giovedì 19 settembre 2019

Gesualdo alla Fenice fra Salvatore Sciarrino e Andrea Tarabbia. Di Gesualdo, in Italia, hanno scritto in passato Giovanni Iudica, e, recentemente, Annibale Cogliano


Negli stessi giorni in cui sul palcoscenico della Fenice veniva proclamato il vincitore del Premio Campiello 2019 - andato al romanzo di Andrea Tarabbia, Madrigale senza suono, dedicato alla figura di Gesualdo da Venosa, celebre madrigalista e omicida, il teatro veneziano, singolare inattesa coincidenza, aveva programmato da un anno e passa la ripresa dell'opera di Sciarrino, la sua  più rappresentata al mondo, oltre una trentina di allestimenti, Luci mie traditrici, che alla medesima vicenda omicida di Gesualdo faceva riferimento, ospitata nel secondo palcoscenico dell'ente veneziano,  il Malibran.

 Chissà se il teatro veneziano ha pensato ad una singolare - date le circostanze - presentazione dell'opera, a due voci, con Sciarrino e Tarabbia.

 All'ammiratissimo madrigalista cinque-secentesco hanno dedicato attenzione oltre Sciarrino ( forse il più impegnato e prolifico in tal caso), ma prima di Sciarrino, Strawinsky e  Alfred Schnittke che scrisse nello stesso periodo in cui Sciarrino scriveva Luci mie traditrici, l'opera Gesualdo che non ha avuto il medesimo successo dell'opera dell'italiano. Infatti dopo la prima  a Vienna, diretta da Rostropovich, forse non è stata più ripresa  nè a Vienna nè altrove.

In Italia poi, un altro singolare personaggio, avvocato per professione, Giovanni Iudica, ha dedicato parecchi anni fa, uno studio assai ricco e documentato a Gesualdo, Il principe dei musici (Sellerio Editore) e, di recente, infine, uno studioso campano,  anche lui musicologo  non di professione, Annibale Cogliano, un monumentale studio, intitolato con sospetta e immotivata modestia: Carlo Gesualdo da Venosa. Per una biografia ( Giuseppe Barile Editore). Un volume che mette decisamente la parola fine agli studi su Gesualdo( non per nulla la prefazione al volume di Cogliano, l'ha scritta il padre degli studi gesualdiani , l'americano Glenn Watkins) che oltre alla gran mole (460 pagine) e l'inusuale grande formato, si  ammira per la sofisticata cura editoriale,assolutamente introvabile altrove, ai  giorni nostri (P.A.)

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Madrigale senza suono. di Andrea Tarabbia. Bollati Boringhieri. Premio Campiello 2019 (nota dell'editore)

Un uomo solo, tormentato, compie un efferato omicidio perché obbligato dalle convenzioni del suo tempo. Da lì scaturisce, inarginabile, il suo genio artistico.
Gesualdo da Venosa, il celebre principe madrigalista vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento, è il centro attorno a cui ruota il congegno ipnotico di questo romanzo gotico e sensuale. Come può, è la domanda scandalosa sottesa, il male dare vita a tale e tanta purezza sopra uno spartito?
Per vendicare l’onore e il tradimento, il principe di Venosa uccide Maria D’Avalos, dopo averla sposata con qualche pettegolezzo e al tempo stesso con clamore. Fin qui la Storia. Il resto è la nostalgia che ne deriva, la solitudine del principe: è lì, nel sangue e nel tormento, che Andrea Tarabbia intinge il suo pennino e trascina il lettore in un labirinto.
Questa storia − è ciò che il lettore scopre sbalordito − ci parla dritti in faccia, scollina i secoli e arriva fino al nostro oggi, si spinge fino a lambire i confini noti eppure sempre imprendibili tra delitto e genio.
Con un gioco colto e irresistibile, tra manoscritti ritrovati e chiose di Igor' Stravinskij − che nel Novecento riscoprì e rilanciò il genio di Gesualdo − Andrea Tarabbia, scrittore tra i migliori della sua generazione, costruisce un romanzo importante, destinato a restare.
L’edificio che attraverso Madrigale senza suono Tarabbia innalza è una cattedrale gotica da cui scaturisce la potenza misteriosa della musica. È impossibile, per il lettore, non spingere il portale. E, una volta entrato, non restarne intrappolato.

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