psicologa, mecenate e Presidente fondazioni Cantilena,
Colla Parte, Bau & Kultur di Basilea
Modera Elisa Bortoluzzi Dubach
Robert Kowalski Violino di spalla Orchestra della Svizzera italiana Francesca Peterlongo Mecenate e Direttore Artistico della Fondazione Pro Canale di Milano
Cristina Owen-Jones Mecenate e membro del Consiglio di fondazione Orchestra della Svizzera italiana Modera Moreno Bernasconi
16.50 – 17.50 Concertato: musicisti e mecenati fra nuove sfide, opportunità e visioni 17.50 – 18.00 Conclusioni Tutti i brani eseguiti durante questo simposio sono stati creati grazie a mecenati.
Diana Bracco Presidente e Amministratore delegato del Gruppo Bracco e Presidente di Fondazione Bracco François Geinoz Presidente proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità
Peter Spinnler Fondatore e Presidente Fondazione Animato
Modera Elisa Bortoluzzi Dubach
Mecenati cercansi.Il 18 ottobre se ne parla a Lugano, presso il Conservatorio della Svizzera italiana
Passioni, visioni e progetti di mecenatismo musicale
18 ottobre 2019, Aula Magna del Conservatorio della Svizzera italiana
Il Conservatorio della Svizzera italiana promuove una giornata di studio e approfondimento sulle strategie e i nuovi paradigmi di mecenatismo contemporaneo, durante la quale personalità prestigiose del mecenatismo internazionale incontreranno musicisti di spicco e si apriranno a un dibattito sul valore e il senso della promozione privata della musica.
Il simposio è organizzato dal Master of Advanced Studies in Cultural Management, con la direzione scientifica di Elisa Bortoluzzi Dubach e con la collaborazione di Fondazione Fitzcarraldo.
Le iscrizioni sono aperte fino al 4 ottobre 2019.
Relatori
Mecenati, fondatori, musicisti
Alessio Allegrini Cornista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Diana Bracco Presidente e Amministratore delegato del Gruppo Bracco e Presidente di Fondazione Bracco
Christine Cerletti-Sarasin Psicologa, mecenate e Presidente Fondazioni Cantilena, Colla Parte, Bau&Kultur di Basilea
Hans Albert Courtial Fondatore e Presidente Generale della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra
Diego Fratelli Docente di musica rinascimentale Conservatorio della Svizzera italiana
François Geinoz Presidente proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità
Francesca Gentile Camerana Fondatrice e Presidente De Sono Associazione per la Musica
Fernanda Giulini Mecenate e collezionista
Robert Kowalski Violino di spalla Orchestra della Svizzera italiana
Anna Kravtchenko Pianista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Hans Liviabella Primo dei secondi violini Orchestra della Svizzera italiana e Primo violino Quartetto Energie Nove
Mario Martinoli Mecenate e Presidente Fondazione ICONS
Cristina Owen-Jones Mecenate e membro del Consiglio di fondazione Orchestra della Svizzera italiana
Francesca Peterlongo Mecenate e Direttore Artistico della Fondazione Pro Canale di Milano
Peter Spinnler Fondatore e Presidente Fondazione Animato
Diana Bracco Presidente e Amministratore delegato del Gruppo Bracco e Presidente di Fondazione Bracco
Christine Cerletti-Sarasin Psicologa, mecenate e Presidente Fondazioni Cantilena, Colla Parte, Bau&Kultur di Basilea
Hans Albert Courtial Fondatore e Presidente Generale della Fondazione Pro Musica e Arte Sacra
Diego Fratelli Docente di musica rinascimentale Conservatorio della Svizzera italiana
François Geinoz Presidente proFonds - Associazione mantello delle fondazioni svizzere di pubblica utilità
Francesca Gentile Camerana Fondatrice e Presidente De Sono Associazione per la Musica
Fernanda Giulini Mecenate e collezionista
Robert Kowalski Violino di spalla Orchestra della Svizzera italiana
Anna Kravtchenko Pianista e docente Conservatorio della Svizzera italiana
Hans Liviabella Primo dei secondi violini Orchestra della Svizzera italiana e Primo violino Quartetto Energie Nove
Mario Martinoli Mecenate e Presidente Fondazione ICONS
Cristina Owen-Jones Mecenate e membro del Consiglio di fondazione Orchestra della Svizzera italiana
Francesca Peterlongo Mecenate e Direttore Artistico della Fondazione Pro Canale di Milano
Peter Spinnler Fondatore e Presidente Fondazione Animato
Ancora su Placido Domingo, un'acuta riflessione letta su 'La Repubblica'
Placido Domingo, il tenore dei tenori, arrivato ancora 'in servizio', sebbene da baritono, non più da tenore ma ancora da direttore, alla veneranda età di 78 anni, ha preso la palla al balzo, dopo le sempre più numerose accuse di molestie - tutte risalenti agli anni Ottanta e Novanta - e per non farsi licenziare da teatri e istituzioni musicali in genere, e con una lettera di protesta contro i 'giudizi sommari fuori dai tribunali per fatti risalenti a molti anni fa, per i quali però si difende dicendo che nessun rapporto vi fu mai senza consenso della diretta interessata', si è dimesso lui alla vigilia del debutto in Macbeth, al Metropolitan ; facendo diventare la sua partecipazione alla generale l'ultima sua apparizione in scena.
Certo i processi si fanno nei tribunali non sui giornali, e prima delle sentenza sarebbe opportuno non assumere decisioni, come se le sentenze fossero state già emesse.
Però su La Repubblica si legge di Domingo che ha messo alla moglie corna quante un cesto di lumache, perchè è sempre stato un ben noto fedifrago seriale e donnaiolo impenitente.
Ora, uno che ogni giorno mette le corna a sua moglie vuoi che non abbia, una volta o l'altra, molestato senza consenso? E' difficile pensarlo: Domingo ha solo voluto giocare d'anticipo, per evitare l'onta del licenziamento.
E comunque la lettera di dimissioni di Domingo somiglia assai al comunicato che Daniele Gatti - mutatis mutandis (è latino e niente ha a che fare con indumenti intimissimi assonanti) - diffuse all'indomani del suo licenziamento da Amsterdam, per non vedersi annullati i vari contratti già sottoscritti. Gatti fregò tutti sul tempo annunciando che disdiceva per i mesi seguenti tutti gli impegni in Europa, per ragioni di salute.
Certo i processi si fanno nei tribunali non sui giornali, e prima delle sentenza sarebbe opportuno non assumere decisioni, come se le sentenze fossero state già emesse.
Però su La Repubblica si legge di Domingo che ha messo alla moglie corna quante un cesto di lumache, perchè è sempre stato un ben noto fedifrago seriale e donnaiolo impenitente.
Ora, uno che ogni giorno mette le corna a sua moglie vuoi che non abbia, una volta o l'altra, molestato senza consenso? E' difficile pensarlo: Domingo ha solo voluto giocare d'anticipo, per evitare l'onta del licenziamento.
E comunque la lettera di dimissioni di Domingo somiglia assai al comunicato che Daniele Gatti - mutatis mutandis (è latino e niente ha a che fare con indumenti intimissimi assonanti) - diffuse all'indomani del suo licenziamento da Amsterdam, per non vedersi annullati i vari contratti già sottoscritti. Gatti fregò tutti sul tempo annunciando che disdiceva per i mesi seguenti tutti gli impegni in Europa, per ragioni di salute.
Grigolo è un tenore del secolo scorso? No, ma ugualmente allunga le mani ( nel suo caso su una corista)
Nelle scorse settimane, quando è scoppiato il caso Placido Domingo - accusato di aver in vario modo molestato, nel corso della sua lunga carriera, decine di donne musiciste, fra orchestrali e cantanti, ma i cui fatti risalgono a non meno di dieci quindici, forse anche venti anni fa - a difesa di Domingo ma anche della 'moralità' del mondo della musica s'era levato un nutrito coro di voci. Ieri potevano accadere queste cose, oggi non più - hanno detto o scritto.
Nel segnalare o denunciare per primo i numerosi casi di molestie ( a donne come a uomini) emersi dalla cronaca, è assai curioso che si sia distinto, in una sorta di specializzazione giornalistica, un famoso quotidiano americano; ma forse sarà solo perché in America è scoppiato il caso Weinstein che ha dato la stura ad infinite denunce, ed anche, forse, a qualche vendetta postuma.
E' anche accaduto che alcune accuse si siano dissolte, come nel caso del nostro Daniele Gatti, con il quale il Concertgebouw ha fatto pace, con tante scuse (ma forse, più semplicemente alla istituzione olandese premeva pubblicare le opere registrate con Gatti e quindi s'è rimangiato l'accusa che aveva accettato su due piedi senza le necessarie verifiche, perchè la tournée programmata negli Usa non ne ricevesse danno alcuno dalla presenza di Gatti sul podio della sua orchestra).
Comunque abbiamo letto, in più di un caso, la seguente convinta rassicurazione: oggi queste cose non accadono più, né potrebbero più accadere, perché i rapporti fra musicisti con potere e musicisti senza, anche nel mondo della musica, sono profondamente mutati.
In meglio, ovviamente, altrimenti era meglio lasciare quelli di prima.
E invece no, possono accadere, anzi accadono pure oggi . Come nel caso del tenore Vittorio Grigolo, idolatrato dal pubblico, il quale nel corso della tournée che il Covent Garden sta effettuando in Giappone (cantava nel Faust di Gounod diretto da Pappano) avrebbe allungato le mani su una corista ( più precisamente: ha palpeggiato una corista durante le chiamate del pubblico a fine recita, davanti agli altri coristi che, accortisi della cosa, sono rimasti imbarazzati, anzi di stucco ed hanno protestato apertamente in difesa della collega!). I vertici del teatro hanno avviato una indagine ( della quale forse non c'era neanche bisogno se le cose stanno come si è detto) ma evidentemente convinti della molestia, hanno rimandato in Italia sul primo aereo Grigolo, che ha dovuto per questo saltare l'ultima recita del Faust, ma che fra poco, è atteso alla Scala.
L'’ufficio stampa del Covent Garden ha ammesso: “A seguito di un presunto incidente avvenuto il 18 settembre con il tenore italiano Vittorio Grigolo, la Royal Opera House ha avviato un'indagine immediata e il sig. Grigolo è stato sospeso. Non siamo in grado di commentare ulteriormente la questione ma confermiamo le indagini sull’incidente”. La stampa britannica ha ricordato che nel 2015, in un’intervista a “Vanity Fair”, il tenorissimo - seppur con tono scherzoso - dichiarò: “Sono un drogato di sesso, amo le donne mature, quelle vere, il sesso è un bisogno fisico”.
Che faranno a Milano? prenderanno per buona l'accusa dei dirigenti del Covent Garden e rescinderanno il contratto? Oppure vi passeranno sopra, come hanno fatto nel caso di Domingo, sia a Milano che a Salisburgo, e con Gatti a Roma?
Ultimissime:
poche ore fa Placido Domingo, travolto dalle accuse di alcune donne (sesso in cambio di ingaggi negli anni ‘80) ha rinunciato a cantare nel Macbeth alla Metropolitan Opera. Il direttore Gelb non solo ha accettato le dimissioni di Domingo, ma contemporaneamente ha anche cancellato i contratti di Grigolo. Al contrario il La Scala ha confermato le date di ottobre della rappresentazione Elisir: Grigolo sarà Nemorino.
