La storia di Carlo Gesualdo, come è narrata da Andrea Tarabbia, in Madrigale senza suono, sottotitolo: Morte di Carlo Gesualdo, Principe di Venosa - sorta di romanzo storico, pubblicato da Bollati Boringhieri, vincitore del Campiello 2019 ( premiato al Teatro La Fenice che, per quegli stessi giorni, aveva programmato - singolare coincidenza premonitrice - ma un anno prima Luci mie Traditrici di Salvatore Sciarrino, che da un episodio, il più efferato di quella storia si è fatto ispirare per quella che è considerata la sua opera più rappresentata nel mondo) comincia in una strada di Napoli, all'interno di una libreria antiquaria, dove si sono recati - nel corso di una visita in Campania, Igor Strawinsy e Robert Craft, intenti a studiare musicisti e musiche dell'epoca d'oro napoletana, ma anche l'amatissimo Carlo Gesualdo, al quale Strawinsky sta per erigere il suo musicale Monumentum pro Gesualdo, scritto nel 1960.
Nel corso di quella loro sosta nella libreria antiquaria, a contatto con il libraio, antico e sorprendente e con un altrettanto sorprendente cliente sopraggiunto, Strawinsky acquista - pagandola cara - una curiosa Cronaca della vita di Carlo Gesualdo Principe di Venosa, del signor Gioachino Ardytti, servitore fedele - come recita il frontespizio del manoscritto in lingua italiana, che reca la data' In Gesualdo MDCXIII'. Scritta fra il 22 agosto e l'8 settembre del 1613, data della morte del Principe nel castello di Gesualdo, nato a Venosa l'8 marzo 1566.
Il romanzo si apre con una lunga lettera, datata 'Los Angeles, gennaio 1960', che Strawinsky scrive al prof. Glenn E. Watkins, autore della prima biografia gesualdiana, restata una pietra miliare negli studi sul celebre musicista, principe assassino, nella quale racconta dell'eccezionale ritrovamento con la promessa che gliela invierà - non senza farsela prima tradurre per poterla eventualmente leggere - e chiedendo a sua volta la promessa del ritorno di un suo parere di 'studioso' sulla curiosa biografia. Il romanzo si chiude, giusto, con la lettera di risposta di Watkins a Strawinsky, aprés la lecture del manoscritto, inviata da Napoli, febbraio 1960. Circa un mese dopo la lettera del compositore che accompagnava l'invio della ritrovata Cronaca, precisando:non so della sua autenticità, lei la legga, in ogni caso, come un romanzo.
Nel mezzo, per 350 pagine circa, si snoda una storia parallela: la vita di Gesualdo, narrata da Gioachino Ardytti ( che poteva essere costui?) - un nano deforme che il principe avrebbe incontrato a Roma dai Gesuiti dove, molto giovane, era stato mandato a studiare, prima di essere designato erede del vastissimo e ricco casato - senza ordine cronologico, ma vista attraverso gli occhi e le riflessioni di uno che dal loro primo incontro e fino alla comune morte nel castello di Gesualdo, non si è mai staccato dal suo padrone; e la vita di Strawinsky che è alle prese con il suo Monumentum, e che alla stregua del principe musicista è attraversato, nel momento della composizione, da dubbi e problemi e che nessuna circostanza lo avrebbe condotto al gesto estremo che segnò la vita e la musica, un misto di orrore e bellezza, del Principe: l'uccisione dell'amatissima moglie, per tradimento.
Tarabbia ha certamente studiato gli studi su Gesualdo ed anche quelli su Strawinsky a cominciare da quelli scritti a quattro mani con Robert Craft, ed anche gli scritti propri ed i pensieri sulla musica del musicista, compresa quella sua minuscola ma preziosissima allo steso tempo Poetica della musica.
Senza tali letture, approfondite, e senza l'ausilio degli studiosi elencati nei ringraziamenti dell'autore alla fine del volume, con tutta la fantasia ed invenzione possibili, difficilmente avrebbe potuto dar peso e verosimiglianza alla trama assai ricca a variegata del suo romanzo. Nel quale trovano luogo vere e proprie invenzioni, incarnate in due figure sopra tutte le altre: la dama di Leonora d'Este, Aurelia ( la quale per tenersi stretto il Principe, con il quale ha avuto una relazione, ma soprattutto per folle gelosia, gli dà da mangiare del pane intinto nella sua 'fessa' e liquidi altrettanto vomitevoli - beh, solo una sfrenata fantasia avrebbe potuto aggiungere simili particolari ad una vita già tanto avventurosa ed inusuale ); e il 'mostro' Ignazio, che vede la luce del palazzo di Gesualdo, da adulto e solo alla fine del romanzo, e che è sempre vissuto, come un animale, in una cella sotterranea, fin da quando era arrivato a Gesualdo, in fasce, dopo che proprio il nostro Gioachino, del manipolo di servi assassini che avevano trucidato Maria d'Avalos ed il suo amante, lo aveva letteralmente estratto con le proprie mani dal ventre della fedifraga, dopo aver anche lui abusato del cadavere della donna). E con ciò la misura è colma.
Strawinsky mentre legge assieme a noi la Cronaca, che ha inviata a Watkins, ci fa entrare nel suo laboratorio segreto di compositore, e nei segreti dei suoi affari di quegli anni: le commissioni, gli impresari, gli esecutori, dove era difficile inventarsi qualcosa, per la vicinanza di quegli accadimenti, per i quali Tarabbia ha scartabellato documenti e carte del musicista, che per primo pose all'attenzione del mondo musicale la figura e l'opera di Gesualdo.
Perchè Strawinsky? Verosimilmente perché lui sta scrivendo un omaggio a Gesualdo e vuole di lui sapere tutto, ma anche per sottolineare che i riflettori su Gesualdo li ha accesi di fatto un musicista più che lo stesso Watkins, uno studioso.
Il romanzo si chiude, dicevamo, con la lettera di risposta di Watkins dopo la lettura della cronaca, contenente anche la risposta ai dubbi di Strawinsky sulla sua autenticità. E la risposta è quella di uno studioso e attento filologo: la cronaca contiene fatti e elementi che solo i recenti studi su Gesualdo hanno reso di pubblico dominio. Dunque, conclude, non può che averla scritta un moderno, e perciò è da considerare apocrifa. Magari, nell'invenzione del romanzo, lo stesso Strawinsky?
Comunque si legge d'un fiato e merita una lettura. Appassiona.
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