domenica 22 settembre 2019

Ora chi minaccia il governo non è il PD ma Di Maio, che ripete quello che aveva fatto Salvini con il Governo Conte n.1 ( da Huffington Post, di Gabriella Cerami)

Non si preoccupa che Giuseppe Conte in quei minuti stia parlando a una platea fino a poche settimane fa non amica, con la voglia di conquistarla. Al contrario, proprio quando a Lecce il premier strappa gli applausi della Cgil, Luigi Di Maio parte con il controcanto, scrivendo su Facebook un post durissimo che marca la distanza proprio dal presidente del Consiglio, ma anche da due dei suoi ministri: “Fermi tutti”. Il capo politico blocca dunque chi ha parlato apertamente di nuove tasse su voli aerei, bibite e merendine, e lancia un ultimatum al governo: se si mettono nuove imposte, i voti 5 stelle in Parlamento non ci saranno.

Il premier, nel suo bagno di folla pugliese a margine delle ‘Giornate del lavoro’, dribbla le domande dei cronisti. Continua a sorridere imperterrito, ha l’aria di chi non vuol farsi rovinare la festa ma è chiaro a tutti che l’attacco a muso duro arrivato da Di Maio lo abbia innervosito.
Per ora preferisce sorvolare e non entrare in polemica con il capo della delegazione grillina, tuttavia il premier mostra una certa difficoltà per le parole di chi un tempo era vicepremier. Soprattutto per quelle che sanno di minaccia: “Se questo governo esiste, è perché lo sostiene il Movimento 5 Stelle. Un Governo che vuole fare il bene delle persone toglie tasse sul lavoro per permettere alle imprese di assumere nuova gente. Ed è così che avrà i nostri voti in Parlamento”.

A far infuriare il capo politico M5s sono le due proposte arrivate, ironia della sorte, non dal Pd ma da due ministri in quota grillina, quello dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti e dell’Ambiente Sergio Costa. Fino a poco tempo li avremmo definiti due fedelissimi di Di Maio, oggi viene qualche dubbio. Le loro idee, frenate dal capo delegazione, sono state invece approvate da Conte: “Sono soluzioni praticabili”, ha detto sabato pomeriggio ad Atreju. Quanto basta per far sentire l’ex vicepremier quantomeno bypassato su un tema divisivo come quello dell’aumento delle tasse e di cui il capo politico non vuole assolutamente che si parli: “Parliamo di blocco dell’aumento dell’Iva, non di tasse”. Insomma, un vero e proprio pasticcio fiscale in casa 5Stelle. Col Pd semplice spettatore.

Eppure la strada per azzerare le rette per gli asili nido, tema particolarmente caro a Conte e che ha un costo stimato tra i 200-300 milioni, passa anche per un aumento delle entrate  per recuperare soldi. In più, i fondi chiesti chiesti per l’istruzione sono di 3 miliardi per la scuola, uno per università e ricerca e altri 2 miliardi per dare 100 euro al mese in più agli insegnanti. Le coperture, ed è qui la proposta di Fioramonti, arriverebbero in parte con le tasse sui voli aerei (1 euro i nazionali, 1,5 le tratte internazionali) e su merendine e bibite gassate. Idea che tra l’altro il ministro porta avanti da tempo, da prima che diventasse il titolare del dicastero. Misure sulle quali interviene l’ex vicepremier Matteo Salvini: “Anche oggi il governo abusivo litiga su nuove tasse, nuovi tagli e nuove poltrone”.

Di Maio non regge il colpo, non ci sta a far passare il nuovo governo come quello che, appena insediatosi, vuole aumentare le tasse. Ha la necessità subito di raddrizzare la narrazione: “Un governo che pensa ai cittadini lavora per bloccare l’aumento dell’IVA, che avrebbe comportato una spesa di più di 500 euro a famiglia, l’anno prossimo. Ed è questo Governo che noi sosteniamo”.

Di Maio ne ha anche per il ministro Costa, il cui decreto è stato bloccato sia per mancanza di coperture ma soprattutto per problemi nel merito del testo. Tanto che oggi il capo della delegazione grillina sbotta per la paura di passare per il governo che tartassa i cittadini: “Sull’ambiente, un governo degno di questo nome premia chi non inquina e disincentiva chi se ne frega. Ma tutto deve prevedere una transizione su un arco temporale di anni e permettere di convertire i propri stili di vita e le produzioni industriali e aziendali”. 

Proprio quello che mancherebbe nel decreto Clima che avrebbe dovuto veder la luce lo scorso giovedì. Il testo infatti prevedela cancellazione dei sussidi fiscali ambientalmente dannosi, tra cui l’accisa ridotta sul gasolio, nella misura di almeno il 10% già a partire dal prossimo anno, fino al progressivo annullamento entro il 2040. Una misura che così com’è avrebbe portato in piazza lobby particolarmente battagliere, come quella degli autotrasportatori, degli armatori e delle compagnie aeree. Non sarebbe stato azzardato immaginare blocchi stradali dei camionisti, magari insufflati e gonfiati da Salvini e da altri parlamentari leghisti.

Uno scenario da incubo per il capo politico. “Sulle proposte si deve ragionare e trovare la quadra insieme”, avrebbe detto Di Maio ai suoi ministri ma il messaggio è arrivato fino al premier Conte. Tra ultimatum e minacce.

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