Riassunto delle puntate precedenti:
Nell'ultimo anno il movimento #MeToo contro le molestie sessuali ha scosso anche il mondo della musica classica e dell'opera con gravi conseguenze per gli artisti coinvolti. L'estate scorsa è toccato a Daniele Gatti, licenziato dalla Concertgebouw Orchestra per "comportamento inappropriato". Nel marzo 2018 il Metropolitan Opera House di New York ha interrotto i rapporti con James Levine e pochi mesi prima tre cantanti d'opera hanno accusato di molestie il direttore svizzero Charles Dutoit.
Nel segnalare o denunciare per primo i numerosi casi di molestie ( a donne come a uomini) emersi dalla cronaca, è assai curioso che si sia distinto, in una sorta di specializzazione giornalistica, un famoso quotidiano americano; ma forse sarà solo perché in America è scoppiato il caso Weinstein che ha dato la stura ad infinite denunce, ed anche, forse, a qualche vendetta postuma.
E' anche accaduto che alcune accuse si siano dissolte, come nel caso del nostro Daniele Gatti, con il quale il Concertgebouw ha fatto pace, con tante scuse (ma forse, più semplicemente alla istituzione olandese premeva pubblicare le opere registrate con Gatti e quindi s'è rimangiato l'accusa che aveva accettato su due piedi senza le necessarie verifiche, perchè la tournée programmata negli Usa non ne ricevesse danno alcuno dalla presenza di Gatti sul podio della sua orchestra).
Comunque abbiamo letto, in più di un caso, la seguente convinta rassicurazione: oggi queste cose non accadono più, né potrebbero più accadere, perché i rapporti fra musicisti con potere e musicisti senza, anche nel mondo della musica, sono profondamente mutati.
In meglio, ovviamente, altrimenti era meglio lasciare quelli di prima.
E invece no, possono accadere, anzi accadono pure oggi . Come nel caso del tenore Vittorio Grigolo, idolatrato dal pubblico, il quale nel corso della tournée che il Covent Garden sta effettuando in Giappone (cantava nel Faust di Gounod diretto da Pappano) avrebbe allungato le mani su una corista ( più precisamente: ha palpeggiato una corista durante le chiamate del pubblico a fine recita, davanti agli altri coristi che, accortisi della cosa, sono rimasti imbarazzati, anzi di stucco ed hanno protestato apertamente in difesa della collega!). I vertici del teatro hanno avviato una indagine ( della quale forse non c'era neanche bisogno se le cose stanno come si è detto) ma evidentemente convinti della molestia, hanno rimandato in Italia sul primo aereo Grigolo, che ha dovuto per questo saltare l'ultima recita del Faust, ma che fra poco, è atteso alla Scala.
L'’ufficio stampa del Covent Garden ha ammesso: “A seguito di un presunto incidente avvenuto il 18 settembre con il tenore italiano Vittorio Grigolo, la Royal Opera House ha avviato un'indagine immediata e il sig. Grigolo è stato sospeso. Non siamo in grado di commentare ulteriormente la questione ma confermiamo le indagini sull’incidente”. La stampa britannica ha ricordato che nel 2015, in un’intervista a “Vanity Fair”, il tenorissimo - seppur con tono scherzoso - dichiarò: “Sono un drogato di sesso, amo le donne mature, quelle vere, il sesso è un bisogno fisico”.
Che faranno a Milano? prenderanno per buona l'accusa dei dirigenti del Covent Garden e rescinderanno il contratto? Oppure vi passeranno sopra, come hanno fatto nel caso di Domingo, sia a Milano che a Salisburgo, e con Gatti a Roma?
Ultimissime:
poche ore fa Placido Domingo, travolto dalle accuse di alcune donne (sesso in cambio di ingaggi negli anni ‘80) ha rinunciato a cantare nel Macbeth alla Metropolitan Opera. Il direttore Gelb non solo ha accettato le dimissioni di Domingo, ma contemporaneamente ha anche cancellato i contratti di Grigolo. Al contrario il La Scala ha confermato le date di ottobre della rappresentazione Elisir: Grigolo sarà Nemorino.
Riassunto delle puntate precedenti:
Nell'ultimo anno il movimento #MeToo contro le molestie sessuali ha scosso anche il mondo della musica classica e dell'opera con gravi conseguenze per gli artisti coinvolti. L'estate scorsa è toccato a Daniele Gatti, licenziato dalla Concertgebouw Orchestra per "comportamento inappropriato". Nel marzo 2018 il Metropolitan Opera House di New York ha interrotto i rapporti con James Levine e pochi mesi prima tre cantanti d'opera hanno accusato di molestie il direttore svizzero Charles Dutoit.
mercoledì 25 settembre 2019
La VERA storia APOCRIFA di Carlo Gesualdo, Prinicipe di Venosa
La storia di Carlo Gesualdo, come è narrata da Andrea Tarabbia, in Madrigale senza suono, sottotitolo: Morte di Carlo Gesualdo, Principe di Venosa - sorta di romanzo storico, pubblicato da Bollati Boringhieri, vincitore del Campiello 2019 ( premiato al Teatro La Fenice che, per quegli stessi giorni, aveva programmato - singolare coincidenza premonitrice - ma un anno prima Luci mie Traditrici di Salvatore Sciarrino, che da un episodio, il più efferato di quella storia si è fatto ispirare per quella che è considerata la sua opera più rappresentata nel mondo) comincia in una strada di Napoli, all'interno di una libreria antiquaria, dove si sono recati - nel corso di una visita in Campania, Igor Strawinsy e Robert Craft, intenti a studiare musicisti e musiche dell'epoca d'oro napoletana, ma anche l'amatissimo Carlo Gesualdo, al quale Strawinsky sta per erigere il suo musicale Monumentum pro Gesualdo, scritto nel 1960.
Nel corso di quella loro sosta nella libreria antiquaria, a contatto con il libraio, antico e sorprendente e con un altrettanto sorprendente cliente sopraggiunto, Strawinsky acquista - pagandola cara - una curiosa Cronaca della vita di Carlo Gesualdo Principe di Venosa, del signor Gioachino Ardytti, servitore fedele - come recita il frontespizio del manoscritto in lingua italiana, che reca la data' In Gesualdo MDCXIII'. Scritta fra il 22 agosto e l'8 settembre del 1613, data della morte del Principe nel castello di Gesualdo, nato a Venosa l'8 marzo 1566.
Il romanzo si apre con una lunga lettera, datata 'Los Angeles, gennaio 1960', che Strawinsky scrive al prof. Glenn E. Watkins, autore della prima biografia gesualdiana, restata una pietra miliare negli studi sul celebre musicista, principe assassino, nella quale racconta dell'eccezionale ritrovamento con la promessa che gliela invierà - non senza farsela prima tradurre per poterla eventualmente leggere - e chiedendo a sua volta la promessa del ritorno di un suo parere di 'studioso' sulla curiosa biografia. Il romanzo si chiude, giusto, con la lettera di risposta di Watkins a Strawinsky, aprés la lecture del manoscritto, inviata da Napoli, febbraio 1960. Circa un mese dopo la lettera del compositore che accompagnava l'invio della ritrovata Cronaca, precisando:non so della sua autenticità, lei la legga, in ogni caso, come un romanzo.
Nel mezzo, per 350 pagine circa, si snoda una storia parallela: la vita di Gesualdo, narrata da Gioachino Ardytti ( che poteva essere costui?) - un nano deforme che il principe avrebbe incontrato a Roma dai Gesuiti dove, molto giovane, era stato mandato a studiare, prima di essere designato erede del vastissimo e ricco casato - senza ordine cronologico, ma vista attraverso gli occhi e le riflessioni di uno che dal loro primo incontro e fino alla comune morte nel castello di Gesualdo, non si è mai staccato dal suo padrone; e la vita di Strawinsky che è alle prese con il suo Monumentum, e che alla stregua del principe musicista è attraversato, nel momento della composizione, da dubbi e problemi e che nessuna circostanza lo avrebbe condotto al gesto estremo che segnò la vita e la musica, un misto di orrore e bellezza, del Principe: l'uccisione dell'amatissima moglie, per tradimento.
Tarabbia ha certamente studiato gli studi su Gesualdo ed anche quelli su Strawinsky a cominciare da quelli scritti a quattro mani con Robert Craft, ed anche gli scritti propri ed i pensieri sulla musica del musicista, compresa quella sua minuscola ma preziosissima allo steso tempo Poetica della musica.
Senza tali letture, approfondite, e senza l'ausilio degli studiosi elencati nei ringraziamenti dell'autore alla fine del volume, con tutta la fantasia ed invenzione possibili, difficilmente avrebbe potuto dar peso e verosimiglianza alla trama assai ricca a variegata del suo romanzo. Nel quale trovano luogo vere e proprie invenzioni, incarnate in due figure sopra tutte le altre: la dama di Leonora d'Este, Aurelia ( la quale per tenersi stretto il Principe, con il quale ha avuto una relazione, ma soprattutto per folle gelosia, gli dà da mangiare del pane intinto nella sua 'fessa' e liquidi altrettanto vomitevoli - beh, solo una sfrenata fantasia avrebbe potuto aggiungere simili particolari ad una vita già tanto avventurosa ed inusuale ); e il 'mostro' Ignazio, che vede la luce del palazzo di Gesualdo, da adulto e solo alla fine del romanzo, e che è sempre vissuto, come un animale, in una cella sotterranea, fin da quando era arrivato a Gesualdo, in fasce, dopo che proprio il nostro Gioachino, del manipolo di servi assassini che avevano trucidato Maria d'Avalos ed il suo amante, lo aveva letteralmente estratto con le proprie mani dal ventre della fedifraga, dopo aver anche lui abusato del cadavere della donna). E con ciò la misura è colma.
Strawinsky mentre legge assieme a noi la Cronaca, che ha inviata a Watkins, ci fa entrare nel suo laboratorio segreto di compositore, e nei segreti dei suoi affari di quegli anni: le commissioni, gli impresari, gli esecutori, dove era difficile inventarsi qualcosa, per la vicinanza di quegli accadimenti, per i quali Tarabbia ha scartabellato documenti e carte del musicista, che per primo pose all'attenzione del mondo musicale la figura e l'opera di Gesualdo.
Perchè Strawinsky? Verosimilmente perché lui sta scrivendo un omaggio a Gesualdo e vuole di lui sapere tutto, ma anche per sottolineare che i riflettori su Gesualdo li ha accesi di fatto un musicista più che lo stesso Watkins, uno studioso.
Il romanzo si chiude, dicevamo, con la lettera di risposta di Watkins dopo la lettura della cronaca, contenente anche la risposta ai dubbi di Strawinsky sulla sua autenticità. E la risposta è quella di uno studioso e attento filologo: la cronaca contiene fatti e elementi che solo i recenti studi su Gesualdo hanno reso di pubblico dominio. Dunque, conclude, non può che averla scritta un moderno, e perciò è da considerare apocrifa. Magari, nell'invenzione del romanzo, lo stesso Strawinsky?
Comunque si legge d'un fiato e merita una lettura. Appassiona.
Nel corso di quella loro sosta nella libreria antiquaria, a contatto con il libraio, antico e sorprendente e con un altrettanto sorprendente cliente sopraggiunto, Strawinsky acquista - pagandola cara - una curiosa Cronaca della vita di Carlo Gesualdo Principe di Venosa, del signor Gioachino Ardytti, servitore fedele - come recita il frontespizio del manoscritto in lingua italiana, che reca la data' In Gesualdo MDCXIII'. Scritta fra il 22 agosto e l'8 settembre del 1613, data della morte del Principe nel castello di Gesualdo, nato a Venosa l'8 marzo 1566.
