giovedì 31 marzo 2016

SALVIAMO LA CULTURA. Appello

Noi – cittadini italiani, donne e uomini impegnati con il nostro lavoro, stabile o precario, a produrre e diffondere cultura, membri delle associazioni professionali e delle associazioni per la tutela, studentesse e studenti delle università e delle scuole denunciamo che «il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione» (art. 9 Cost.) sono oggi in gravissimo pericolo. Denunciamo che le modifiche dell’ordinamento introdotte dal Governo Renzi, e passivamente subite dal ministro Dario Franceschini, stanno di fatto rimuovendo dalla Costituzione l’articolo 9. Le generazioni future rischiano di non ricevere in eredità l’Italia che noi abbiamo conosciuto. Il nostro è un grido di allarme: è emergenza per la cultura! Noi vogliamo che la cultura sia davvero un servizio pubblico essenziale: che le biblioteche e gli archivi funzionino come negli altri paesi europei, che i musei siano fabbriche di sapere, che le scuole formino cittadini e non consumatori, che la salvezza dell’ambiente in cui viviamo sia l’obiettivo più alto di ogni governo. Per questo chiamiamo a raccolta tutte le cittadine e i cittadini italiani: li chiamiamo a scendere in piazza, a Roma, il 7 maggio 2016. Questa manifestazione chiederà al governo Renzi di sospendere l’attuazione dello Sblocca Italia, della Legge Madia e delle ‘riforme’ Franceschini: perché si apra un vero dibattito, nel Paese e nel Parlamento, sul futuro del territorio italiano, bene comune non rinnovabile. Questa manifestazione chiederà di introdurre l’insegnamento curricolare della storia dell’arte dal primo anno della scuola superiore. Questa manifestazione chiederà di permettere ad una nuova leva di ricercatori di entrare nei ranghi del Ministero per i Beni culturali: non con l’effetto-annuncio delle una tantum, che generano solo illusioni, ma con la costruzione di un futuro normale per chi vuole mettere la sua vita al servizio del paesaggio e del patrimonio culturale del Paese.

mercoledì 30 marzo 2016

Rita Sala è morta. Un 'suo' piccolo miracolo.

La notissima e bravissima giornalista Rita Sala, del Messaggero, dove lavorava da oltre trent'anni, è morta nei giorni scorsi,  a Roma, all'età di 66 anni, stroncata da un male incurabile.
Noi la conoscevamo da tempo e ne apprezzavamo le doti di abile, acuta narratrice del mondo dello spettacolo, musica compresa. Per la musica, poi, era diventata da tempo una delle predilette di Riccardo Muti del quale seguiva passo passo tutte le vicende di vita e professionali, al punto che - giustamente! - il direttore ha ritenuto di ricordarne il legame dettando al Messaggero un lungo affettuoso e commosso ricordo.
Rita Sala era brava innanzitutto, sia che scrivesse di teatro - il campo nel quale era un' assoluta autorità - sia di costume, di cinema o di musica. E questa sua bravura, merce rarissima di questi tempi , si sposava con la sua quasi spudorata partigianeria per qualunque cosa le piacesse, tanto da arrivare a difenderla a spada tratta, senza sentir ragioni. Anche questo ci piaceva, perché tanti nostri colleghi, anche meno bravi di lei, e sono in tanti, non riescono mai a farci capire come la pensano perché si sono assunti il compito di 'megafono' del potente di turno, rinunciando alla dignità professionale e  speranzosi di ricavarne qualche vantaggio, anche minimo: pezzenti dell'informazione.
 L'ultima volta l'abbiamo sentita qualche tempo fa, quando scrivemmo su questo blog che l'Accademia di Santa Cecilia e l'Accademia Filarmonica Romana stavano per fondersi. Ne scrivemmo come di notizia riservatissima ricevuta in anteprima. La ragione di quello scherzo - perché di scherzo si trattava, benché ben presentato al punto da sembrare vero - era la presenza nei 'comitati' di gestione delle due istituzioni delle medesime persone. Fatto non tanto normale, del quale nessuno si dà pena.
 Ci telefonò per sapere chi ci aveva dato la notizia ed a quando era fissata ufficialmente la fusione. Le rivelammo che era uno scherzo. Ci salutammo,  e via  dopo qualche parola di circostanza. Poi ,qualche mese fa, la notizia della sua malattia, anticipata indirettamente dalla sua assenza, impossibile da passare inosservata,  dalle pagine del Messaggero.
  Ciò che c'è stato di positivo in questa triste circostanza è constatare, su giornali concorrenti, che qualche illustre collega (Di Giammarco di Repubblica) le ha reso l'onore delle armi, riconoscendone il valore. E questo ci ha sorpresi, perché solitamente,  in casi simili, i giornali concorrenti, ignorano del tutto la notizia. Questa volta no, e forse questo è un piccolo miracolo laico che Rita Sala, col suo sacrificio, è riuscita ad ottenere dal cielo. Ciao Rita.

domenica 27 marzo 2016

Lettere di Puccini a sua moglie Elvira Bonturi secretate nell'edizione 'nazionale' dell'epistolario

Dell'epistolario di Giacomo Puccini, di cui è uscito appena il primo volume dell'impresa che ne comprenderà una decina almeno e che si concluderà chissà quando, abbiamo scritto nei mesi scorsi, segnalando quali aspetti del carattere del musicista e dell'uomo emergono da quelle missive che, solo per la ventina d'anni che vanno dal 1877 al 1896,  raggiungono la bella cifra di oltre settecento. E che quando l'opera sarà conclusa si dice che comprenderà intorno alle ventimila missive del musicista. Solo del musicista,  e nessuna di tanti mittenti che scrivevano a lui. Chissà perché, mentre sarebbe stato opportuno dare spazio anche ai suoi corrispondenti, laddove possibile e il materiale fosse reperibile.
Va da sé che la corrispondenza alla quale gli studiosi sono più interessati è quella relativa alle sue opere, che saranno pur di numero limitato ma che, come tutti sanno, furono attraversate da infiniti travagli, dei quali l'epistolario dà conto bastante, essendo fra i suoi destinatari più assidui l'editore, i librettisti, i direttori, i cantanti ecc... oltre naturalmente  ai più normali amici, parenti e famigliari stretti.
 Alla fine del primo volume, oltre gli interessantissimi e preziosi apparati -  di cui avemmo già a scrivere - c'è un pugno di lettere di cui si conosce, per precedenti relazioni, il contenuto che viene riassunto, ma non il testo originale per intero, andato forse perduto o perchè in possesso di privati non reperibili al momento della pubblicazione.
 Nel corso del volume, invece, vi è un gruppo di lettere, per fortuna non nutrito, tutte indirizzate ad Elvira Bonturi, moglie del musicista,  delle quali non si pubblica il testo, per volontà degli eredi, che poi è solo una e non è che la nipote di quella Elvira Bonturi,  Simonetta Puccini, figlia di Antonio Puccini, unico  figlio del musicista.
 Che cosa ci sarà in quelle lettere di così compromettente, anche a distanza di quasi 130 anni, al punto da far decidere alla nipote del musicista di non autorizzarne la pubblicazione?
 Nulla di così compromettente, ma di assai strano ed incomprensibile sì, perchè  in una edizione nazionale, finanziata con soldi pubblici, non può il CAPRICCIO senza motivo di una erede, proibire la pubblicazione del testo di una missiva. Non ha senso e l'erede in questione non dovrebbe avere voce in capitolo al riguardo.
 Vero è che si potrà porre rimedio in uno dei prossimi volumi; ci sarà il tempo di rimediare con qualche appendice successiva ai vari volumi - e si rimedierà appena possibile - non appena alcun veto potrà essere più avanzato da chicchessia. Resta comunque  inaccettabile ed incomprensibile - benchè legittimo, purtroppo! - il comportamento dell'erede.

