lunedì 13 marzo 2017

Luca Francesconi e Giorgio Battistelli vanno alla guerra. Abbasso Stockhausen,Berio,Boulez e Donatoni; ed anche Verdi e Puccini.

Ieri, domenica, due giornali, Corriere e L'Espresso,  ci comunicavano ufficialmente che  erano in procinto di debuttare in Francia e Germania, due nuove opere, a firma di due nostri compositori: Luca Frncesconi, a Parigi, Opéra Garnier con 'Trompe - la Mort' da Balzac; Battistelli, ad Hannover, con 'Le figlie di Lot' dalla Bibbia - libretto della drammaturga tedesca Jenny  Erpenbeck.

 Gli attenti giornalisti (Manin e Lenzi) ci facevano anche sapere - cosa assai importante oggi - che l'opera di Francesconi, di fatto, affrontava il tema dell'avidità del potere, e quella di Battistelli  il tema dell'ospitalità, dell'accoglienza del diverso; e, solo marginalmente, il tema per il quale quel racconto biblico è molto noto, e cioè l'incesto. Battistelli, in particolare, aggiungeva Lenzi, prosegue nella sua indagine sui grandi temi dell'umanità: dopo  la questione del rispetto del pianeta, quella dell'emigrazione, a significare che oggi più di ieri i  nostri compositori sono immancabilmente engagé.  E fin qui normali comunicazioni di compositori alla vigilia di loro debutti. Titolo, argomento, magari anche regia e direzione musicale, se il giornalista insiste, e poi struttura dell'opera e finale.

 Ma Francesconi e Battistelli hanno colto l'occasione per toccare altri temi, primo fra tutti ( Francesconi) quello del rapporto fra padri e figli - nel caso specifico: maestri ed allievi - temi che danno sapore ad una presentazione di routine. Cosa hanno detto di tanto interessante?

Francesconi: " Nessun passaggio di testimone tra la generazione precedente e la nostra. I maestri, Stockhausen, Boulez, sono vissuti nel terrore di venir messi in ombra dagli allievi e hanno fatto di tutto per tarpargli le ali. In Italia, la morte precoce di Maderna ha lasciato un vuoto orribile e l'altro nume, Berio, era così duro e chiuso. Quanto a Donatoni, insegnava delle formulette vuote. I suoi allievi oggi fanno i panettieri o i benzinai. Non ne è venuto fuori uno".
Francesconi,dunque, non salva nessuno dei mostri sacri del nostro tempo, ad eccezione di Maderna, che tutti sappiamo generoso, ma morto troppo presto per essere incolpato di qualcosa. E, per giunta, il meno compositore dei quattro, il cui lascito musicale, assai ridotto,  crea più problemi di quanti non abbia a risolverne, ed indicherebbe, eventualmene, strade dissestate se non  addirittura senza uscite, piuttosto che strade che portano lontano.

Noi non sappiamo quanto abbiano tarpato le ali ai giovani i tre compositori citati,  vissuti nel terrore che i figli  li superassero  ed uccidessero - metaforicamente. Quanto a Donatoni, Francesconi non può liquidarlo con una battuta: insegnava formulette vuote. Per lui la composizione musicale era altissimo artigianato e gioco, come ha dimostrato con una delle raccolte pianistiche più celebrate ( Francoise-Variationen). Francesconi li liquida come maestri e padri; ma  intende liquidarli, in blocco,  anche come compositori? perché se la liquidazione prima (  come maestri) potrebbe anche accettarsi, la seconda proprio no.
 E termina  indicando quale via di uscita egli abbia dovuto faticosamente inseguire per sopravvivere, quando afferma di sé: "Ero la pecora nera, per qualcuno troppo classico, per altri troppo rock. Vent'anni fa, con grande scandalo, ho lasciato l'insegnamento in Italia, dove non esiste meritocrazia. Adesso do lezioni a Malmo ad un piccolo gruppo di allievi, per metà italiani. Mi trovo bene anche se a 60 anni vorrei tornare ad impegnarmi in Italia. Sogno di far nascere a Milano, la mia città, un'Accademia di alta specializzazione. Ma visto come vanno le cose, temo resti solo un sogno".
Su queste ultime dichiarazioni, diversamente dalle precedenti, possiamo anche convenire, conoscendo bene il nostro paese, nel bene e nel male, ed avendo, per dovere di cronaca,  osservati tanti duri inizi di carriera, e comunque le difficoltà per emergere, fuori da compagnie di giro, massonerie e lobby di ogni genere.