Il romanzo si apre con una lunga lettera, datata 'Los Angeles, gennaio 1960', che Strawinsky scrive al prof. Glenn E. Watkins, autore della prima biografia gesualdiana, restata una pietra miliare negli studi sul celebre musicista, principe assassino, nella quale racconta dell'eccezionale ritrovamento con la promessa che gliela invierà - non senza farsela prima tradurre per poterla eventualmente leggere - e chiedendo a sua volta la promessa del ritorno di un suo parere di 'studioso' sulla curiosa biografia. Il romanzo si chiude, giusto, con la lettera di risposta di Watkins a Strawinsky, aprés la lecture del manoscritto, inviata da Napoli, febbraio 1960. Circa un mese dopo la lettera del compositore che accompagnava l'invio della ritrovata Cronaca, precisando:non so della sua autenticità, lei la legga, in ogni caso, come un romanzo.
Nel mezzo, per 350 pagine circa, si snoda una storia parallela: la vita di Gesualdo, narrata da Gioachino Ardytti ( che poteva essere costui?) - un nano deforme che il principe avrebbe incontrato a Roma dai Gesuiti dove, molto giovane, era stato mandato a studiare, prima di essere designato erede del vastissimo e ricco casato - senza ordine cronologico, ma vista attraverso gli occhi e le riflessioni di uno che dal loro primo incontro e fino alla comune morte nel castello di Gesualdo, non si è mai staccato dal suo padrone; e la vita di Strawinsky che è alle prese con il suo Monumentum, e che alla stregua del principe musicista è attraversato, nel momento della composizione, da dubbi e problemi e che nessuna circostanza lo avrebbe condotto al gesto estremo che segnò la vita e la musica, un misto di orrore e bellezza, del Principe: l'uccisione dell'amatissima moglie, per tradimento.
Tarabbia ha certamente studiato gli studi su Gesualdo ed anche quelli su Strawinsky a cominciare da quelli scritti a quattro mani con Robert Craft, ed anche gli scritti propri ed i pensieri sulla musica del musicista, compresa quella sua minuscola ma preziosissima allo steso tempo Poetica della musica.
Senza tali letture, approfondite, e senza l'ausilio degli studiosi elencati nei ringraziamenti dell'autore alla fine del volume, con tutta la fantasia ed invenzione possibili, difficilmente avrebbe potuto dar peso e verosimiglianza alla trama assai ricca a variegata del suo romanzo. Nel quale trovano luogo vere e proprie invenzioni, incarnate in due figure sopra tutte le altre: la dama di Leonora d'Este, Aurelia ( la quale per tenersi stretto il Principe, con il quale ha avuto una relazione, ma soprattutto per folle gelosia, gli dà da mangiare del pane intinto nella sua 'fessa' e liquidi altrettanto vomitevoli - beh, solo una sfrenata fantasia avrebbe potuto aggiungere simili particolari ad una vita già tanto avventurosa ed inusuale ); e il 'mostro' Ignazio, che vede la luce del palazzo di Gesualdo, da adulto e solo alla fine del romanzo, e che è sempre vissuto, come un animale, in una cella sotterranea, fin da quando era arrivato a Gesualdo, in fasce, dopo che proprio il nostro Gioachino, del manipolo di servi assassini che avevano trucidato Maria d'Avalos ed il suo amante, lo aveva letteralmente estratto con le proprie mani dal ventre della fedifraga, dopo aver anche lui abusato del cadavere della donna). E con ciò la misura è colma.
Strawinsky mentre legge assieme a noi la Cronaca, che ha inviata a Watkins, ci fa entrare nel suo laboratorio segreto di compositore, e nei segreti dei suoi affari di quegli anni: le commissioni, gli impresari, gli esecutori, dove era difficile inventarsi qualcosa, per la vicinanza di quegli accadimenti, per i quali Tarabbia ha scartabellato documenti e carte del musicista, che per primo pose all'attenzione del mondo musicale la figura e l'opera di Gesualdo.
Perchè Strawinsky? Verosimilmente perché lui sta scrivendo un omaggio a Gesualdo e vuole di lui sapere tutto, ma anche per sottolineare che i riflettori su Gesualdo li ha accesi di fatto un musicista più che lo stesso Watkins, uno studioso.
Il romanzo si chiude, dicevamo, con la lettera di risposta di Watkins dopo la lettura della cronaca, contenente anche la risposta ai dubbi di Strawinsky sulla sua autenticità. E la risposta è quella di uno studioso e attento filologo: la cronaca contiene fatti e elementi che solo i recenti studi su Gesualdo hanno reso di pubblico dominio. Dunque, conclude, non può che averla scritta un moderno, e perciò è da considerare apocrifa. Magari, nell'invenzione del romanzo, lo stesso Strawinsky?
Comunque si legge d'un fiato e merita una lettura. Appassiona.
Placido Domingo pensionato costretto dalle accuse di molestie
Placido Domingo ha disdetto la propria presenza al Metropolitan Opera di New York (Met), a poche ore dall'inizio del Macbeth di Giuseppe Verdi. Il tenore, coinvolto in uno scandalo di moleste sessuali, ha fatto sapere che non tornera' al teatro. Il ritiro di Domingo, spiega il New York Times, è arrivato dopo che molti tra gli addetti avevano espresso perplessità sulla sua presenza. Altre istituzioni musicali, come la Philadelphia Orchestra e la San Francisco Opera, hanno già annullato date che prevedevamo la presenza di Domingo.
CIMABUE appeso in cucina
Per anni una signora di Compiègne, comune francese a nord di Parigi, ha tenuto appeso in casa un quadro dipinto da Cimabue, senza sapere che era l'opera di uno dei maggiori pittori del XIII secolo. Ora dovrà trovare qualcosa di diverso da appendere, ma in cambio potrebbe ritrovarsi in tasca una cifra compresa fra i 3,5 e i 5,5 milioni di euro: è quanto si stima che il Cimabue possa fruttare all'asta che si terrà il 27 ottobre.
Un laboratorio di periti ha certificato che si tratta del 'Cristo deriso', una tavola di 26 centimetri per 20 che si credeva perduta e che faceva probabilmente parte di un dittico risalente all'anno 1280, periodo nel quale il pittore ha realizzato otto scene raffiguranti la passione e la crocifissione di Cristo. Tavole simili sono conservate presso la Frick Collection di New York e all'interno della National Gallery di Londra.
Secondo quanto raccontato dai media, la signora in questione era convinta che il suo quadro fosse una banale icona sacra, senza particolare valore. Tanto che la teneva appesa poco lontano dai fornelli della cucina, un luogo decisamente poco adatto alla conservazione di un pezzo di storia dell'arte. Un giorno ha deciso di farla valutare e agli esperti è venuto un colpo.
Tempo una manciata di indagini ed è stata certificata l'appartenenza a Cimabue, insieme all'opportunità di destinarla a un luogo diverso dalla cucina di un'abitazione. Arriviamo così all'annuncio della messa all'asta: il valore stimato si aggira appunto fra i 3,5 e i 5,5 milioni di euro.
Un laboratorio di periti ha certificato che si tratta del 'Cristo deriso', una tavola di 26 centimetri per 20 che si credeva perduta e che faceva probabilmente parte di un dittico risalente all'anno 1280, periodo nel quale il pittore ha realizzato otto scene raffiguranti la passione e la crocifissione di Cristo. Tavole simili sono conservate presso la Frick Collection di New York e all'interno della National Gallery di Londra.
Secondo quanto raccontato dai media, la signora in questione era convinta che il suo quadro fosse una banale icona sacra, senza particolare valore. Tanto che la teneva appesa poco lontano dai fornelli della cucina, un luogo decisamente poco adatto alla conservazione di un pezzo di storia dell'arte. Un giorno ha deciso di farla valutare e agli esperti è venuto un colpo.
Tempo una manciata di indagini ed è stata certificata l'appartenenza a Cimabue, insieme all'opportunità di destinarla a un luogo diverso dalla cucina di un'abitazione. Arriviamo così all'annuncio della messa all'asta: il valore stimato si aggira appunto fra i 3,5 e i 5,5 milioni di euro.
Conservatorio Casella. L'aquila. Il vice direttore è stato eletto direttore; ma il direttore uscente continuerà a fare il direttore di fatto, fino a quando...
Al secondo scrutinio, la distanza fra i due candidati più votati al primo, si è allargata, e il celebre organista Di Massimantonio - vice dell'attuale direttore Piermarini, altro celebre organista - prenderà, per volere degli insegnanti del Conservatorio, sessanta contro quaranta (quanti i voti andati a Giamacco) - il posto dell'attuale direttore, alla fine di ottobre.
Di questa manovra, abilmente costruita a tavolino dai due , da tempo, si andava mormorando dentro e fuori il Conservatorio, senza che qualcuno delle numerose menti illuminate di quel Conservatorio, pensasse a sventarla.
Perchè mentre si mormorava della manovra, si aggiungeva anche che, appena possibile ( cioè in un ragionevole tempo che non faccia pensare a qualcosa di illegale) Di Massimantonio si sarebbe dimesso e, alle elezioni successive passato un giro dopo due mandati consecutivi, Piermarini sarebbe tornato alla direzione del Conservatorio. Per la semplice ragione che un Conservatorio non poteva fare a meno di una guida così illuminata.
Questo è ciò che pensano, ed anzi di cui sono convinti, tutti coloro che hanno avallato questa manovra, in nome della politica del 'lascia vivere' che sicuramente è stata alla base della direzione del primo dei due organisti. Formalmente legale, ma solo formalmente o forse neanche formalmente, visto che il progetto della successiva elezione di Piermarini è alla base di detta manovra che dunque risulterebbe ingannevole.
Se tutto ciò dovesse verificarsi, il Ministero non può stare alla finestra a guardare, ma non autorizzare le successive elezioni, e mandare un commissario.
E noi che avevamo atteso la fine del mandato di Piermarini per tornare, dopo sei anni sei, a visitare il nostro Conservatorio, anche per verificare le condizioni in cui Piermarini ha tenuto, in ragione della sua cultura organologica vastissima, uno strumento storico che regalammo al Conservatorio all'indomani del terremoto, dovremo rinunciarvi definitivamente.
Non senza, però, aver augurato al Conservatorio che non vada in malora, come molte voci, sussurrate per non finire vittime delle purghe dell'attuale direttore, ci fanno temere.
Di questa manovra, abilmente costruita a tavolino dai due , da tempo, si andava mormorando dentro e fuori il Conservatorio, senza che qualcuno delle numerose menti illuminate di quel Conservatorio, pensasse a sventarla.
Perchè mentre si mormorava della manovra, si aggiungeva anche che, appena possibile ( cioè in un ragionevole tempo che non faccia pensare a qualcosa di illegale) Di Massimantonio si sarebbe dimesso e, alle elezioni successive passato un giro dopo due mandati consecutivi, Piermarini sarebbe tornato alla direzione del Conservatorio. Per la semplice ragione che un Conservatorio non poteva fare a meno di una guida così illuminata.
Questo è ciò che pensano, ed anzi di cui sono convinti, tutti coloro che hanno avallato questa manovra, in nome della politica del 'lascia vivere' che sicuramente è stata alla base della direzione del primo dei due organisti. Formalmente legale, ma solo formalmente o forse neanche formalmente, visto che il progetto della successiva elezione di Piermarini è alla base di detta manovra che dunque risulterebbe ingannevole.
Se tutto ciò dovesse verificarsi, il Ministero non può stare alla finestra a guardare, ma non autorizzare le successive elezioni, e mandare un commissario.