E' il giorno di Michele Gamba, direttore, catapultato all'improvviso sul podio della Scala. Che fine ha fatto Piero Gamba, ex bambino prodigio del podio?

Il Corriere di oggi, a firma Giuseppina Manin, riportava la notizia  della sostituzione, fatta nel volger di un paio d'ore al massimo, di Michele Mariotti, febbricitante, con Michele Gamba, di cui,  nell'estate del 2014, sempre il Corriere aveva parlato la prima volta. Mariotti, arrivato in teatro, si rende subito conto di essere impossibilitato a dirigere- sta troppo male; il tenore Meli telefona a Gamba, che 'I due Foscari' l'aveva studiato a fondo, nella preparazione al Covent Garden , come assistente di Pappano; il 32enne direttore accetta la sfida: si infila in un taxi e via  alla Scala. Il tempo di cambiarsi, scambiare qualche parola con la spalla e scende nella buca dell'orchestra. Sembra che tutto sia filato liscio. Accade. E' accaduto tante volte  per la musica, a volte la sostituzione segna l'inizio di una grande carriera; altre, invece,  il successo - quasi d'obbligo, per il peso dell'impresa - si limita a quella sola serata e poi di nuovo si finisce nel cono d'ombra della routine, che nell'arte non è un buon ripiego. Di Michele Gamba non sappiamo come andrà, per ora lui lavora a Berlino, come assistente di Barenboim. Ma c'è anche un altro Gamba di cui avremmo voluto sapere di più.
 Quando venne fuori il nome di Michele Gamba, con la memoria andammo a tutti i Gamba impegnati nella musica che conoscevamo, dal pianista, al giornalista Mario, fino a quel Pierino Gamba che ebbe esordi  di direttore in tenera età di cui si erano perse le tracce - quantomeno noi non sapevamo dove si fosse cacciato e che attività svolgesse. Con l'aiuto di internet, lo ripescammo: il m. Piero Gamba era vivo e vegeto, ma certo avanti negli anni, viveva in America, i suoi rapporti con il podio non ci risultavano frequenti o di qualche peso, tanto che non se ne era sentito più parlare. Osammo scrivergli e proporgli una intervista che accettò. Gli inviammo le domande scritte, alle quali  ci aspettavamo - come d'accordo - che rispondesse. Non lo ha fatto, benchè lo  avessimo sollecitato più d'una volta. colpa delle nostre domande, ritenute  forse impertinenti, mentre impertinenti non lo erano davvero, secondo noi? Giudicate voi 

            Dodici domande al m. Piero Gamba, ex bambino prodigio, senza risposte

  1. Come iniziò la sua avventura sul podio, cosa ricorda degli esordi? Non poteva a quella tenera età aver già studiato direzione.

  1. Chissà se ricorda, tralasciando ciò che scrissero i giornali del tempo, come lei bambino visse quell'avventura, resa ancora più nota con il film 'La grande aurora'.

    1. I quegli stessi anni ci furono altri casi eclatanti, il più noto di tutti quello di
Maazel che stupì l'America. Lei ne era a conoscenza, c'era chi cercava di mettervi in concorrenza?

    1. Ciò che le è rimasto più impresso nella mente di quello strabiliante esordio.

    1. Ha mai avuto la sensazione che i suoi genitori volessero sfruttare quel tesoro famigliare inatteso e per il quale non avevano merito alcuno? Che vita 'da bambino' le hanno fatto fare?

    1. Ricorda quando il clamore attorno a Lei finì o si ridusse drasticamente? Ha coinciso con la sua maggiore età, oppure molto più tardi? Ne ha sofferto o ne aveva già avuto abbastanza di una vita sotto i riflettori?
    2. bis. In seguito, divenne direttore di professione per scelta. Glielo domando perché chissà quante carriere dopo gli esordi promettenti quanto i suoi, si sono,invece, bruscamente concluse.
    3. I suoi maggiori successi in quegli anni li ha avuti in Italia o anche altrove?
    4. Quando e perché decise di trasferirsi in America? Ci dice qualcosa anche della fondazione da lei creata' Symphonicum Europeae'. Quali scopi si prefigge e quale è la sua attività corrente
    5. Come è andata poi la sua carriera? Guardando al lontano passato ha qualche rimpianto; ha nostalgia di quegli anni; è contento del presente - lei ancora dirige - oppure ad esempio, ha nutrito un po' d' invidia nei confronti di altri direttori, come Maazel che agli esordi simili ai suoi, ha fatto seguire una brillante carriera internazionale.
    6. Sicuramente avrà sentito parlare della schiera abbastanza nutrita di giovani direttori, oggi sulla cresta dell'onda. Molti di loro non sono stati bambini prodigio come lei, però sono saliti sul podio in età precoce. Un consiglio per loro.
    7. p.s. Lei ha figli, ha famiglia? Nessuno dei suoi figli o della sua famiglia ha avuto una storia simile alla sua?

sabato 26 marzo 2016

Il professore licenziato per una pisciatina notturna non dichiarata è stato graziato. Ma dal tribunale

Il professor Rho finalmente può cantare vittoria, gliel'ha riconosciuta, riammettendolo  alla titolarità della sua cattedra, al pagamento degli stipendi sospesi da quell'infame e 'pisciato'  giorno di gennaio scorso ( il 26 ?), il tribunale, al quale ovviamente lui s'è rivolto.
Perché, fosse dipeso dalla ex rettora Giannini, ora ministro, al povero prof. Rho che non poteva più trattenerla, quella pisciatina del lontano 2004, sarebbe costata l'allontanamento da tutte le scuole del regno e della repubblica, nonostante per quel 'reato' avesse già pagato la relativa multa, intorno ai 200 Euro. Dal che si deduce che mai pisciatina fu più cara. Forse per l'aggravante di averla fatta su un cespuglio, al chiarore della luna, ai bordi di un paesino che non erano che le tre di notte e non notte fonda,  e che una pattuglia di carabinieri, trattenendola anch'essi fino all'inverosimile, stessero girando con la macchina di servizio in cerca di un cespuglio, al buio, alle tre di notte, per farla. E, non potendola fare di fronte al malcapitato professore, si erano vendicati, multandolo.
 Se la Giannini leggesse, dovrebbe sentirsi in grave imbarazzo, costretta ad ammettere che nella 'sua scuola' una pisciatina può influire sulla permanenza in servizio di un insegnante.

mercoledì 23 marzo 2016

GENERAZIONE ERASMUS. Perchè attendere le disgrazie per mostrarcela?Basta con i Prato e con i Foffo, che pur ci sono

