La decisione di non trasferirsi all'estero, il pensionato che vi scrive l'ha motivata con la sua pigrizia, essenzialmente; ma anche - come Uolter insegna, per dirla tutta - con i legami affettivi che lo tengono incollato all' Italia e, più precisamente, a Roma.
Però poi il pensionato che vi sta scrivendo, leggendo i giornali, riflette anche lui sulle anomalie delle pensioni in Italia. E non per quel furto che prima l'INPDAP e poi l'INPS gli hanno fatto di dieci anni di indennità di fine rapporto - i primi dieci del suo insegnamento al servizio dello Stato. Quella considerevole fetta di indennità semplicemente gliel'hanno fregata. A nulla sono valse le proteste, le raccomandate, le minacce legali. Loro le mani in tasca gliel'hanno messe, e non intendono restituire il mal tolto. Povero pensionato derubato col favor delle leggi.
Il quale, però, proprio oggi, nelle 'Lettere' del Corriere, legge di una sacrosanta protesta. Di pensionati, trasferiti all'estero, che vengono criminalizzati ed accusati di scarso senso dello Stato e di disamore verso il proprio paese. Ma quale disamore? Scrive un lettore, che in Italia ci sono 400.000 avvocati - tanti quanti non ne ha nemmeno l'intera Europa! - e 80.000 notai, oltre a milioni di sindacalisti e di unioni consumatori. Bene, ragiona il lettore, a nessuno di questo immenso esercito è mai venuto in mente che il regime di tassazione delle pensioni è iniquo, essendo queste tassate come un reddito, mentre altro non sono che il frutto di un capitale messo da parte, e già tassato, nel corso della vita lavorativa. Se almeno le si tassassero come si tassano i capitali, e cioè con il 12%, sarebbe già qualcosa, ma continuare a tassarlo come un reddito qualunque, spinge e spingerà sempre più i pensionati italiani a trasferirsi all'estero, rendendo 'pan per focaccia' allo Stato ladrone che non li rispetta e, per la seconda volta nel corso della loro esistenza, infila le mani nelle loro tasche.
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