E noi che avevamo atteso la fine del mandato di Piermarini per tornare, dopo sei anni sei, a visitare il nostro Conservatorio, anche per verificare le condizioni in cui Piermarini ha tenuto, in ragione della sua cultura organologica vastissima, uno strumento storico che regalammo al Conservatorio all'indomani del terremoto, dovremo rinunciarvi definitivamente.
Non senza, però, aver augurato al Conservatorio che non vada in malora, come molte voci, sussurrate per non finire vittime delle purghe dell'attuale direttore, ci fanno temere.
martedì 24 settembre 2019
Dove è finito il 'PRIMA GLI ITALIANI' di Salvini, il NERO' e della Lega? A bloccare di fatto il Parlamento, attraverso le Commissioni
L'avevano preannunciato. Era il trappolone leghista, il Vietnam parlamentare. L'ultima arma rimasta al Carroccio, dopo essere scivolato fuori dal governo in seguito alla crisi politica aperta da Matteo Salvini, per mettere i bastoni fra le ruote all'esecutivo giallorosso formato da Movimento 5 stelle e Partito democratico: quella delle Commissioni parlamentari.
La Lega non ha mollato. E ora ha cominciato a sfruttare in chiave ostruzionistica. Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ha infatti annunciato: «Questo pomeriggio (il 24 settembre, ndr) per due volte consecutive è saltata la seduta della prima Commissione del Senato per la mancanza del numero legale richiesto. Da adesso i signori della maggioranza di Palazzo impareranno cosa significa avere un movimento come la Lega che fa opposizione! Glielo avevo premesso. E questo è solo l'inizio! Per ora. Lega-maggioranza 1-0».
IN MANO AI LEGHISTI ANCORA 11 COMMISSIONI
Sono 11 le Commissioni in mano al partito di Salvini. Claudio Borghi è il presidente della Bilancio, poi alla Camera il Carroccio controlla anche Ambiente (con Alessandro Manuel Benvenuto), Trasporti (Alessandro Morelli), Attività produttive (Barbara Saltamartini) e Lavoro (Andrea Giaccone).
Passando al Senato invece, Alberto Bagnai presiede la Finanze, Stefano Borghesi gli Affari costituzionali, che deve esprimere pareri anche sull'eventuale riforma elettorale. A Palazzo Madama sono rimaste "verdi" Giustizia (Andrea Ostellari), Difesa (Donatella Tesei), Istruzione (Mario Pittoni) e Agricoltura (Ganpaolo Vallardi).
RINNOVO NON PRIMA DEL 2020
Le Commissioni possono essere rinnovate, ma non prima di due anni: nel caso la questione può dunque essere affrontata solo nel 2020. Dopo la nascita della nuova maggioranza, i leghisti avrebbero anche potuto dimettersi. Ma hanno preferito restare in trincea, anche se accusavano "gli altri" di essere attaccati alla poltrona. Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo aveva "minacciato" così dem e grillini: «Non ci pensiamo proprio ad andarcene, li faremo impazzire fino alla fine».
LA SOLUZIONE ESTREMA: DIMISSIONI DI MASSA
Cosa può fare la maggioranza per non restare imbrigliata? Una soluzione estrema può essere quella del "bazooka" - e qui il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi non c'entra -, cioè la possibilità di dimettersi in massa per provocare la nascita di nuove Commissioni con nuovi presidenti. Una mossa suggerita dai costituzionalisti Salvatore Curreri e Francesco Clementi.
La Lega non ha mollato. E ora ha cominciato a sfruttare in chiave ostruzionistica. Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, ha infatti annunciato: «Questo pomeriggio (il 24 settembre, ndr) per due volte consecutive è saltata la seduta della prima Commissione del Senato per la mancanza del numero legale richiesto. Da adesso i signori della maggioranza di Palazzo impareranno cosa significa avere un movimento come la Lega che fa opposizione! Glielo avevo premesso. E questo è solo l'inizio! Per ora. Lega-maggioranza 1-0».
IN MANO AI LEGHISTI ANCORA 11 COMMISSIONI
Sono 11 le Commissioni in mano al partito di Salvini. Claudio Borghi è il presidente della Bilancio, poi alla Camera il Carroccio controlla anche Ambiente (con Alessandro Manuel Benvenuto), Trasporti (Alessandro Morelli), Attività produttive (Barbara Saltamartini) e Lavoro (Andrea Giaccone).
Passando al Senato invece, Alberto Bagnai presiede la Finanze, Stefano Borghesi gli Affari costituzionali, che deve esprimere pareri anche sull'eventuale riforma elettorale. A Palazzo Madama sono rimaste "verdi" Giustizia (Andrea Ostellari), Difesa (Donatella Tesei), Istruzione (Mario Pittoni) e Agricoltura (Ganpaolo Vallardi).
RINNOVO NON PRIMA DEL 2020
Le Commissioni possono essere rinnovate, ma non prima di due anni: nel caso la questione può dunque essere affrontata solo nel 2020. Dopo la nascita della nuova maggioranza, i leghisti avrebbero anche potuto dimettersi. Ma hanno preferito restare in trincea, anche se accusavano "gli altri" di essere attaccati alla poltrona. Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo aveva "minacciato" così dem e grillini: «Non ci pensiamo proprio ad andarcene, li faremo impazzire fino alla fine».
LA SOLUZIONE ESTREMA: DIMISSIONI DI MASSA
Cosa può fare la maggioranza per non restare imbrigliata? Una soluzione estrema può essere quella del "bazooka" - e qui il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi non c'entra -, cioè la possibilità di dimettersi in massa per provocare la nascita di nuove Commissioni con nuovi presidenti. Una mossa suggerita dai costituzionalisti Salvatore Curreri e Francesco Clementi.
lunedì 23 settembre 2019
Salvini contro l'accordo raggiunto a La Valletta: ora vede gli sbarchi non ufficiali che un tempo non vedeva anzi non considerava nel conto dei migranti sbarcati in Italia. E invita i sindaci leghisti a disubbidire alle leggi
E' per il 99% una presa in giro" e per il resto "una calata di braghe": così il leader leghista, Matteo Salvini, ha commentato l'accordo sui migranti raggiunto a La Valletta, intervenendo a Tg2 Post. "I numeri mi dicono che verranno forse redistribuiti il 10% di quelli arrivati e, nel frattempo, a settembre gli arrivi sono aumentati del 50%", ha spiegato Salvini. La redistribuzione, infatti, riguarderebbe solo i migranti salvati dalle Ong che sono il 10% del totale di quelli arrivati in Italia, ha aggiunto.
Per il leader leghista se da parte dei partner europei "c'è un atteggiamento diverso" è "perché quel brutto e cattivo di Salvini ha sollevato il problema". In ogni caso, ha osservato ancora l'ex vicepremier, "dove c'è un sindaco della Lega, se verrà chiamato per redistribuire i migranti sul territorio, risponderà cortesemente: 'No, grazie'".
Per il leader leghista se da parte dei partner europei "c'è un atteggiamento diverso" è "perché quel brutto e cattivo di Salvini ha sollevato il problema". In ogni caso, ha osservato ancora l'ex vicepremier, "dove c'è un sindaco della Lega, se verrà chiamato per redistribuire i migranti sul territorio, risponderà cortesemente: 'No, grazie'".
I 100 migliori libri del secolo. Speriamo non siano come i 100 personaggi più influenti del secolo, fra i quali anche perfetti sconosciuti inutili
Dopo la discussa classifica dei 100 film più belli del 21esimo secolo, The Guardian torna sull’argomento declinando stavolta la stessa chart sui romanzi. Secondo quanto decretato dal quotidiano anglosassone sarebbe “Wolf Hall” di Hilary Mantel, il romanzo più bello del nostro secolo. Il libro in questione da parte della cosiddetta “trilogia di Thomas Cromwell”, biografia fittizia che racconta l’ascesa al potere del I conte di Essex nella corte di Enrico VIII d'Inghilterra. Il terzo romanzo della saga è attualmente in lavorazione, i primi due capitoli sono valsi alla Mantel due Booker Prize, nel 2009 e nel 2012, prima donna della storia ad essere insignita due volte del prestigio premio.
Secondo posto che va a Marilynne Robinson, autrice, nel 2004, di “Gilead”, un romanzo di fatto filosofico in cui un segmento di storia degli Stati Uniti viene raccontata attraverso la voce dell’anziano predicatore John Ames, sottoforma di lettera ad un figlio che, già sa, non riuscirà mai a vedere adulto; “Ci sono migliaia di ragioni per vivere questa vita, - scrive nel libro Ames - ognuna delle quali è sufficiente”. “Gilead” è valso alla sua autrice il Premio Pulitzer per la narrativa.
Ancora una donna a completare il podio, si tratta di Svetlana Alexievich e il titolo della sua opera è “Secondhand Time” (in Italia “Tempo di seconda mano”). “Il premio Nobel bielorusso – come scrive The Guardian, motivando la scelta - ha registrato migliaia di ore di testimonianze della gente comune per creare questa storia orale dell'Unione Sovietica e la sua fine. Scrittori, camerieri, dottori, soldati, ex apparatchik del Cremlino, sopravvissuti ai gulag: a tutti viene dato spazio per raccontare le loro storie, condividere rabbia e tradimento, ed esprimere le loro preoccupazioni per la transizione al capitalismo. Un libro indimenticabile, che è sia un atto di catarsi sia una profonda dimostrazione di empatia”.
Come già successo nella classifica relativa al cinema, anche per quanto riguarda i libri l’Italia riesce a ritagliarsi due slot, il primo risulta anche abbastanza alto in classifica e si tratta del primo romanzo della saga de’ “L’amica geniale” di Elena Ferrante, del 2011, che troviamo all’undicesimo posto, piazzandosi davanti a mostri sacri della letteratura mondiale come Philip Roth e Stephen King. The Guardian motiva la scelta così: “Potentemente intima e spudoratamente domestica, la prima parte della serie napoletana della Ferrante la affermò come un vero e proprio caso letterario. Questo e i tre romanzi che si sono poi succeduti, hanno documentato come la misoginia e la violenza potessero determinare la vita, così come la storia, dell'Italia alla fine del XX secolo”.
La seconda posizione riservata ad un autore nostrano è la 66 dove troviamo Carlo Rovelli con il suo “Sette brevi lezioni di fisica”, pubblicato da Adelphi nell'ottobre del 2014. Romanzo dalla genesi strana che ha stupito tutti, compresa la casa editrice che in prima tiratura aveva considerato appena 3 mila copie e al quale non aveva nemmeno concesso chissà quale campagna promozionale; a dicembre del 2015, dopo 19 edizioni e soltanto in Italia, le copie vendute risultarono essere 300 mila; aumentate poi di un milione quando il libro è stato esportato e tradotto in 42 lingue diverse.
La struttura è abbastanza lineare, sette semplici spiegazioni di quelle che sono considerate tappe fondamentali nella storia della fisica: teoria della relatività, teoria dei quanti, struttura del cosmo, particelle, origine del cosmo, buchi neri e natura del calore e il ruolo dell’uomo. Scorrevole, divertente, capace di declinare argomenti altamente tecnici con un linguaggio accessibile a tutti ma soprattutto, interessante per tutti. Imperdibile.
Secondo posto che va a Marilynne Robinson, autrice, nel 2004, di “Gilead”, un romanzo di fatto filosofico in cui un segmento di storia degli Stati Uniti viene raccontata attraverso la voce dell’anziano predicatore John Ames, sottoforma di lettera ad un figlio che, già sa, non riuscirà mai a vedere adulto; “Ci sono migliaia di ragioni per vivere questa vita, - scrive nel libro Ames - ognuna delle quali è sufficiente”. “Gilead” è valso alla sua autrice il Premio Pulitzer per la narrativa.
