A 50 anni dalla
dichiarazione del Vaticano II, sulla musica sacra e liturgica,
Musicam Sacram, PAPA BERGOGLIO interviene sull'argomento.
Si è svolto a Roma, nei
giorni scorsi, un convegno, organizzato dal card. Ravasi,
cinquant'anni dopo la dichiarazione del Vaticano II, Musicam Sacram,
che diede l'avvio alla riforma liturgica, musica compresa, ed insieme
ad una vera e propria 'anarchia', da parte del clero e dei fedeli, in
nome di una maggiore comprensione e partecipazione dei fedeli al
rito.
Chi cinquant'anni fa seguì
quelle vicende, sa bene quali strappi si ebbero all'interno della
commissione voluta dal pontefice per 'riordinare' la liturgia e
preparare il documento finale avallato dai padri conciliari. Bugnini, vescovo e poi nunzio in Iran dove finì in
circostanze misteriose, massone a detta di tutti, che la presiedeva, fu il vero
padre della cosiddetta riforma liturgica conciliare; della
Commissione faceva parte anche una nostra conoscenza, P. Jean Claire
di Solesmes, gregorianista di fama mondiale e nostro carissimo amico.
In quei mesi, a seguito della varie sessioni plenarie, della
commissione, p. Claire – che ci inviò una foto della commissione
per indicarci quale volto avesse quel 'diavolo' con la tonaca' ,
Bugnini appunto, non mancò più volte di lamentarsi della sua opera
di distruzione, rivolta anche al canto gregoriano. A mala pena, forse per miracolo, da
quella commissione uscì un prezioso libro di gregoriano il 'Kyriale
simplex', accreditato dalla riforma liturgica 'di Bugnini' in nome
della sua 'semplicità' che, per fortuna, recuperò una bella fetta del
repertorio gregoriano più antico, riservato soprattutto
all'assemblea dei fedeli.
Per il resto, lingue
nazionali, nella celebrazione della messa, e canti ' come piace'.
Cioè di ogni genere, il più delle volte brutti, con testi
inappropriati, quando non banali traduzioni dall'originale latino malamente applicato, a melodie sillabiche gregoriane. Un bel pasticcio. Ci fu chi reagì ignorando
la riforma conciliare anche negli aspetti che, teologicamente,
avevano qualche fondamento. Il risultato complessivo fu una 'babele'
di lingue e di musiche, queste ultime accompagnate da qualunque
strumento venisse in mente a chiunque di far entrare nella liturgia. Due soli esempi: la Messa 'beat', o la Misa 'criolla', fra i più originali.
Molti, giustamente si
chiesero dove fosse finito il grande patrimonio liturgico della
Chiesa cattolica, e quello musicale in particolare, che nei primi
tempi venne addirittura bandito. Miglior sorte toccò alle
testimonianza pittoriche del passato, forse per la difficoltà di
staccarle dai muri o perchè non si aveva nient'altro con cui
sostituirle o coprirle. Ma forse nel caso dell'arte visiva esisteva
una sensibilità laica, mutuata dalla chiesa, che non avrebbe
permesso uno scempio simile a quello perpetrato nei confronti della
musica.
Con il passare degli anni
le cose non sono migliorate. Si è notata solo una contrapposizione
fra liturgia con ogni sorta di abusi e liturgia all'antica. Ambedue
tollerate dalla chiesa ufficiale e dai papi, i quali – stando agli
ultimi - non è che avessero una sensibilità spiccata nei confronti
della musica.
Penderecki, che conosceva molto bene l'allora
arcivescovo di Cracovia divenuto poi Giovanni Paolo II, ci confidava
che le predilezioni in fatto di musica del futuro papa non andavano
oltre i cori e canti di montagna. Alcune sue decisioni ( nel caso di
padre Baroffio o di Mons Bartolucci) l'hanno poi confermato.
Diverso sarebbe il
discorso su Benedetto XVI, qualora la sua passione per la musica,
compagna di vita assieme alla preghiera ed alla riflessione
teologica, non si fosse fermata a semplici dichiarazioni di
principio sulla bellezza e sull'arte, incarnazioni della
Verità, Dio.
Papa Bergoglio,
certamente angosciato da ben altri pensieri, specie in questi ultimi
anni, aveva cominciato il pontificato con una mossa sbagliata, quando
si rifiutò di partecipare, nell'Aula PaoloVI, al concerto
dell'Orchestra sinfonica della Rai che eseguiva la Sinfonia n. 9
di Beethoven. Non si trattava certamente di celebrazione liturgica ma
la diceva lunga sugli effettivi interessi del Papa nei confronti
della musica, da tutti misurati pari a zero.
Lui si fece giustificare
con la visita ad un prelato ammalato in ospedale, ma poi spiegò, con
più verità, che lui dei concerti non voleva saperne, perché lui
non era un principe, come quelli per i quali i compositori nella
storia avevano scritto grandi capolavori. Insomma lui non aveva tempo
per simili 'passatempi', mentre lo avrebbe trovato, il tempo
necessario - oltre un'ora - per incontrare squadre di calciatori ed
altre cose.
Ora, a chiusura del
convegno romano, al quale hanno partecipato anche due compositori
dalla carriera illustre, assolutamente estranei e forse anche
disinteressati all'argomento, come Giorgio Battistelli ( che aveva
già partecipato ad un convegno di tema analogo, organizzato dalla
Sagra Musicale Umbra, a Perugia, qualche anno fa, e presieduto dal
card. Ravasi) e Michele Dall'Ongaro, sovrintendente di S. Cecilia,
semplicemente per i loro attuali incarichi, ricevendo i convegnisti
è tornato sull'argomento.
Il Papa che ha detto,
questo ci interessa. Le sue dichiarazioni assomigliano a quel che
fanno i portatori di statue durante le processioni in alcune parti
del nostro paese: si muovono facendo due passi avanti ed uno
indietro, restando quasi sempre allo stesso punto o muovendosi come
una tartaruga azzoppata. Per dirla con espressione più banale: una
botta al cerchio ed uno alla botte, per lasciare le cose come stanno.
Papa Bergoglio invita
tutti alla moderazione, a non uscire dal seminato, evitando “
mediocrità, superficialità e banalità, ' a scapito della
bellezza e intensità delle celebrazioni liturgiche'; consiglia
al clero di prepararsi anche musicalmente, onde guidare le scelte
delle loro celebrazioni liturgiche, ' puntando anche sulla
formazione estetica e musicale sia del clero e dei religiosi sia dei
laici impegnati nella vita pastorale', avendo di mira anche '
l'incontro con la modernità', perché ' l'introduzione delle
lingue parlate nella liturgia ha sollecitato tanti problemi di
linguaggi, di forme e di generi musicali', però poi subito dopo
aggiunge che occorre ' salvaguardare e valorizzare il ricco e
multiforme patrimonio ereditato dal passato, utilizzandolo con
equilibrio nel presente, ed evitando il rischio di una visione
nostalgica o archeologica'. Punto e a capo. Due passi avanti ed
uno indietro, per lasciare tutto come prima, fermandosi ai discorsi
ed alle dichiarazioni di principio.
Ah, se papa Francesco
mostrasse anche in questo campo, marginale ma non tanto nella sua
pastorale, un briciolo di quella determinazione che mette
continuamente in molti altri campi della sua difficile azione a capo
della Chiesa!
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