Senza le tragedie che purtroppo ogni tanto funestano anche le vite dei nostri giovani migliori, di questa generazione che si muove  come 'cittadina del mondo' non sapremmo quasi nulla. E pure in diversi ordine di scuola,   specie dalle superiori all'Università, la parola ERASMUS ha quasi un suono magico che soddisfa le aspirazioni di conoscenza e di convivenza dei giovani, senza preclusione di razza, stato sociale, religione.
 Questa generazione dagli schermi televisivi o dalle pagine dei giornali è assente, salvo che...
 ... quando arriva la dannata tragedia, come quella delle ragazze in Spagna, dove scopriamo la sua esistenza, come avvenne anche dopo la strage parigina dello scorso 13 novembre, quando tutti restammo attaccati agli schermi televisivi anche attratti dalla bellezza, bellezza vera, della nostra Solesin, la fidanzata ideale di qualunque giovane di tutti i paesi del mondo, caduta in quel macello disumano, mentre  stava effettuando un dottorato a Parigi.
 Oggi, con l'ennesima tragedia, quella spagnola, i giornali e le televisioni, nel parlare di queste nostre giovani che studiavano all'estero - tutte fra i 20 ed in 25 anni - cadute  nel corso di una viaggio notturno, di ritorno da una festa a Valencia, hanno sottolineato che erano tutte belle, e non perchè abbiano superato, prima di  essere ammesse al programma Erasmus', un esame del loro aspetto fisico. No,  erano belle, tutte belle,  belle vere, perchè lo studio, la volontà di formarsi, di apprendere sapere genera e moltiplica bellezza, che va ad aggiungersi alla bellezza dei loro vent'anni.
 Perchè la tv - più colpevole dei giornali- non ce le mostra mai, preferendo ad esse, altre ragazze, della serie 'coscialunga', ' culo a mandolino', facce tirate e labbra già rigonfie, ma con occhi spenti ed espressione idiota? Perchè la tv, anche quella cosiddetta culturale pubblica che ha infiniti canali, fra Rai Scuola, Rai Cultura, Rai storia, non ne  parla mai, non le invita mai, non ce le fa conoscere se non quando sono distese in una bara, mostrandocene le foto formato tomba?
 Loro saprebbero, con tutta la loro bellezza, sposata a determinazione, a volontà di crescere,  di apprendere, di stabilire rapporti con tutti gli altri giovani del mondo, di impegnarsi nella 'redenzione' del pianeta, farci capire cosa sia e che cosa possa e sappia fare la giovinezza in un'epoca di grandi stravolgimenti, in un mondo squassato dal terrorismo.
 Di loro ci doverebbero parlare ogni giorno. Delle facce idiote, degli sguardi spenti, dei visi da catalogo del salumiere, pur se piantati cosce lunghe, tette modellate, e culi all'insù, siamo pieni e stufi, non interessano più.  Ora che  tutti hanno scoperto la bellezza della nostra migliore gioventù,  la mettano in vetrina, la mostrino anche per dissuadere le coscialunga nostrane dall'aspirare al mestiere della presentatrice, della cantante,  della modella, come alla partecipazione al 'grande fratello'.
 Voltiamo davvero pagina, profittando dell'ennesima tragedia.
 Sul 'Sette' del 'Corriere della Sera', Edoardo Vigna ha intrapreso un viaggio nelle grandi capitali europee per  conoscere e far conoscere  le personalità, le aspirazioni dei giovani che le popolano.  Continui  Vigna in  questo progetto, e le televisioni lo imitino.
 Imbecilli ed idioti ne consociamo fin troppi, anche fra i giovani, ora mostrateci anche  gli intelligenti ed intraprendenti a lungo descritti come secchioni e brutti, mentre oggi abbiamo scoperto che sono belli. Tutti.

lunedì 21 marzo 2016

Son tutti belli questi nostri giovani impegnati nello studio, cittadini del mondo. Riflettendo sulla tragedia in Spagna

Oggi l'hanno sottolineato molti commentatori sui giornali o in televisione. Che belle queste nostre giovanissime impegnate in programmi di studio 'Erasmus' in Spagna. Che cosa le rende belle? Belle tutte, come del resto bella era anche la nostra Solesin  abbattuta al Bataclan - dove si stava godendo un concerto, mentre risiedeva a Parigi per un  dottorato - in nome dell'orrore, della bruttezza ammantata di religione.
 La cultura, la formazione, il dibattito, il dubbio, lo studio, il confronto rendono belli, aperti, luminosi tutti;  non è che così; altrimenti dovremmo pensare che all'estero ci vanno a studiare solo i giovani belli; e quelli brutti li scartano, che non è cosa.
 Noi, per oltre quarant'anni siamo stati testimoni oculari di tale trasformazione quasi genetica. Di giovani ce ne sono passati davanti agli occhi (alla cattedra) migliaia; abbiamo assistito alla loro trasformazione: man mano che si impegnavano nello studio con serietà ed onestà li abbiamo visti diventare, miracolosamente, tutti belli. E' la gioventù che è bella, anche quando intravede orizzonti poco profondi, è il futuro davanti a trasformarla anche fisicamente. Ed è per questo che  la scuola, anche dopo quarant'anni ci manca; è per questo che  ci mancano i giovani. Ne ricordiamo tantissimi, impegnati nello studio, seriamente  interessati alla loro stessa formazione: tutti anche  belli.
Per questo quando sentiamo fare falsi proclami di interessamento da parte dei politici nei confronti dei giovani e della scuola, non riusciamo a non indignarci. Senza di loro, specie noi avanti negli anni, non riusciamo a guardare con serenità al presente ed al futuro, ed il paese tutto è come se venisse  disboscato di tutti gli alberi,   quelli verdissimi in special modo, che nel tempo  renderanno l'aria più pulita ed anche più bella.

Sulla scena del Campidoglio altri due campioni: Tosi da Verona e Razzi l'abruzzese

Meloni, Storace, Bertolaso, Giachetti, Marchini, Raggi non bastano; nella  lunga fila di improbabili candidati a sindaco di Roma, spunta anche Marino, ancora Marino, di nuovo lui, che però è combattuto  tra il presentare la sua candidatura e presentare il suo libro in uscita, e sembra che alla fine sceglierà di presentare il suo nuovo libro, perchè gli hanno consigliato di tenersi fuori dalla tenzone, per non fare ancora un'altra figuraccia. Lui la pensa diversamente.  Per ora non sappiamo, sta prendendo la decisione in questi giorni, e noi, Roma con noi, già tremiamo di paura che l'incapace chirurgo voglia nuovamente tornare al capezzale dell'agonizzante Roma, in rianimazione nonostante la sua cura, convinto che un nuovo più pesante intervento chirurgico possa salvarla.
La discussione sui candidati si è accesa di più nelle ultime settimane  soprattutto sulla candidatura di mamma Meloni. Può una donna che aspetta un bambino fare il sindaco? Certo che può! E può farlo anche di una città come Roma? Sicuro! Ma la Meloni ha una qualche esperienza amministrativa per svolgere tale gravoso lavoro anche con il pargolo in braccio? Domanda tabù, su di lei come su altri candidati. Vale l'esperienza della Madia, della Lorenzin, della Gelmini e financo della De Biase, signora Franceschini, nel suo ruolo di mamma e consigliera comunale a Roma. ma il sindaco.... zitto tu!
 Ora  dichiara di voler scendere in campo anche Tosi, il leader leghista che s'è messo contro tutti, senza fare un granchè alla sua città. Si dice che a consigliarlo sia stato il ministro Franceschini dopo che ha saputo che Tosi sta ipotizzando la copertura dell'Arena, il tempio della lirica che vorrebbe attivo durante tutto l'anno, piova o tiri vento. Perchè così Franceschini, con Tosi al fianco, potrebbe finalmente coronare il suo progetto di  riaprire il Colosseo alle lotte con le belve feroci ed alle passerelle di  moda ed altro ancora: con la platea ricostruita e  la copertura totale forse si potrà distogliere l'attenzione sulle buche, sulla sporcizia, sul traffico bestiale e sulle mille emergenze della disastrata Capitale.
 Ma tra i nuovi candidati c'è anche un fuoriclasse, il grande Antonio Razzi, quello che ha fatto la fortuna di Crozza, con il suo ideale di vita: 'fatti i c... tuoi'. Ha detto presentandosi che è stanco del teatrino della politica  e che lui scende in campo perchè può contare sui quasi 500.000 abruzzesi residenti nella Capitale che lo voterebbero ad occhi chiusi ed in massa, anche perché promette e fa sperare più allegre e divertenti giornate, durante la sua permanenza al Campidoglio.
 Ma lui non cambiato il suo ideale di vita in vista di tale candidatura. Alludendo agli abruzzesi residenti a Roma, il suo  celebre motto. l'ha così tradotto: se mi candido io, con la massa di abruzzesi al seguito,  cari politici, "so' cazzi!".