Ancora una donna a completare il podio, si tratta di Svetlana Alexievich e il titolo della sua opera è “Secondhand Time” (in Italia “Tempo di seconda mano”). “Il premio Nobel bielorusso – come scrive The Guardian, motivando la scelta - ha registrato migliaia di ore di testimonianze della gente comune per creare questa storia orale dell'Unione Sovietica e la sua fine. Scrittori, camerieri, dottori, soldati, ex apparatchik del Cremlino, sopravvissuti ai gulag: a tutti viene dato spazio per raccontare le loro storie, condividere rabbia e tradimento, ed esprimere le loro preoccupazioni per la transizione al capitalismo. Un libro indimenticabile, che è sia un atto di catarsi sia una profonda dimostrazione di empatia”.
Come già successo nella classifica relativa al cinema, anche per quanto riguarda i libri l’Italia riesce a ritagliarsi due slot, il primo risulta anche abbastanza alto in classifica e si tratta del primo romanzo della saga de’ “L’amica geniale” di Elena Ferrante, del 2011, che troviamo all’undicesimo posto, piazzandosi davanti a mostri sacri della letteratura mondiale come Philip Roth e Stephen King. The Guardian motiva la scelta così: “Potentemente intima e spudoratamente domestica, la prima parte della serie napoletana della Ferrante la affermò come un vero e proprio caso letterario. Questo e i tre romanzi che si sono poi succeduti, hanno documentato come la misoginia e la violenza potessero determinare la vita, così come la storia, dell'Italia alla fine del XX secolo”.
La seconda posizione riservata ad un autore nostrano è la 66 dove troviamo Carlo Rovelli con il suo “Sette brevi lezioni di fisica”, pubblicato da Adelphi nell'ottobre del 2014. Romanzo dalla genesi strana che ha stupito tutti, compresa la casa editrice che in prima tiratura aveva considerato appena 3 mila copie e al quale non aveva nemmeno concesso chissà quale campagna promozionale; a dicembre del 2015, dopo 19 edizioni e soltanto in Italia, le copie vendute risultarono essere 300 mila; aumentate poi di un milione quando il libro è stato esportato e tradotto in 42 lingue diverse.
La struttura è abbastanza lineare, sette semplici spiegazioni di quelle che sono considerate tappe fondamentali nella storia della fisica: teoria della relatività, teoria dei quanti, struttura del cosmo, particelle, origine del cosmo, buchi neri e natura del calore e il ruolo dell’uomo. Scorrevole, divertente, capace di declinare argomenti altamente tecnici con un linguaggio accessibile a tutti ma soprattutto, interessante per tutti. Imperdibile.
Perchè non indagare sul passato di Salvini?
Salvini invita a indagare su eventuali misteri nella vita di Giuseppe Conte. Ad esempio sulla misteriosa moglie, Valentina Fico, della quale si continua a scrivere che è figlia del 'direttore di Santa Cecilia'. Evidente fake news perchè a Santa Cecilia non c'è mai stato un direttore 'Fico', padre di Valentina, semmai 'fighi' e tanti, ma nessun direttore fra tutti i fighi che conosciamo..
Ora piacerebbe sapere - e per questo lo si indaghi - come fa Salvini a guadagnare da un quarto di secolo, e non poco, senza aver mai lavorato. Come ha fatto in tutti questi anni a mantenere la moglie, ex, la compagna ex, ed i due figli avuti dall'una e dall'altra e mantenersi lui medesimo ed avere continuamente fidanzate, Isoardi,Verdini, una dopo l'altra. Si fa per caso mantenere dalle ragazze che lavorano o sono ricche di famiglia?
Questo sarebbe interessante sapere di una persona che non ha mai lavorato per un'ora in tutta la sua vita e che dà del poltronaro a tutti i suoi avversari politici.
Senza una poltrona oggi lui non sarebbe nè segretario della lega, e neppure vivo perchè chi non lavora, di solito o finisce male o, se sopravvive discretamente, è perchè ruba o attinge a fonti di guadagno che non dichiara!
Perciò all'invito di Salvini a indagare sul passato di Conte si faccia seguire il nostro ad indagare sul passato e presente di Salvini.
En passant, commovente il baciamano di Gianni Letta , il cardinale, alla attuale - si dice - fidanzata di Conte, figlia del padrone dell'Hotel Plaza, dove si è tenuta giorni fa una presentazione, ma che non si vede mai al suo fianco.
Ora piacerebbe sapere - e per questo lo si indaghi - come fa Salvini a guadagnare da un quarto di secolo, e non poco, senza aver mai lavorato. Come ha fatto in tutti questi anni a mantenere la moglie, ex, la compagna ex, ed i due figli avuti dall'una e dall'altra e mantenersi lui medesimo ed avere continuamente fidanzate, Isoardi,Verdini, una dopo l'altra. Si fa per caso mantenere dalle ragazze che lavorano o sono ricche di famiglia?
Questo sarebbe interessante sapere di una persona che non ha mai lavorato per un'ora in tutta la sua vita e che dà del poltronaro a tutti i suoi avversari politici.
Senza una poltrona oggi lui non sarebbe nè segretario della lega, e neppure vivo perchè chi non lavora, di solito o finisce male o, se sopravvive discretamente, è perchè ruba o attinge a fonti di guadagno che non dichiara!
Perciò all'invito di Salvini a indagare sul passato di Conte si faccia seguire il nostro ad indagare sul passato e presente di Salvini.
En passant, commovente il baciamano di Gianni Letta , il cardinale, alla attuale - si dice - fidanzata di Conte, figlia del padrone dell'Hotel Plaza, dove si è tenuta giorni fa una presentazione, ma che non si vede mai al suo fianco.
Salvini invita a indagare sul passato di Conte. Ad esempio sulla relazione con Valentina Fico, sua moglie e madre di suo figlio( da Lettera 43)
Messaggi in codice, avvertimenti, minacce. La politica italiana si è ormai da tempo ridotta così. È così che Matteo Salvini, entrato nel cono d’ombra dell’attenzione mediatica dopo la crisi di governo e il cambio di maggioranza, tenta di ritornare al centro del ring lasciandosi andare a insinuazioni nei confronti di Giuseppe Conte.
Lo fa un sabato mattina a Milano, in un mercato dove incontra la gente comune, come piace a lui. Il leader della Lega, dopo aver ripetuto che il premier bis «ha tradito gli italiani per salvare la sua poltrona», lancia una domanda tanto criptica quanto subdola: «Conte ha qualcosa del suo passato da nascondere?». Il quesito, tanto più pesante se si pensa che chi l’ha posto fino a un mese fa era l’inquilino del Viminale, viene lasciato senza risposta. Lanciato il sasso, Salvini nasconde la mano. Ma a cosa si volesse riferire qualche suo sodale un’idea se l’è fatta. E l’ha insufflata al nostro Corridoi. «Forse Salvini alludeva a vicende private, relative al suo matrimonio con Valentina Fico…», dice la nostra fonte lasciando i puntini di sospensione quasi a volerci lasciare un indizio, una pista da seguire.
Sì, ma cosa? Certo, della ex moglie del presidente del Consiglio si sa ben poco, e questo contribuisce a formare un clima di mistero. Sappiamo che è romana e ha 45 anni, 10 meno di lui, che è figlia del direttore del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, che ha una solida preparazione giuridica e che lavora alla sezione VII dell’Avvocatura dello Stato, quella che si occupa di Istruzione, Ricerca e Infrastrutture. Sappiamo anche che hanno un figlio, Niccolò, oggi 11enne. «Quello che non sappiamo è il motivo del loro divorzio…», aggiunge sornione il nostro uomo, salviniano doc. Che poi ci lascia l’ultimo indizio: «Forse dovreste indagare in Vaticano…». I cani da tartufo sono in movimento.
Lo fa un sabato mattina a Milano, in un mercato dove incontra la gente comune, come piace a lui. Il leader della Lega, dopo aver ripetuto che il premier bis «ha tradito gli italiani per salvare la sua poltrona», lancia una domanda tanto criptica quanto subdola: «Conte ha qualcosa del suo passato da nascondere?». Il quesito, tanto più pesante se si pensa che chi l’ha posto fino a un mese fa era l’inquilino del Viminale, viene lasciato senza risposta. Lanciato il sasso, Salvini nasconde la mano. Ma a cosa si volesse riferire qualche suo sodale un’idea se l’è fatta. E l’ha insufflata al nostro Corridoi. «Forse Salvini alludeva a vicende private, relative al suo matrimonio con Valentina Fico…», dice la nostra fonte lasciando i puntini di sospensione quasi a volerci lasciare un indizio, una pista da seguire.
Sì, ma cosa? Certo, della ex moglie del presidente del Consiglio si sa ben poco, e questo contribuisce a formare un clima di mistero. Sappiamo che è romana e ha 45 anni, 10 meno di lui, che è figlia del direttore del Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, che ha una solida preparazione giuridica e che lavora alla sezione VII dell’Avvocatura dello Stato, quella che si occupa di Istruzione, Ricerca e Infrastrutture. Sappiamo anche che hanno un figlio, Niccolò, oggi 11enne. «Quello che non sappiamo è il motivo del loro divorzio…», aggiunge sornione il nostro uomo, salviniano doc. Che poi ci lascia l’ultimo indizio: «Forse dovreste indagare in Vaticano…». I cani da tartufo sono in movimento.
Il Fatto Quotidiano. La festa per i primi 10 anni non possono pagarla i lettori. Senza preavviso, da oggi il giornale costa 1.80,00 Euro
Ho ripreso il giornale di ieri e dell'aumento del prezzo del giornale a partire da oggi, non c'è annuncio, neanche in ultima pagina sia pure a caratteri microscopici, come fanno le assicurazione quando vogliono fottere i propri assicurati.
Da oggi IL FATTO QUOTIDIANO costa 1.80,00 Euro, con un aumento del 20% secco sul prezzo, al quale oggi si vendono tutti i giornali.
E non c'è bisogno di considerare che la foliazione del Fatto è enormemente inferiore a quella di tutti gli altri quotidiani, anche di quelli che Travaglio, ogni lunedì, prende di mira nel suo editoriale per rilevarne errori e falsità.
Lui, Travaglio, potrebbe replicare che un giornale non va valutato, quanto al suo prezzo di vendita, in base all'involucro - le pagine di cui si compone quotidianamente - quanto per i contenuti, per ciò che il lettore vi può leggere e che difficilmente legge altrove.
E noi, a nostra volta replichiamo a Travaglio che, visto che ha sposato in pieno la causa dei Cinquestelle - per il cui sposalizio c'è stato nel recente passato qualche giustificato malumore in redazione, subito messo a tacere dalla direzione - un aiutino se lo faccia dare dai suoi protetti al governo, dai Cinquestelle che, ai giornali - ma non al Fatto che cammina sulle proprie gambe ma che evidentemente comincia a dare segni di stanchezza - intendono tagliare i viveri, quei pochi che ancora lo Stato dispensa.