 Battistelli,  che nel gruppo dei compositori romani è considerato l'intellettuale, l'ideologo, mentre non  va dimenticato esser anche colui che ha più potere - secondo solo a dall'Ongaro, al quale ha conteso la poltrona di sovrintendente,  ma solo quella, perchè per la composizione non c'è storia fra i due: dall'Ongaro fa ancora il compositore?- - essendo  manager dell'Orchestra della Toscana, presidente della Barattelli aquilana e direttore artistico, ai mezzi con Vlad, dell'Opera di Roma, la butta, come spesso fa , in caciara. Basta con Verdi e Puccini.
 Dopo che Battistelli gli ha detto che i programmi delle nostre istituzioni sembrano come gli orari ferroviari, riprendendo una immagine di Sawallisch, dove dopo un tot numero di ore, tutto ricomincia da capo. Di Puccini e Verdi,  Battistelli dice:  " Certamente autori geniali, ma oggi dobbiamo fare uno sforzo per creare un teatro che sia in empatia con ciò che lo circonda. In questo senso mi piace il suggerimento che ci ha dato Papa Francesco, quando ci ha parlato dell'apostolato dell'orecchio". E prima, a proposito dei teatri, aveva detto:" C'è la necessità di acquisire una nuova identità estetica, artistica, politica e sociale. Solo attraversando questa presa di coscienza la nostra società potrà crescere, essere consapevole del proprio cammino. Il rischio che hanno i i teatri oggi, in Italia, ( perché fuori del nostro Paese, invece?) è quello di essere teatri non pensanti, ma di essere pensati, e a volte con preoccupazione". E forse di tutto questo suo lungo parlare, l'ultima affermazione è l'unica ad essere condivisibile, come è vero che i teatri e qualunque altra istituzione culturale in Italia viene vista non come una risorsa ma come un problema. E mai e poi mai come laboratorio di idee, palestre di educazione civile e culturale. Tralasciando l'ispirazione a Papa Francesco, che attesta la svolta religiosa  e mistica di Battistelli, che ci interessa affatto, tutto il resto, a cominciare delle solite stupide bordate all'indirizzo dei grandi compositori del passato, è roba vecchia. Non Verdi e Puccini che non sono roba vecchia; mentre roba vecchia è il suo parlare, visto che anche negli anni in cui è passato per l'Arena di Verona,  Battistelli li ha cannibalizzati lui e li ha dati in pasto anche ad altri suoi sodali. Verdi e Puccini, e tutti gli altri grandi autori di teatro, rappresentano il grande tesoro dell'umanità, come Shakespeare e Pirandello.  Perché dovremmo privarcene? Per dare più spazio e modo a Battistelli di sperimentare, magari - come ha fatto finora - divorando autori ed opere  del passato, specie cinematografiche, perché di successo? Chi glielo proibisce, ad un musicista che ha potere?

P.S. La vocazione intellettualistica ed ideologica Battistelli l'ha manifestata fin dai primi anni di vita e di studi.  Racconta  Battistelli, nell'intervista a Lenzi, di cui sopra, che una volta chiese a Pier Paolo Pasolini - dalle cui opere cinematografiche egli ha tratto ispirazione e non solo ( come con e da Teorema), che una volta chiese allo scrittore: "se la figura dell'ospite di Teorema, poteva rappresentare quella del sottoproletariato che distrugge i valori familiari della borghesia. Lui mi sorrise  molto affettuosamente mi suggerì di interpretarla come quella di una sorta di Angelo sterminatore". Ebbe modo di chiederglielo effettivamente, negli ultimi anni di vita dello scrittore, che morì nel 1975, quando il compositore aveva appena 22 anni? Se la risposta è affermativa, e non abbiamo ragioni per dubitarne, la vocazione ideologica ed intellettualistica ma anche il suo impegno sociale, erano scritti nel destino di Battistelli, fin dalla tenera età, esplodendo poi nel 1981, all'età di 28 anni, in Experimentum mundi.

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