domenica 20 marzo 2016

Cultura a molte facce. Disagi al Colosseo; ancora chiusoi i teatri ' di cintura' a Roma; lauti finanziamenti al MAXXI

Franceschini, il ministro, la faccia ce la mette, ma sempre e solo dove  è certo di raccogliere consensi ed applausi, mai dove esistono criticità che ogni giorno i giornali segnalano e di cui il ministro tace.
 Si apre al pubblico una nuova Domus a Pompei, e Franceschini c'è; finalmente è visibile la magnificenza della  chiesa sul Palatino, definita, per il ciclo di affreschi, la Sistina medievale, e lui è lì a tagliare il nastro.
 Ma nella lunga fila a serpentone che l'altro ieri - e per le vacanze pasquali certamente si allungherà ed ispessirà - si vedeva davanti al Colosseo, dove le entrate sono soltanto due - lui non c'è, resta a casa a giocare con la sua  erede; si discute a Roma della chiusura durata troppo a lungo dei teatri 'di cintura' cosiddetti - una specie di salvagente civile lanciato alle periferie disastrate - e lui è assente, mentre presentissimo era alla firma della cessione del teatro valle al Comune di Roma. Nel caso del Colosseo, il monumento più visitato in Italia ed uno dei primi al mondo, non si può aprire una terza ed anche quarta entrata perché non c'è personale.
Ma il Colosseo non è lo stesso monumento per il quale lui avrebbe trovato, dalla sera alla mattina, una  ventina di milioni di Euro per farci l'ascensore interno e ricostruire la platea  per esibirsi  nella danza delle irresponsabilità?
 E che si aspetta ad affidare la gestione dei vari teatri di cintura il cui bando pare sia fermo in qualche cassetto dell'avveduto Tronca il quale , per farsi bello di fronte anche al ministro oltre che a Renzi, ha fato tagli  ulteriori per una sessantina di milioni, 12 dei quali li ha tolti alla cultura? E Franceschini?
 Dobbiamo augurarci, per vederlo di nuovo attivo su questi fronti emergenziali che la sua bella mogliettina Michela De Biase - quella che con la bambina ha continuato a fare la consigliera a Roma ed anche la presidente dellla Commissione 'cultura' del Campidoglio, torni nel suo incarico, e lui allora le darà una mano anche lì oltre che in famiglia?
 No, Franceschini non sta con le mani in mano in alcuni altri campi, oltre quelli in cui risulta superattivo. Ieri, il Corriere segnalava una  grave anomalia, nel campo dei finanziamenti pubblici all'arte contemporanea. Al Maxxi di Roma va il 50% dei finanziamenti disponibili, al Maxxi gestito dalla Giovanna Melandri, amica e parente di mezzo governo, nel cui CDA siede anche la signora Causi, Monique Veaute. Insomma gli amici degli amici... per significare che nulla cambierà mai sotto il cielo della poltiica.

sabato 19 marzo 2016

Questo nostro blog 'IL MENESTRELLO', è a quota 100.000 visite

 Fra tre mesi festeggeremo il terzo anno di vita di questo blog; ma, già oggi, a meno tre mesi dal traguardo importante dei tre anni, un altro più importante traguardo dobbiamo segnalare con gioia: 100.000 visite. E 1170 post.
 E' un bel traguardo, non vogliamo aggiungere altro. E, per non rovinare la festa,  rimandiamo a domani ciò che avremmo voluto scrivere oggi.

In tv due episodi indecenti. In RAI. Forse per questo più indecenti di quelli proposti quotidianamente dalla sua consorella Mediaset

Cristina Parodi, alias signora Magnolia, alias Fiore di campo, padrona di casa de 'La vita in diretta' l'altra giorno s'è avventata, come fa un cane arrabbiato ed affamato sull'osso, su una povera ragazza di nome Sofia, italiana figlia di genitori immigrati, che ha avuto nella sua vita la disgrazia di essere stata  la fidanzata, per poco più di un anno, di quell'assassino piemontese, dalla doppia vita e dalle mille personalità, che ha ucciso - dopo averla derubata - la professoressa Rosboch.
La ragazza, appena il suo fidanzato venne indagato per l'assassinio della professoressa, per proteggerla fu mandata dai parenti in Marocco. Lei, s'è capito dall'interrogatorio stringente del pubblico ministero signora Magnolia,  poco è mancato che venisse messa sotto accusa, come si fa con un testimone a conoscenza dei fatti e dunque complice. Un interrogatorio indecente ed inopportuno per una trasmissione televisiva che poi mostra alla vasta platea le mezze calzette italiane in ogni campo.
 Lei, la signora Magnolia, non voleva per nessuna ragione mollare l'osso: tu Sofia,  non sapevi nulla dell'omicidio? perché non l'hai detto subito e torni ora spontaneamente in Italia per raccontarci chi era il tuo fidanzato che ora dimostri di non conoscere a fondo? Ma davvero non ti eri accorta di nulla? E perché non sei andata subito dagli inquirenti? E  perchè sei 'fuggita in Marocco?
 Solo Lei , la Signora Magnolia, non voleva capire - faceva chiaramente finta- che quella ragazza diceva esattamente quel che sapeva  e che era quel che si vedeva, una ragazzina estranea ai fatti e del tutto ignara della duplice personalità  deviata del suo fidanzato, del quale frequentava la casa ed aveva fatto da baby sitter al suo fratellino. Ma perché la signora Magnolia insisteva in maniera così indecente e dura, mentre altrettale durezza non riserva ad altri personaggi inutili che sfilano  nella sua trasmissione, per  raccontarci, dietro suo invito, appunto quanto inutili siano?
 Ma forse anche la signora Magnolia ha voluto dimostrare che la Rai non è da meno, e che anche Lei è capace di battere sul trash la sua consorella Barbara della consociata Mediaset.

E poi, in serata, Veltroni, il Uolter internazionale, acclamata star del cinema dei sentimenti. Che ha fatto? Ha sfruttato l'innocenza la bellezza l'intelligenza la genialità dei bambini e la loro fantasia, per dire a tutti - nessuno lo sapeva! - quanto loro siano molto più interessanti di noi adulti. Ma perché allora non se ne va in Africa, come aveva promesso e minacciato, a vivere in qualche villaggio,  non  per  fare un altro film, ma per mettersi al servizio dei bambini abbandonati o indigenti?