Intanto una mano a Travaglio intendiamo dargliela noi, segnalandogli uno scivolone del Sette, settimanale del Corriere, che nell'ultimo numero, pubblicava una intervista alla Borgonzoni, malcapitata e suo malgrado sottosegretario di Bonisoli alla Cultura, aperta da una grande foto dell'intervistata davanti a due celebri tavole di Leonardo - una famosissima: la Vergine delle rocce - con la seguente didascalia: ' Lucia Borgonzoni, in una sala del Museo Leonardo da Vinci a Roma', Ben sapendo chiunque, ma non la redazione del Corriere, che quello leonardiano a Roma è un 'fake museo'; che la famosissima tavola è al Louvre; e che semmai nel finto museo leonardiano a Roma (nei locali di una chiesa di Piazza del Popolo), non è che un museo didattico e basta, e che le opere espostevi sono semmai una riproduzione. Travaglio, scrivilo nel tuo prossimo editoriale 'savonariolano' del lunedì.
Da oggi IL FATTO QUOTIDIANO costa 1.80,00 Euro, con un aumento del 20% secco sul prezzo, al quale oggi si vendono tutti i giornali.
E non c'è bisogno di considerare che la foliazione del Fatto è enormemente inferiore a quella di tutti gli altri quotidiani, anche di quelli che Travaglio, ogni lunedì, prende di mira nel suo editoriale per rilevarne errori e falsità.
Lui, Travaglio, potrebbe replicare che un giornale non va valutato, quanto al suo prezzo di vendita, in base all'involucro - le pagine di cui si compone quotidianamente - quanto per i contenuti, per ciò che il lettore vi può leggere e che difficilmente legge altrove.
E noi, a nostra volta replichiamo a Travaglio che, visto che ha sposato in pieno la causa dei Cinquestelle - per il cui sposalizio c'è stato nel recente passato qualche giustificato malumore in redazione, subito messo a tacere dalla direzione - un aiutino se lo faccia dare dai suoi protetti al governo, dai Cinquestelle che, ai giornali - ma non al Fatto che cammina sulle proprie gambe ma che evidentemente comincia a dare segni di stanchezza - intendono tagliare i viveri, quei pochi che ancora lo Stato dispensa.
Intanto una mano a Travaglio intendiamo dargliela noi, segnalandogli uno scivolone del Sette, settimanale del Corriere, che nell'ultimo numero, pubblicava una intervista alla Borgonzoni, malcapitata e suo malgrado sottosegretario di Bonisoli alla Cultura, aperta da una grande foto dell'intervistata davanti a due celebri tavole di Leonardo - una famosissima: la Vergine delle rocce - con la seguente didascalia: ' Lucia Borgonzoni, in una sala del Museo Leonardo da Vinci a Roma', Ben sapendo chiunque, ma non la redazione del Corriere, che quello leonardiano a Roma è un 'fake museo'; che la famosissima tavola è al Louvre; e che semmai nel finto museo leonardiano a Roma (nei locali di una chiesa di Piazza del Popolo), non è che un museo didattico e basta, e che le opere espostevi sono semmai una riproduzione. Travaglio, scrivilo nel tuo prossimo editoriale 'savonariolano' del lunedì.
La favola di Orfeo, da Alessandro Striggio, di Monteverdi e Fischer
VICENZA OPERA FESTIVAL
Iván Fischer Opera Company Budapest Festival Orchestra 21-24 ottobre 2019 Teatro Olimpico di Vicenza Dopo il successo dello scorso anno, il maestro Iván Fischer torna al Teatro Olimpico con la sua Budapest Festival Orchestra per la seconda edizione del VICENZA OPERA FESTIVAL, rassegna operistica e sinfonica che il direttore ungherese ha specificamente disegnato per essere rappresentata nel più antico teatro coperto del mondo. In programma una speciale ed inedita edizione de “La favola d'Orfeo” di Claudio Monteverdi curata dallo stesso Fischer che ha composto le musiche per il finale originale del libretto di Striggio. Il maestro Iván Fischer sarà alla testa della sua “Opera Company”, che per questa straordinaria produzione è composta dalla Budapest Festival Orchestra (da anni nella classifica delle dieci migliori formazioni orchestrali del mondo), da un cast internazionale di voci soliste, da un coro e da un corpo di ballo composto da 13 danzatori. 21, 23, 24 ottobre 2019, ore 19:30 Teatro Olimpico di Vicenza LA FAVOLA D’ORFEO di Claudio Monteverdi ricostruzione del concetto originale del libretto Musica della scena finale composta da Iván Fischer libretto di Alessandro Striggio Emőke Baráth (Euridice / La Musica) Valerio Contaldo (Orfeo) Michał Czerniawski (Un Pastore / La Speranza) Cyril Auvity (Un Pastore / Uno Spirito) Francisco Fernández-Rueda (Un Pastore / Uno Spirito) Peter Harvey (Un Pastore / Plutone) Núria Rial (Una Ninfa / Proserpina / Una Baccante) Antonio Abete (Caronte / Uno Spirito) Luciana Mancini (La Messaggiera / Una Baccante) Costumi: Anna Biagiotti Coreografia: Sigrid T’Hooft Assistente alla regia: Hannah Gelesz Maestro del coro: Soma Dinyés Luci: Tamás Bányai Scenografie: Andrea Tocchio Direttore tecnico: Róbert Zentai Direttore di scena: Wendy Griffin-Reid Coro e corpo di ballo della Iván Fischer Opera Company Regia e direttore: Iván Fischer Una produzione di Iván Fischer Opera Company, Budapest Festival Orchestra, Müpa Budapest, Vicenza Opera Festival e Grand Théâtre di Ginevra. 22 ottobre 2019, ore 19:30 Teatro Olimpico di Vicenza CONCERTO LIRICO-SINFONICO Budapest Festival Orchestra Iván Fischer direttore Peter Harvey baritono Emöke Baráth soprano Antonio Abete basso Nuria Rial soprano musiche di Haydn, Händel e Mozart BIGLIETTI: La favola d’Orfeo 21/10-23/10-24/10 intero - € 100 under25 - € 60 Concerto lirico-sinfonico 22-10 intero - € 60 under25 - € 35 INFO E BIGLIETTI: www.vicenzaoperafestival.com www.quartettovicenza.org |
Niente carcere per i giornalisti accusati di diffamazione. Lo afferma la Cassazione
In attesa del verdetto della Corte Costituzionale, atteso tra alcuni mesi, la 5^ sezione penale della Cassazione ha ribadito il suo fermo no al carcere - seppure con pena sospesa - per i giornalisti condannati per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Motivo: la detenzione per questo reato, prevista sia dall'art. 595 del codice penale art. 595 che nella legge sulla Stampa, la n. 47 del 1948, é incompatibile con la libertà di espressione dei giornalisti garantita dall'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La detenzione può essere giustificata solo in casi del tutto eccezionali, cioé quando siano stati lesi gravemente altri diritti fondamentali, come, per esempio, discorsi di odio o di istigazione alla violenza. Tranne in questi casi di fronte a condanne per diffamazione gli ermellini di piazza Cavour hanno esortato i giudici italiani a non infliggere più il carcere, ma eventualmente solo multe. La Suprema Corte, ribadendo quanto già affermato in un'altra decisione di cinque anni fa, hanno quindi sancito un principio di civiltà giuridica che non solo può essere ormai considerato "diritto vivente", ma per di più potrà supportare la Consulta in vista della sua attesa pronuncia su questa importante e tanto dibattuta questione in tema di libertà di stampa e di diritto di cronaca, spronandola a sanare un vulnus che nel nostro Paese dura ingiustificatamente da troppo tempo e su cui, purtroppo, il Parlamento da decenni non é riuscito incredibilmente a legiferare (il 18 giugno scorso a Napoli lo stesso premier Guseppe Conte si era impegnato ad affrontare l'argomento), nonostante pubblici appelli e progetti di legge presentati da FNSI, CNOG, Ossigeno per l'Informazione, Articolo 21 e persino dalla FIEG. Insomma il carcere appare incompatibile con il diritto di cronaca e rappresenta un limite sostanziale alla libertà di informazione e quindi al sistema democratico del nostro Paese. La sentenza n. 38721 del 19 settembre 2019, emessa dalla quinta sezione penale della Cassazione (Presidente Paolo Antonio Bruno, relatore Michele Romano), cliccare su http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20190919/snpen@s50@a2019@n38721@tS.clean.pdf , assume quindi particolare rilievo. I supremi giudici hanno ricordato che la CEDU - Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, "con la sentenza pronunciata nella causa Sallusti contro Italia del 7 marzo 2019 e ancor prima con la sentenza Belpietro contro Italia del 24 settembre 2013, ha affermato che la pena detentiva inflitta ad un giornalista responsabile di diffamazione è sproporzionata in relazione allo scopo perseguito di proteggere la altrui reputazione e comporta una violazione della libertà di espressione garantita dall'art. 10 CEDU. Più precisamente la Corte, con la sentenza nella causa Sallusti c. Italia del 7 marzo 2019, «ritiene che l'irrogazione di una pena detentiva, ancorché sospesa, per un reato connesso ai mezzi di comunicazione, possa essere compatibile con la libertà di espressione dei giornalisti garantita dall'articolo 10 della Convenzione soltanto in circostanze eccezionali, segnatamente qualora siano stati lesi gravemente altri diritti fondamentali, come, per esempio, in caso di discorsi di odio o di istigazione alla violenza» e precisa che la violazione sussiste anche se la pena detentiva è stata sospesa".
Applicando questi principi la Cassazione ha definitivamente annullato la pena, condizionalmente sospesa, di tre mesi di reclusione, inflitta dalla Corte di Appello di Salerno a Fabio Buonofiglio, direttore del periodico calabrese «Altre Pagine» di Corigliano-Rossano (Cosenza), per un articolo pubblicato il 13 agosto 2011 e intitolato «L'allegra compagnia d'una giustizia che va a puttane», che era stato ritenuto gravemente lesivo della reputazione del magistrato Maria Vallefuoco, sostituto procuratore della Repubblica di Rossano. Nonostante che la sua condanna al carcere - anche se sospesa - sia stata cancellata e che il reato di diffamazione sia caduto in prescrizione, il giornalista rischia comunque di essere condannato in un prossimo giudizio in sede civile a risarcire i danni in favore del pm calabrese che si era costituito parte lesa nel processo penale.
La pronuncia della Suprema Corte ribadisce quanto già affermato nella sua precedente decisione della quinta sezione penale n. 12203 del 13 marzo 2014 (Presidente Gennaro Marasca, relatore Grazia Lapalorcia), cliccare su http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20140314/snpen@s50@a2014@n12203@tS.clean.pdf . In quell'occasione fu osservato che "l'irrogazione della pena detentiva in luogo di quella pecuniaria, pur a seguito del riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, non sembra rispondere alla ratio della previsione normativa che, nel prevedere l'alternatività delle due sanzioni, palesemente riserva quella più afflittiva alle ipotesi di diffamazione connotate da più spiccata gravità". Per contrastare l'applicabilità della pena detentiva non fu neppure trascurato l'orientamento della Corte EDU che, ai fini del rispetto dell'art. 10 della Convenzione relativo alla libertà di espressione, esige la ricorrenza di circostanze eccezionali per l'irrogazione, in caso di diffamazione a mezzo stampa, della più severa sanzione, sia pure condizionalmente sospesa, sul rilievo che, altrimenti, non sarebbe assicurato il ruolo di 'cane da guardia' dei giornalisti, il cui compito è di comunicare informazioni su questioni di interesse generale e conseguentemente di assicurare il diritto del pubblico di riceverle (sentenza del 24 settembre 2013 Belpietro contro Italia)".
