Sapere,
ridere, amare, cantare, immaginare e tifare:
sei verbi per raccontare come la Rai abbia testimoniato, e allo
stesso tempo formato, alcuni sentimenti profondi degli italiani. Una
memoria che prende vita in Gli
occhi cambiano,
la serie di documentari scritta e diretta da Walter
Veltroni e prodotta da Rai Cultura,
in onda il 26,
27, 28 dicembre e il 2, 3, 4 gennaio alle 23.20 su Rai1.
Sei puntate per rivivere la storia, la satira, la cronaca sportiva e
le parole degli atleti, il mutamento dei costumi e le battaglie per
la libertà femminile, le creazioni dell’arte e lo sguardo sul
futuro, le prime esibizioni canore e il confronto tra le generazioni.
Grazie a un approfondito lavoro di ricerca e di recupero dei
materiali d’archivio delle Teche
Rai,
emerge così quanto sia stretto ed intenso l’intreccio tra storia e
racconto televisivo, tra il piccolo schermo e la memoria collettiva.
“La
storia della nostra vita collettiva –
dice Walter Veltroni – è
oggi raccolta in quella infinita e meravigliosa “Biblioteca di
Babele“ che è la memoria televisiva, forse la più potente forma
di condivisione delle vicende umane che abbiano conosciuto le
generazioni succedutesi dal dopoguerra del Novecento. Ho tentato,
navigando nel meraviglioso oceano delle teche, di estrarre ciò che
mi è sembrato meglio potesse raccontare i mutamenti del vivere e del
pensare, del costume e del consumo culturale, dell’amare e del
sorridere. Ho cercato di usare, in “Gli occhi cambiano”, una
chiave narrativa che – giocando sul pieno della memoria ritrovata e
sui vuoti di un tempo frenetico come il nostro – costruisse, per
gli spettatori, un originale sistema di emozioni, di dubbi, di
sollecitazioni a riflettere e a non incorrere nell’autodistruttivo
rischio collettivo della rimozione”.
Le
riprese originali, che si alternano ai materiali d’archivio,
suggeriscono materialmente come la storia della Rai sia innanzi tutto
una storia di persone, di competenze, di esperienze accumulate in
sessant’anni di vita. “Abbiamo
cercato di organizzare il viaggio nella memoria di sessant’anni di
programmi Rai –
conclude Veltroni – attraverso
altrettanti verbi: sapere, cantare, immaginare, tifare, amare,
ridere. Spero che, seguendo questi percorsi, si provino quelle
emozioni, quelle malinconie, quelle allegrie, quegli stimoli a
riflettere che tutti noi abbiamo vissuto insieme, nel tempo, davanti
a uno schermo televisivo. Ho voluto fare tutto all’interno della
Rai, dal montaggio alla grafica, per testimoniare la grandezza di
energie professionali, talenti, competenze che risiedono, ieri come
oggi, nel servizio pubblico. Sono grato a Rai Cultura, ai suoi
ricercatori, e all’azienda in generale per avermi consentito questa
esperienza che, tra l’altro, mi ha dato la possibilità di rivivere
in profondità una storia di cui mio padre fu, alle origini,
testimone e protagonista”.
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