Su una strada parallela s'è incamminato anche il Floris dell'ex Ballarò che mai e poi mai rinuncerebbe al siparietto 'baby' della sua nuova trasmissione su 'La 7', siparietto per qualche verso anche più interessante dell'intervento di Crozza.
 Questo si chiama sfruttamento di minori! Sì, perchè come  Uolter ci fa un lungo film, Floris sceglie  un siparietto, sul quale non ha tempo per soffermarsi: ambedue li usano e basta perchè 'I BAMBINI TIRANO'!-

giovedì 17 marzo 2016

Non è solo Roma ad aver bisogno di un cura, ma i molti che si sono candidati a somministrargliela. Una cura di capoccia

Non riusciamo più neanche a ridere, perché la cosa si sta facendo molto seria, se non tragica per la povera Roma che necessita di cure forti ed immediate.
Ogni giorno la cronaca ci racconta di un nuovo medico volontario che si prefigge di prestare alla disastrata città, le cure necessarie. Il tragico è, però, che quasi  nessuno  di questi medici volontari  ha fatto gli studi necessari e propedeutici all'esercizio di tale professione.
 Ora sotto inchiesta ed osservazione è forse uno dei medici volontari che, a dispetto delle gaffe, inanellate in rapida sequenza (ma, come sempre, alcune di queste  nascondono verità sacrosante e toccano il punto della questione) ha dalla sua parte  qualche numero per candidarsi a vegliare al capezzale della Capitale preagonica, e cioè quel Bertolaso, medico di professione, già a capo della Protezione civile, abituato a gestire emergenze.
Che però, prima con l'uscita sulla città terremotata che lui sa come far risorgere  - che ha generato vivaci proteste nella popolazione aquilana, a nostro parere ingrata;  perchè sì la ricostruzione, cosiddetta, ha creato quei mostri urbani che sono le cittadelle satellite, però tutti gli sfollati, ed erano tanti, hanno trovato in breve tempo una sistemazione provvisoria, certo non la migliore, ma comunque una sistemazione; e che, inoltre, se qualche azienda, con la benedizione del premier di allora, Berlusconi ed anche degli amministratori, incapaci, del capoluogo abruzzesse, hanno fatto affari con la tragedia, non incolpiamo anche di questo Bertolaso - e poi con quella sulla Meloni si è messo, senza aver detto niente di grave,  tutti contro. Cosa c'è di così irrispettoso e sconvolgente nel dire che la guida di una città disastrata, terremotata, qual è Roma, è impegno troppo gravoso per una giovane donna, in maternità,  e che non ha nessuna esperienza di governo della città?
Gli si sono rivoltati contro tutti, oltre l'interessata, perfino la Santanchè - che a Berlusconi ha detto: stai zitto tu!- la Boldrini, paladina dei diritti delle donne - ed anche la signora Franceschini, al secolo Michela De Biase, che ha fatto la consigliera a Roma  prima e dopo il parto, senza problemi.
Tutta questa sceneggiata per apparire ad ogni costo,  'corretti politicamente' mentre invece la scorrettezza in questo caso sarebbe d'obbligo, come ad esempio ha fatto notare per il caso della candidata Bedori a Milano, il nobel Dario Fo, quando ha detto pubblicamente di lei che  ha troppo poco tempo per imparare a fare il sindaco prima di cominciare.
 E' questa la vera tragedia di molti candidati volontari a tentare una cura da cavallo per Roma, ammalata grave, per la quale gli unici che hanno le carte in regola per bussare alla porta dell'ammalata, disastrata, terremotata e inquinata Capitale, sono Bertolaso e Giachetti. Tutti gli altri no, per la salute e la salvezza di Roma, neanche la Raggi, acqua e sapone e basta.

mercoledì 16 marzo 2016

Al Covent Garden di Londra stanno prendendo una brutta, stupida piega violenta.

Nei mesi scorsi per il Guglielmo Tell di Rossini, con la regia del nostro Damiano Michieletto s'erano introdotti nello spettacolo alcuni stupri. Non ricordiamo perché e in quale punto, ma poco importa,  non ce ne frega assolutamente nulla di questi particolari, comunque irrilevanti. Il teatro ottenne per l'intervento miracoloso (diabolico, perverso?) dell'enfant terrible della regia italiana un qualche rilievo sulle pagine dei giornali anche in Italia. Ed anche più spettatori? Non posiamo dirlo, anche perché simili scene da quando c'è il cinema e la televisione, se ne sono viste  in tutte le salse e di tutti i colori. Senza dimenticare che anche la cronaca ce ne ha mostrato o raccontato in enorme quantità, forse anche più crudi di quelli in palcoscenico o sugli schermi, dove comunque non badano a spese. Vederli in scena, dal vivo seppure per finzione, è un'altra cosa, ma il capolavoro di Rossini necessitava davvero di quegli stupri?
 Ora, ancora dal Covent Garden, giunge una nuova analoga notizia, riguardante una Lucia di Lammermoor in scena nel teatro londinese, per la quale la regista ingaggiata ha previsto di mostrare quando la fanciulla perde la verginità, che non fu in una notte di grande amore - altrimenti che ci sta a fare la regista in una storia troppo naturale? A tal scopo e per l'impressione che tale scena può fare sugli spettatori, il teatro si è premurato di avvertire che ci sono scene un pò forti, che potrebbero non solo offendere gli spettatori ma generare  financo disturbi, malori e svenimenti. E se questo avviso, sintomo di grande sensibilità, producesse l'effetto opposto a quello della curiosità, e cioè tenesse lontani  spettatori che altrimenti avrebbero  volentieri ascoltato e visto la Lucia donizettiana,  ma senza quella scena, di cui - sia chiaro - si poteva senz'altro fare a meno?
 Ben gli sta al finto trasgressivo teatro d'opera londinese.

martedì 15 marzo 2016

Senza bagarinaggio (reale o presunto) il concerto non e' un evento. Dal Concerto di Capodanno a Vienna a quello di Morricone a Roma

Evento, siamo costretti anche noi ad usare una parolaccia, che mai di nostra iniziativa avremmo incluso nel vocabolario giornaliero. Ma tant'è, in qualche caso - visto che la usano gli analfabeti - la usiamo anche noi, scendendo al loro steso livello. Senza neppure tanta fatica, direbbe qualcuno. Vero.  Ma solo rarissimamente.
 Accade che intorno al Concerto di Capodanno viennese ci sia un rito provincialissimo, nel quale si lasciano coinvolgere volentieri macellai e bottegai aricchiti che  una volta nella vita, costi quel che costi, vogliono andare a Vienna a sentire il Concerto, per poi raccontarlo gli avventori dei loro esercizi commerciali, ma soprattutto a mangiarsi la Sachertorte, che certamente conoscono meglio delle musiche degli Strauss. E' il rito del costo dei biglietti, bellamente illustrato anni fa da un nostro collega: più un biglietto costa, più importante è il concerto al quale si assiste. E perciò siccome quello del Concerto di Capodanno è altissimo guai a chi lo manca. Altissimo sì, ma non tanto quanto lo dà una agenzia privata che  vende i posti migliori a 4500 o 3900 Euro. Siamo matti?
 Adesso, si è chiesto il solito giornalista, è mai possibile che a Roma, per la storica Accademia guidata musicalmente da Pappano, l'amatissimo e stimatissimo Pappano, non c'è mai lo stesso fenomeno? Non vorrà mica dire che  i concerti proposti non sono il top?
 Ed allora, d'accordo con la storica istituzione , si sono inventati che per il prossimo concerto diretto da Morricone, fresco di Oscar, con sue musiche da film, fissato per maggio c'è chi vende i biglietti - che solitamente costano dalle 20.000 alle 60.000 - a quasi 1300 Euro: cioè a dire venti volte il costo  normale. Sarà vero? a noi sembra una invenzione, perfino  nella città in cui Totò si cimentò nella vendita della Fontana di Trevi e del Colosseo. E sono così fessi quelli che alla agenzia ingannatrice si rivolgono, quando conoscono bene il costo reale dei biglietti ed i venditori ufficiali che ,oltre il botteghino dell'accademia  è TicketOne - se non andiamo errati?
 L'Accademia ha fatto sapere che essendo pressoche esauriti i posti disponibili - che ora ammontano a quasi 9.000 - ha aggiunto una quarta  serata,  portandoli quindi a quasi 12.000, e denunciando la pubblicità e la vendita ingannevoli.
 Alle quali non crediamo neanche un pò, mentre crediamo alla storia del gregge che , solo ora, dopo il secondo Oscar, si accorge di Morricone e vuole essere presente alla festa di maggio.