In un altro passaggio della decisione n. 12203 del 2014 fu sottolineato che "la libertà di espressione costituisce un valore garantito anche nell'ordinamento interno attraverso la tutela costituzionale del diritto/dovere d'informazione cui si correla quello all'informazione garantito dall'art. 21 della Costituzione, diritti i quali impongono, anche laddove siano valicati i limiti di quello di cronaca e/o di critica, di tener conto, nella valutazione della condotta del giornalista, della insostituibile funzione informativa esercitata dalla categoria di appartenenza, tra l'altro attualmente oggetto di gravi ed ingiustificati attacchi da parte anche di movimenti politici proprio al fine di limitare tale funzione". In quella sentenza fu anche ricordato che all'epoca il legislatore ordinario italiano era "orientato al ridimensionamento del profilo punitivo del reato di diffamazione a mezzo stampa" (ma poi tutto é rimasto nei cassetti di Montecitorio e di palazzo Madama, n.d.r.).
Sulla legittimità del carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione si esprimerà entro la prossima primavera la Corte Costituzionale. Come é noto alla Consulta è arrivata l’ordinanza emessa il 9 aprile scorso dal giudice monocratico della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno dott. Giovanni Rossi, nel corso del processo per diffamazione a carico dell’ex collaboratore del “Roma” Pasquale Napolitano e del direttore del giornale Antonio Sasso, assistiti dall’avvocato del Sindacato unitario giornalisti della Campania Giancarlo Visone. Per il giudice Rossi il carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa va contro quanto previsto dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e violerebbe anche libertà e principi fondanti sanciti dagli articoli 3, 21, 25, 27 e 117 della nostra Costituzione. La relativa ordinanza n. 140 é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 settembre scorso, cliccare su https://www.gazzettaufficiale.it/atto/corte_costituzionale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2019-09-18&atto.codiceRedazionale=19C00245 . Il termine per le parti (compresi eventualmente il CNOG e la FNSI) per costituirsi scadrà l'8 ottobre prossimo.
Nel frattempo é pervenuta a palazzo della Consulta un'altra ordinanza di cui non si era mai data alcuna notizia. E' stata emessa dal tribunale di Bari - sede di Modugno - il 16 aprile scorso ed é stata registrata in cancelleria con il n. 149, cliccare su https://www.cortecostituzionale.it/schedaOrdinanze.do?anno=2019&numero=149&numero_parte=1 . Viene eccepita l'incostituzionalità sempre dell'art. 13 della legge sulla stampa dell'8 febbraio 1948 n. 47 in combinato disposto con l'art. 595, 3° comma, del codice penale per presunta violazione dell'articolo 117, comma 1, della Costituzione in relazione all'art. 10 della Convenzione europea per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali, in quanto sarebbe illegittima la pena cumulativa della reclusione, invece che in via alternativa, per il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Entro i primi di ottobre il presidente dell'Alta Corte Giorgio Lattanzi dovrebbe quindi fissare la data dell'udienza pubblica per entrambe le ordinanze dei tribunali di Salerno e Bari. La sentenza é attesa entro la prossima primavera.
Pierluigi Franz/Presidente del Sindacato Cronisti Romani presso l'Associazione Stampa Romana
A novembre Freccero via da Rai 2. Chi va al suo posto? Circola sempre più insistentemente il nome del noto giornalista Franco Di mare, vice direttore di Rai 1 ( da Affaritaliani .it, di Marco Zonetti )
"I vertici Rai hanno la sedia che balla sotto di loro, non sono sereni" ha dichiarato Pippo Baudo in un'intervista recente al Corriere della Sera, ma nel caso della Seconda Rete e del suo direttore Carlo Freccero, la data di scadenza era già stata fissata al momento della nomina.
A novembre, infatti, il visionario Freccero lascerà necessariamente la poltrona a un nuovo direttore, e come sempre accade i candidati al suo rimpiazzo sono molti e di varia provenienza politica. Dando tuttavia per assodato che la Rete resterà al M5s, è ovvio che il deus ex machina - per il momento almeno - permanga il Ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili Vincenzo Spadafora, che collocherà fisiologicamente al posto giusto un personaggio a lui vicino.
In tal senso abbiamo già parlato di Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Teche, per la quale sembrerebbe ormai tramontato il sogno di occupare la poltrona di Rai1, ma negli ultimi giorni è un nome ad andare per la maggiore e che affaritaliani rivela in anteprima, ovvero quello dello "spadaforiano" Franco Di Mare. L'attuale Vicedirettore di Rai1 con Delega ad Approfondimenti e Inchieste nonché pronto a partire con un suo programma in seconda serata la domenica sull'Ammiraglia, ha sulle spalle molti anni di onorata carriera (Tg1, Tg2, UnoMattina, Vita in Diretta e così via) e non dispiace certo al Pd, che potrebbe avallare con benevolenza la sua scelta quale nuovo vertice della Seconda Rete.
Di Mare, che è anche autore di sette libri, titolare di molti premi giornalistici e dal 2011 membro del Consiglio Direttivo dell'Unicef, acquisirebbe sulle spalle un fardello non esattamente lieve, con una rete partita l'anno scorso con grandi progetti e aspettative, per finire a schiantarsi contro una serie di flop tragici, ultimi dei quali Apri e Vinci e Nella Mia Cucina - Una ricetta per Cracco, e - almeno a giudicare dalla prima puntata - La Domenica Ventura. Sarà dunque Franco Di Mare a ereditare da Freccero la massima poltrona di Rai2 e a cercare di rivitalizzare gli ascolti della Rete, operando una sterzata verso l'informazione a svantaggio dell'intrattenimento? Vi terremo come sempre aggiornati.
E' nata la QUARTA 'Camera' , per volere dei Cinquestelle che vogliono dimezzare il numero dei Parlamentari
Da quando in Italia si discute della inutilità dell'esistenza di una 'seconda' camera parlamentare, Senato, che fa le stesse cose della 'prima', Parlamento, e che , di conseguenza, allunga enormemente i tempi di una decisione?
Forse già dall'indomani della nascita della Repubblica e della stesura della Costituzione: perchè averne due invece che una? I padri costituenti, conoscendo il 'carattere' degli italiani pensarono bene di mettere a guardia dei guardiani della democrazia, deputati, un secondo battaglione di guardiani, senatori, temendo che i primi si addormentassero, esattamente come avevano fatto le vergini ' stolte' dl Vangelo.Nel nostro caso di vergini neppure l'ombra, di guardiani distratti invece un ricco campionario.
Si discute, e si discute al punto che quando il Matteo fiorentino propose un referendum per l'abolizione della seconda camera, il Senato, gli italiani glielo bocciarono. Il Senato è inutile, e forse anche dannoso, ma meglio che esista, perchè tante volte il passaggio nella seconda camera ha consentito a leggi, votate dalla prima, di essere licenziate opportunamente emendate.
Nel frattempo era nata una terza Camera, certificata dall'opinione pubblica, situata non dalle parti del centro di Roma, ma in via Teulada: Porta a Porta, il salotto Rai di Bruno Vespa, da dove alcuni avveduti governanti andavano ad annunciare, anticipandole, decisioni che avrebbero dovuto prima essere prese nelle due camere, nelle quali si articola la 'democrazia' rappresentativa' nel nostro paese. Ancora.
Naufragato il referendum di Renzi, anche con l'avallo di noti costituzionalisti, anche di quelli che hanno sempre appoggiato la diversificazione se non la cancellazione dei compiti istituzionali del Senato, il tema della riduzione dei parlamentari - ma questa volta a fini quasi esclusivamente di risparmio economico - torna alla ribalta con la presa del potere dei Cinquestelle i quali non si preoccupano più di tanto della rappresentatività delle Camere, perchè loro puntano alla democrazia 'diretta', di recente, avallata anche da certa libera stampa come 'Il fatto quotidiano'.
E il Movimento ha fatto sapere che, in nome della democrazia 'diretta', le decisioni importanti dei governi ai quali partecipano sarebbero state prima sottoposte alla votazione dei loro iscritti attraverso la piattaforma 'Rousseau', alla quale hanno accesso e diritto di voto 100.000 circa iscritti.
Lo hanno fatto alla vigilia del secondo incarico a Conte, quando votarono all'incirca 78.000 iscritti, e 60.000 circa a favore, e l'hanno ripetuto al momento in cui il capetto politico del Movimento ha assunto la decisione di fare un accordo con l'alleato di governo, il PD, anche per le prossime tornate elettorali regionali.
In questo secondo caso, anche perchè gli iscritti a 'Rousseau' si sono evidentemente rotti le scatole per essere continuamente interpellati su fatti e decisioni che spettano agli eletti, hanno votato solo 35.000 iscritti, di cui poco più di 20.000 a favore.
Perchè anche i grillini più accaniti, 'ortodossi' cosiddetti, non cominciano a chiedersi per quale motivo si facciano ancora in Italia le elezioni politiche e si paghi un numero spropositato di parlamentari, come vanno accusando, se poi i 'rousseauiani' sono chiamati ad assumere decisioni che i rappresentati faranno proprie?
E così, proprio per volontà di coloro i quali, giunti al potere, si sono riproposti di abolire una Camera, ne è nata una 'quarta'. Solo che quest'ultima si limita a qualche migliaio di cittadini votanti, su un bacino di aventi diritto - e che lo fanno già con le elezioni istituzionalizzate - di una cinquantina di milioni.
Se le attuali Camere parlamentari presentano agli occhi dei grillini un deficit di democrazia, la 'Quarta' camera, da loro inventata e strettamente privata, il deficit che manifesta, ben più grave del precedente, è quello della rappresentatività.
Un numero di italiani pari a quello di una piccola città di provincia, dice al Paese ciò che si dovrebbe fare. Di male in peggio. E Marco Travaglio che dei grillini è sostenitore ed ideologo, questo dovrebbe farglielo entrare in testa.
Forse già dall'indomani della nascita della Repubblica e della stesura della Costituzione: perchè averne due invece che una? I padri costituenti, conoscendo il 'carattere' degli italiani pensarono bene di mettere a guardia dei guardiani della democrazia, deputati, un secondo battaglione di guardiani, senatori, temendo che i primi si addormentassero, esattamente come avevano fatto le vergini ' stolte' dl Vangelo.Nel nostro caso di vergini neppure l'ombra, di guardiani distratti invece un ricco campionario.
Si discute, e si discute al punto che quando il Matteo fiorentino propose un referendum per l'abolizione della seconda camera, il Senato, gli italiani glielo bocciarono. Il Senato è inutile, e forse anche dannoso, ma meglio che esista, perchè tante volte il passaggio nella seconda camera ha consentito a leggi, votate dalla prima, di essere licenziate opportunamente emendate.
Nel frattempo era nata una terza Camera, certificata dall'opinione pubblica, situata non dalle parti del centro di Roma, ma in via Teulada: Porta a Porta, il salotto Rai di Bruno Vespa, da dove alcuni avveduti governanti andavano ad annunciare, anticipandole, decisioni che avrebbero dovuto prima essere prese nelle due camere, nelle quali si articola la 'democrazia' rappresentativa' nel nostro paese. Ancora.
Naufragato il referendum di Renzi, anche con l'avallo di noti costituzionalisti, anche di quelli che hanno sempre appoggiato la diversificazione se non la cancellazione dei compiti istituzionali del Senato, il tema della riduzione dei parlamentari - ma questa volta a fini quasi esclusivamente di risparmio economico - torna alla ribalta con la presa del potere dei Cinquestelle i quali non si preoccupano più di tanto della rappresentatività delle Camere, perchè loro puntano alla democrazia 'diretta', di recente, avallata anche da certa libera stampa come 'Il fatto quotidiano'.
E il Movimento ha fatto sapere che, in nome della democrazia 'diretta', le decisioni importanti dei governi ai quali partecipano sarebbero state prima sottoposte alla votazione dei loro iscritti attraverso la piattaforma 'Rousseau', alla quale hanno accesso e diritto di voto 100.000 circa iscritti.
Lo hanno fatto alla vigilia del secondo incarico a Conte, quando votarono all'incirca 78.000 iscritti, e 60.000 circa a favore, e l'hanno ripetuto al momento in cui il capetto politico del Movimento ha assunto la decisione di fare un accordo con l'alleato di governo, il PD, anche per le prossime tornate elettorali regionali.
In questo secondo caso, anche perchè gli iscritti a 'Rousseau' si sono evidentemente rotti le scatole per essere continuamente interpellati su fatti e decisioni che spettano agli eletti, hanno votato solo 35.000 iscritti, di cui poco più di 20.000 a favore.
Perchè anche i grillini più accaniti, 'ortodossi' cosiddetti, non cominciano a chiedersi per quale motivo si facciano ancora in Italia le elezioni politiche e si paghi un numero spropositato di parlamentari, come vanno accusando, se poi i 'rousseauiani' sono chiamati ad assumere decisioni che i rappresentati faranno proprie?
E così, proprio per volontà di coloro i quali, giunti al potere, si sono riproposti di abolire una Camera, ne è nata una 'quarta'. Solo che quest'ultima si limita a qualche migliaio di cittadini votanti, su un bacino di aventi diritto - e che lo fanno già con le elezioni istituzionalizzate - di una cinquantina di milioni.
Se le attuali Camere parlamentari presentano agli occhi dei grillini un deficit di democrazia, la 'Quarta' camera, da loro inventata e strettamente privata, il deficit che manifesta, ben più grave del precedente, è quello della rappresentatività.
Un numero di italiani pari a quello di una piccola città di provincia, dice al Paese ciò che si dovrebbe fare. Di male in peggio. E Marco Travaglio che dei grillini è sostenitore ed ideologo, questo dovrebbe farglielo entrare in testa.
domenica 22 settembre 2019
Ora chi minaccia il governo non è il PD ma Di Maio, che ripete quello che aveva fatto Salvini con il Governo Conte n.1 ( da Huffington Post, di Gabriella Cerami)
Non si preoccupa che Giuseppe Conte in quei minuti stia parlando a una platea fino a poche settimane fa non amica, con la voglia di conquistarla. Al contrario, proprio quando a Lecce il premier strappa gli applausi della Cgil, Luigi Di Maio parte con il controcanto, scrivendo su Facebook un post durissimo che marca la distanza proprio dal presidente del Consiglio, ma anche da due dei suoi ministri: “Fermi tutti”. Il capo politico blocca dunque chi ha parlato apertamente di nuove tasse su voli aerei, bibite e merendine, e lancia un ultimatum al governo: se si mettono nuove imposte, i voti 5 stelle in Parlamento non ci saranno.
Il premier, nel suo bagno di folla pugliese a margine delle ‘Giornate del lavoro’, dribbla le domande dei cronisti. Continua a sorridere imperterrito, ha l’aria di chi non vuol farsi rovinare la festa ma è chiaro a tutti che l’attacco a muso duro arrivato da Di Maio lo abbia innervosito.
Per ora preferisce sorvolare e non entrare in polemica con il capo della delegazione grillina, tuttavia il premier mostra una certa difficoltà per le parole di chi un tempo era vicepremier. Soprattutto per quelle che sanno di minaccia: “Se questo governo esiste, è perché lo sostiene il Movimento 5 Stelle. Un Governo che vuole fare il bene delle persone toglie tasse sul lavoro per permettere alle imprese di assumere nuova gente. Ed è così che avrà i nostri voti in Parlamento”.
A far infuriare il capo politico M5s sono le due proposte arrivate, ironia della sorte, non dal Pd ma da due ministri in quota grillina, quello dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e dell’Ambiente Sergio Costa. Fino a poco tempo li avremmo definiti due fedelissimi di Di Maio, oggi viene qualche dubbio. Le loro idee, frenate dal capo delegazione, sono state invece approvate da Conte: “Sono soluzioni praticabili”, ha detto sabato pomeriggio ad Atreju. Quanto basta per far sentire l’ex vicepremier quantomeno bypassato su un tema divisivo come quello dell’aumento delle tasse e di cui il capo politico non vuole assolutamente che si parli: “Parliamo di blocco dell’aumento dell’Iva, non di tasse”. Insomma, un vero e proprio pasticcio fiscale in casa 5Stelle. Col Pd semplice spettatore.
Eppure la strada per azzerare le rette per gli asili nido, tema particolarmente caro a Conte e che ha un costo stimato tra i 200-300 milioni, passa anche per un aumento delle entrate per recuperare soldi. In più, i fondi chiesti chiesti per l’istruzione sono di 3 miliardi per la scuola, uno per università e ricerca e altri 2 miliardi per dare 100 euro al mese in più agli insegnanti. Le coperture, ed è qui la proposta di Fioramonti, arriverebbero in parte con le tasse sui voli aerei (1 euro i nazionali, 1,5 le tratte internazionali) e su merendine e bibite gassate. Idea che tra l’altro il ministro porta avanti da tempo, da prima che diventasse il titolare del dicastero. Misure sulle quali interviene l’ex vicepremier Matteo Salvini: “Anche oggi il governo abusivo litiga su nuove tasse, nuovi tagli e nuove poltrone”.
Di Maio non regge il colpo, non ci sta a far passare il nuovo governo come quello che, appena insediatosi, vuole aumentare le tasse. Ha la necessità subito di raddrizzare la narrazione: “Un governo che pensa ai cittadini lavora per bloccare l’aumento dell’IVA, che avrebbe comportato una spesa di più di 500 euro a famiglia, l’anno prossimo. Ed è questo Governo che noi sosteniamo”.
Di Maio ne ha anche per il ministro Costa, il cui decreto è stato bloccato sia per mancanza di coperture ma soprattutto per problemi nel merito del testo. Tanto che oggi il capo della delegazione grillina sbotta per la paura di passare per il governo che tartassa i cittadini: “Sull’ambiente, un governo degno di questo nome premia chi non inquina e disincentiva chi se ne frega. Ma tutto deve prevedere una transizione su un arco temporale di anni e permettere di convertire i propri stili di vita e le produzioni industriali e aziendali”.
Proprio quello che mancherebbe nel decreto Clima che avrebbe dovuto veder la luce lo scorso giovedì. Il testo infatti prevedela cancellazione dei sussidi fiscali ambientalmente dannosi, tra cui l’accisa ridotta sul gasolio, nella misura di almeno il 10% già a partire dal prossimo anno, fino al progressivo annullamento entro il 2040. Una misura che così com’è avrebbe portato in piazza lobby particolarmente battagliere, come quella degli autotrasportatori, degli armatori e delle compagnie aeree. Non sarebbe stato azzardato immaginare blocchi stradali dei camionisti, magari insufflati e gonfiati da Salvini e da altri parlamentari leghisti.
Uno scenario da incubo per il capo politico. “Sulle proposte si deve ragionare e trovare la quadra insieme”, avrebbe detto Di Maio ai suoi ministri ma il messaggio è arrivato fino al premier Conte. Tra ultimatum e minacce.
Il premier, nel suo bagno di folla pugliese a margine delle ‘Giornate del lavoro’, dribbla le domande dei cronisti. Continua a sorridere imperterrito, ha l’aria di chi non vuol farsi rovinare la festa ma è chiaro a tutti che l’attacco a muso duro arrivato da Di Maio lo abbia innervosito.
Per ora preferisce sorvolare e non entrare in polemica con il capo della delegazione grillina, tuttavia il premier mostra una certa difficoltà per le parole di chi un tempo era vicepremier. Soprattutto per quelle che sanno di minaccia: “Se questo governo esiste, è perché lo sostiene il Movimento 5 Stelle. Un Governo che vuole fare il bene delle persone toglie tasse sul lavoro per permettere alle imprese di assumere nuova gente. Ed è così che avrà i nostri voti in Parlamento”.
A far infuriare il capo politico M5s sono le due proposte arrivate, ironia della sorte, non dal Pd ma da due ministri in quota grillina, quello dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e dell’Ambiente Sergio Costa. Fino a poco tempo li avremmo definiti due fedelissimi di Di Maio, oggi viene qualche dubbio. Le loro idee, frenate dal capo delegazione, sono state invece approvate da Conte: “Sono soluzioni praticabili”, ha detto sabato pomeriggio ad Atreju. Quanto basta per far sentire l’ex vicepremier quantomeno bypassato su un tema divisivo come quello dell’aumento delle tasse e di cui il capo politico non vuole assolutamente che si parli: “Parliamo di blocco dell’aumento dell’Iva, non di tasse”. Insomma, un vero e proprio pasticcio fiscale in casa 5Stelle. Col Pd semplice spettatore.
Eppure la strada per azzerare le rette per gli asili nido, tema particolarmente caro a Conte e che ha un costo stimato tra i 200-300 milioni, passa anche per un aumento delle entrate per recuperare soldi. In più, i fondi chiesti chiesti per l’istruzione sono di 3 miliardi per la scuola, uno per università e ricerca e altri 2 miliardi per dare 100 euro al mese in più agli insegnanti. Le coperture, ed è qui la proposta di Fioramonti, arriverebbero in parte con le tasse sui voli aerei (1 euro i nazionali, 1,5 le tratte internazionali) e su merendine e bibite gassate. Idea che tra l’altro il ministro porta avanti da tempo, da prima che diventasse il titolare del dicastero. Misure sulle quali interviene l’ex vicepremier Matteo Salvini: “Anche oggi il governo abusivo litiga su nuove tasse, nuovi tagli e nuove poltrone”.
Di Maio non regge il colpo, non ci sta a far passare il nuovo governo come quello che, appena insediatosi, vuole aumentare le tasse. Ha la necessità subito di raddrizzare la narrazione: “Un governo che pensa ai cittadini lavora per bloccare l’aumento dell’IVA, che avrebbe comportato una spesa di più di 500 euro a famiglia, l’anno prossimo. Ed è questo Governo che noi sosteniamo”.
Di Maio ne ha anche per il ministro Costa, il cui decreto è stato bloccato sia per mancanza di coperture ma soprattutto per problemi nel merito del testo. Tanto che oggi il capo della delegazione grillina sbotta per la paura di passare per il governo che tartassa i cittadini: “Sull’ambiente, un governo degno di questo nome premia chi non inquina e disincentiva chi se ne frega. Ma tutto deve prevedere una transizione su un arco temporale di anni e permettere di convertire i propri stili di vita e le produzioni industriali e aziendali”.
Proprio quello che mancherebbe nel decreto Clima che avrebbe dovuto veder la luce lo scorso giovedì. Il testo infatti prevedela cancellazione dei sussidi fiscali ambientalmente dannosi, tra cui l’accisa ridotta sul gasolio, nella misura di almeno il 10% già a partire dal prossimo anno, fino al progressivo annullamento entro il 2040. Una misura che così com’è avrebbe portato in piazza lobby particolarmente battagliere, come quella degli autotrasportatori, degli armatori e delle compagnie aeree. Non sarebbe stato azzardato immaginare blocchi stradali dei camionisti, magari insufflati e gonfiati da Salvini e da altri parlamentari leghisti.
Uno scenario da incubo per il capo politico. “Sulle proposte si deve ragionare e trovare la quadra insieme”, avrebbe detto Di Maio ai suoi ministri ma il messaggio è arrivato fino al premier Conte. Tra ultimatum e minacce.
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