Finalmente svelato l'arcano di Francesca Fortuna a capo della IUC di Roma. Lei sola non lavora gratis. Giustamente.

Devi andare proprio a cercarla con ogni mezzo l'informazione di cui sei alla ricerca da tempo, avendone denunciato l'assenza, contravvenendo alle disposizioni ministeriali, sul sito ufficiale della IUC di Roma, la celebre istituzione di concerti, fondata  oltre mezzo secolo fa da Oreste Fortuna passata poi nella mani di sua moglie,  Lina, ed infine, dagli inizi di questo  secolo, alla morte della mamma, in quelle della figlia Francesca. Oggi direttore generale della IUC .
 Da tempo desideravamo sapere a quanto ammontava il suo compenso, senza fortuna.
Alla IUC tutti lavorano, dal presidente, sig.ra Stanzani, fino all'ultimo componente del comitato direttivo ed anche artistico, a titolo gratuito. Insomma la IUC sembra una specie di onlus a beneficio della società, e così in massima parte è, ricevendone in cambio i vari componenti, la permanenza nei vari organismi a vita, ed anche qualche contentino a stagione, con concerti dedicati. Nulla da eccepire.
 Sì, ma Francesca Fortuna, l'attuale direttore generale, anch'ella lavora gratis? No, sebbene per mesi e mesi forse anni abbiamo cercato invano la notizia del suo compenso, che è giusto Ella abbia, per nessun altra ragione se non quella che tale notizia deve comparire nel sito dell'istituzione, richiesta dagli obblighi di legge, alla voce 'amministrazione trasparente, la nostra ricerca non ha avuto fortuna, fino a poche ore fa.
 Oggi, all'ennesimo giro in rete, troviamo la notizia che cercavamo, ma non nel sito della IUC, dove forse avremmo dovuto insistere, andando a scovarla, bensì in altri luoghi della rete.
 Ora sappiamo che almeno lei ha una retribuzione, che non diciamo quale , proprio perchè a noi non interessa quanto guadagni, ma solo sapere che se guadagna qualcosa - come oggi finalmente siamo riusciti a sapere - questo deve comparire sul sito della IUC.

P.S. Altea Fortuna, nata nel 1956, insegnante di ruolo nella scuola elementare, che compare nel consiglio direttivo della IUC - dove presta la sua opera a titolo gratuito- appartiene  anch'ella alla medesima famiglia del fondatore? Ha il ruolo di fare la guardia assieme a Francesca al bene di famiglia?

Non c'è pace per Roma, ma anche per Napoli e perfino per MIlano

Le prossime elezioni amministrative, che interesseranno almeno quattro grandi città italiane ( Roma, Milano, Napoli, Torino), non fanno dormire sonni tranquilli a nessuno. Ma soprattutto ai romani che si vedono trattati come  un laboratorio sperimentale, affidato per la  gestione ad incapaci patentati.
 In questi giorni, alla tragicommedia delle candidature romane si sono aggiunte le polemiche a Napoli ( Bassolino o Valente) su possibili brogli, e  a Milano, dove la candidata 'cinque stelle' scelta con un referendum della rete dai grillini (forte dei suoi 70 voti su trecento votanti) ha deciso di ritirarsi dalla corsa, e bene ha fatto, ma non per le accuse che lei  ha mosso, bensì per la consapevolezza che già due candidati forti esistono a Milano e che la sua sarebbe stata una sconfitta durissima e certa, ma anche - e questo le fa onore - avendo preso coscienza del fatto che non ci si può improvvisare amministratori di una grande città, solo perchè si è stati scelti dalla rete, che pullula di altrettanti improvvisatori.
 Ma Roma è la città dove la bagarre, a destra e sinistra, è massima.  Per la sinistra sarebbe stato indicato Giachetti, un uomo che conosce la città, e che ha fatto parte di una cabina di regia cittadina , guidata da Rutelli, al tempo del Giubileo del 2000. Ma Giachetti non piace alla minoranza del partito ed alla sinistra sinistra, le quali gli stanno sparando contro un siluro che rischia di far vincere il candidato, quale che sia, già debolissimo delle destre, o  quello dei cinque stelle, la giovane avvocato che s'è attirata già le simpatie  della cittadinanza e della stampa, dopo quelle della rete, sopite le polemiche della prima ora, incuranti delle sue effettive capacità di guidare una grande città.
 Perchè nella destra, dopo un apparente consenso delle numerose anime di quel movimento, sono riemersi i contrasti, sul nome proposto da Berlusconi, e cioè Bertolaso. Prima s'è sfilato quel genio assoluto della politica che è Salvini e poi anche la Meloni che alla fine, dopo l'ennesima gaffe di Bertolaso ('faccia la mamma'!), ha deciso di scendere in campo con tutto il pancione. Tralasciamo, per carità umana, le  altre candidature - da galera o  da ricovero - della Pivetti o della Dalla Chiesa, proposta anche dalla Meloni.
 E già, Bertolaso. Sarebbe una delle poche persone, sulla carata, in gradiodi governare una città difficile come Roma, se non altro perchè ha governato le continue emergenze italiane: ma sembra ogni giorno lavorare contro se stesso: ogni qualvolta apre bocca fa una gaffe, esattamente come il suo sponsor Berlusconi. E allora, pur riconoscendogli tutte le capacità che ha, temiamo di dover passare buona parte del tempo a correggere o precisare le idiozie che gli sfuggono ogni volta dalla bocca.Che almeno taccia fino alle elezioni, se resta in pista.
 A Roma come a Napoli c'è un altro fronte di discussioni e contestazioni fra le varie forze politiche, quello delle cosiddette primarie, per le quali ogni giorno si inventa un nuovo nome.  Si contesta il numero dei votanti e la correttezza degli scrutini. C'è stato anche chi , come il senatore Augello, a capo di 'Cuori italiani' ( meglio 'cuori solitari', vista l'emarginazione del senatore dalla vita politica) ha contestato l'esattezza del numero dei votanti, facendo sottintendere che anche su quello c'è stato un imbroglio, secondo i suoi calcoli. Insomma, non c'è chiarezza  e certezza su nulla. Si può in queste condizioni andare a votare? No! E l'astensione cresce.

lunedì 14 marzo 2016

TRONCAROMA

Nei salotti della politica si fa un gran parlare di Tronca e  Gabrielli i due fratelli-serpenti, ambedue interessati, anzi aspiranti all'incarico di 'capo' della polizia. La spunterà chi commetterà meno errori e riuscirà a farsi più bello agli occhi della opinione pubblica e della politica che distribuisce incarichi e premi.
Gabrielli ha da penare al Giubileo che  non è neanche a metà strada - finirà alla fine di novembre -  e che rappresenta, non solo per lui, un fenomeno 'attenzionato' come dicono gli spregiatori della lingua italiana,  bisognoso di attenzione continua.
 Tronca invece si fa bello tentando il risanamento di un bilancio che fa acqua, come quello del Comune di Roma. Ha fatto già tagli su tagli, TRONCAndo qualunque cosa si potesse TRONCAre.
 E non contento, dopo aver ricevuto il plauso, ora  compie un affondo, senza chiedersi se con questo possibile ulteriore taglio,  la città stessa di Roma possa affondare.
 In queste ore il consiglio comunale dovrebbe approvarlo, comprendendovi anche l'ulteriore taglio di 73.000.000 di Euro. Bruscolini.  Tronca andrà a tagliare sul salario accessorio del personale ( il taglio maggiore, una sessantina di milioni) sulle gestione delle mense (2,2 milioni. e qui le cose cominciano a preoccupare), toglierà soldi alla cultura (12 milioni: che resta?) e alla cura del verde, un altro paio di milioni.
 Con questi chiari di luna, i romani ed i visitatori della Capitale saranno costretti a fare ciò che fece Massimo D'Azeglio ai suoi tempi, in concomitanza di un Giubileo, anche allora, quando Roma era tutto un 'esercizio spirituale'. Decise di stabilirvisi nel suo paese d'origine, rimandando il suo soggiorno a Roma, a Giubileo terminato.
 E chi non può fare oggi come D'Azeglio, ha solo da augurarsi di vedere la fine del Giubileo. E non quella di Roma, dopo la cura da cavallo di TRONCA.

venerdì 11 marzo 2016

Perchè non andiamo pazzi per i titoli tirati a forza; e per gli scoop giornalistici che scoop non sono.

Non andiamo pazzi dei titoli tirati a forza ed ogni giorno - perfino l'immaginifico 'Manifesto'  non sarebbe capace di tenere il ritmo di una titolazione idiota ma ad effetto ogni giorno - benchè noi stessi qualche volta ne abbiamo inventato qualcuno particolarmente riuscito. Qualcuno sì, ma non tutti i giorni, o tutti i numeri di un giornale come il nostro dell'poca, Piano Time, mensile.
Ce ne  vengono in mente due, di quegli anni di gioventù; uno che raccontava dell'avvicendamento fra Abbado e Muti alla Scala; in copertina la facciata del Piermarini ed i due direttori, suonava: ' La Scala del paragone', rubando il titolo di un'opera di Rossini. Non male.  E, il secondo, per un 'Flauto magico', sempre alla Scala,  quando Muti chiamò a collaborarvi come regista  Roberto De Simone. Il titolo  quella volta fu 'Napoletani a Milano', senza intenti razziali ovviamente, neppure sottintesi; e fu il cinema a suggerircelo. Sono i primi che ci vengono in mente, ma forse in sette anni qualche altro ve ne fu.
Ora, tanto per fare un esempio di titolistica che non ci piace, perchè banale, abusata, senza un briciolo di fantasia ed intelligenza, che abbiamo letto proprio in questi giorni, per una iniziativa musicale romana: 'Tutti pazzi per Schumann', alludendo all'esecuzione delle Sinfonie di Schumann a Santa cecilia, dei suoi Quartetti ( non abbiamo capito se alla Filarmonica o alla IUC; nemmeno il cronista deve averlo capito ) e forse del suo Concerto per pianoforte, nuovamente a Santa Cecilia, o qualcosa del repertorio pianistico,  ma più avanti, affidato a Beatrice Rana, l'astro nascente del pianismo italiano. Noi al posto dei fantasiosi titolisti accademici avremmo scritto. "Tutto Schumann: siamo Pazzi?" .
 Ma dove  una schiera di titolisti, più numerosa e più agguerrita di qualunque giornale, lavora notte  e giorno, è ad Agorà, trasmissione del mattino, ore 8, su Rai 3. Ogni giorno un titolo che, identificando la chiacchiera quotidiana, condotta e gestita con professionalità da Gerardo Greco, deve colpire - per la sua idiozia, lasciatecelo dire. Non ce ne viene in mente uno in particolare, ma basta accendere lunedì mattina, come anche martedì e mercoledì, giovedì e venerdì, insomma un giorno qualunque della settimana, sabato escluso, per essere abbagliati da tanto lavoro di geniale invenzione.  Se non  credete a noi non dovete che attendere lunedì.

P.S. Oggi venerdì 18 marzo, sciopero dei mezzi pubblici dalle 8.30 alle 12.30 a Roma, osservata speciale di  Agorà di Rai 3  che MANTIENE il primato della titolistica idiota: BOTTE DA URBE.

 Negli scoop veri o farlocchi , nelle inchieste mensili che nulla rivelano che già non sapevamo, si è invece specializzata una delle poche riviste musicali, sopravvissute alla decimazione causata  dall'assenza di lettori di musica in Italia. A dargli manforte è regolarmente, ad ogni uscita, un giornalone milanese. Un esempio?
 L'altro numero/mese si leggeva dello strano destino di una cassa di documenti, un archivio segreto verdiano, forse conservato nella villa di Sant'Agata, che, nel paese del melodramma, conoscono soltanto i proprietari, lontani eredi del musicista.  Ed anche di un secondo archivio, quello pucciniano, così gelosamente custodito a Torre del Lago, nella villa del musicista, dalle sue ultime vestali, dal quale sembrerebbero scomparse alcune carte importanti, come ci dicono alcuni noti studiosi di Puccini.
Nell'uno come nell'altro caso, due ville 'dei misteri', dei quali non si viene a capo  se non con l'esproprio, per fini culturali e sociali, mentre  gli eredi quando possono mettono ancora veti assurdi, senza che nessuno li denunci ad alta voce, come quello imposto appunto dagli eredi pucciniani che non hanno consentito, nell'epistolario del musicista di cui  è stato appena pubblicato il primo di una decina di volumi, che venissero riprodotte, integre nel testo, alcune lettere presenti in appendice, con una nota che ne illustra il contenuto. Cosa ha fatto assumere tale stupida decisione per lettere di oltre un secolo fa?
 Nel numero /mese in uscita, come anticipato dal Corrierone e dalla Repubblica, una cinquantina di musicisti e personalità della cultura, hanno inviato una lettera a Mattarella per invitarlo ad intervenire per aprire quegli archivi agli studiosi. Un appello, che non si nega a nulla e nessuno,  in Italia è ancora  una notizia, anzi uno scoop. Forse perchè gli appelli, inutili, sono oggi più rari di ieri.

Lang Lang. Per chi suona a Caracalla?

Quando critichiamo - e continuiamo a farlo - la gestione Fuortes all'Opera di Roma, 'modello Auditorium', abbiamo più d'una ragione.  Il suo passaggio nel Teatro della Capitale sarà ricordato forse solo,   per l'arrivo di regie 'rivoluzionarie' per dimostrare che l'opera 'del passato' va attualizzata, come va dicendo - il che fa capire quanto poco Fuortes sappia e capisca di musica - e per l' alternanza di musica  cosiddetta 'bassa' ed 'alta'. Esattamente come faceva nella cavea dell'Auditorium d'estate, anzi come non poté fare sempre  lì, perché quando l'Orchestra dell'Accademia si accorse del disastro acustico di quello spazio, vi rinunciò quasi del tutto, lasciandolo volentieri agli artefici dell'altra musica che negli spazi delle piazze e degli stadi si beano, come del resto fa anche Fuortes, di fronte a maree umane ondeggianti.
 Ora Fuortes chiama a suonare a Caracalla, la sempre disastrata platea estiva dal punto di vista acustico, nonostante le arrabattate cianfrusaglie elettriche per l'amplificazione, Lang Lang, il pianista più celebrato (ed anche criticato) ma anche e sopratutto  il più fotogenico del pianeta.
Che cosa suonerà Lang Lang, che cosa si  riuscirà ad ascolterà di ciò che suona Lang  Lang? Nulla o quasi. Ed allora perché il responsabile di una istituzione musicale deve  commettere così imperdonabili errori, senza che nessuno gli dica in faccia che  non merita di stare in quel posto lì, cioè alla sovrintendenza di un teatro d'opera, se commette impunemente simili errori?
Neppure un timidissimo accenno a tale problema  s'è letto nei panegirici al sovrintendente 'alla moda' , segno dei tempi che cambiano, dove è dura a morire la regola d'oro della sopravvivenza: salire sul carro del vincitore del momento.

CARACALLA 2015. Il grande successo in cifre

29 serate comprendenti opera, balletto, rock, teatro  '  modello auditorium'
 Disponibilità posti 4000 a sera, complessivamente 116.000
 Spettatori (paganti e non?): 72.000
 Incasso. 3.700.000 Euro
 Media costo biglietto: 51,00 Euro
 Media posti occupati per sera: 2480
Media posti vuoti per sera:1520

CARACALLA 2016. Il grande successo annunciato

24 serate in 50 giorni: uno spettacolo a giorni alterni, 5 serate meno dell'anno scorso.
 Disponibilità posti: 4000 a sera, complessivamente 96.000
Fuortes prevede ed avrà il tutto esaurito, esattamente come aveva previsto l'anno scorso e puntualmente ottenne.
 Preventivo incasso, a platea esaurita (costo medio biglietto 51,00 Euro): 4.896.000 Euro 

Daniele Gatti: l'eterno secondo si è presa la rivincita. Ma ancora all'estero.

In questi giorni Daniele Gatti è a Roma, sul podio dell'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia, per le Sinfonie di Schumann che dirigerà in due diversi concerti per due successive settimane. E già questo ci convince poco: grandi capolavori proposti come fossero patate, quando meriterebbero più rispetto e maggior tempo.
Come ci convincono  ancora meno certe dichiarazioni senza senso che dovrebbero informarci della volontà di ricreare buoni e  più regolari  rapporti con i direttori che si sono succeduti  alla guida dall'Accademia negli anni passati - che è come voler rimettere insieme i cocci di matrimoni naufragati. E, infatti, ironia della sorte, proprio mentre si vorrebbe dar corso a questo intento riappacificatore,  il primo dei direttori invitati, Chung, è costretto a rinunciare per 'importanti problemi di salute'; staremo a vedere quanto 'importanti' siano stati i suoi problemi - per i quali comunque gli auguriamo di superarli bene e in fretta - dalla sua annunciata ed ancora non cancellata presenza sul podio della Fenice, nella settimana precedente la Pasqua.
 Ed ora torniamo a Daniele Gatti che, dando fiato alle trombe, dapprima pacifiche poi combattive, ha raccontato di quei primi anni passati a Roma, ancora giovane e  poco più che trentenne ( 1992-1997), quando - unica volta in Italia - venne preferito a Thielemann, come direttore stabile dell'Orchestra dell'Accademia ( a Thielemann toccò la medesima sorte alla Fenice di Venezia. E forse è anche per questo che gira alla larga dall'Italia?).
In quel caso, forse, la scelta di Gatti tenne unita l'Orchestra nel senso che il giovane direttore italiano catapultato su uno dei podi  sinfonici più importanti, sicuramente attutì - sentendosi onorato per l'incarico  ed avendo in fondo un buon carattere - i colpi che ogni giorno dovette subire, come ha rivelato in questi giorni, accennando appena, per non dire di più, che l'allora 'spalla' dell'Orchestra, Angelo Stefanato, non gli strinse la mano, avanzando il fatto 'che doveva suonare' ed una stretta possente avrebbe potuto rovinargli le articolazioni, mentre quella frase stava a dire: ti faremo vedere i sorci verdi, capito, giovincello?
 La storia non è nuova; si ripete, non solo in Italia, ogni volta che arriva qualcuno  in incarichi importanti.  Anche  per l'Orchestra dell'Accademia, dove invece sembrerebbe che i rapporti con Pappano siano stati sempre idilliaci,   non è stato proprio così: anche Pappano ha dovuto studiare ed adottare una strategia, riuscendo ( ?) forse con il tempo a  stabilire rapporti piuttosto non conflittuali.
 Dopo l'esperienza ceciliana, che certamente a lui giovò più di quanto non giovasse all'orchestra -ricordiamo le facce di molti orchestrali, veri e propri lupi mascherati da agnelli, pronti ad azzannare qualunque pecorella fosse finita nel suo recinto - Gatti ha fatto una bella carriera - come altro definirila? - sicuramente una carriera più che onorevole, prevalentemente all'estero, dove ha ricoperto incarichi di prestigio - ed anche questa è storia vecchia - mentre in Italia è arrivato sempre secondo.
Teneva tanto alla Scala, dove aveva debuttato giovanissimo, sotto i trent'anni, specie dopo l'arrivo di Pereira, suo protettore a Zurigo, ed invece la Milano che conta -  che, in questa decisione, ha contato più di Pereira - ha scelto Chailly che certamente ha avuto una carriera più luminosa di Gatti, ma sempre all'estero (Amsterdam e Lipsia) prima di tornare in Italia; si era fatto il suo nome, ad intervalli regolari anche per l'Opera di Firenze, dopo il benservito  a Zubin Mehta, ed invece a lui è stato preferito Fabio Luisi (anche lui con una bella carriera all'estero : Dresda, New York).
Anche Gatti ha avuto  la sua bella carriera all'estero ( Zurigo, Parigi), dove la prosegue. Ma forse non è bastato all'Italia, che guarda con sospetto i propri figli, e continua a farlo fino a quando non è più possibile, perché contro la stessa decenza. Gatti ancora una volta è costretto a continuare il suo giro fuori d'Italia, prendendosi una rivincita solenne ad Amsterdam, sul podio del Concertgebouw, che fu già di Chailly. E chissà che un domani non possa anch'egli coronare, come Chailly, il suo sogno di direttore della Scala, dove all'ultima inaugurazione con Traviata non ha avuto accoglienze trionfali.
Noi, Gatti lo abbiamo visto dirigere tante volte, a Roma. Di una di queste, accompagnando Gyorgy Sandor, sentimmo dal celebre pianista una dichiarazione 'disinteressata e pesata' di stima ed apprezzamento per Gatti, ed anche di ammirazione per il direttore che dirigeva una partitura così difficile ( non ricordiamo quale dei tre concerti di Bartok), a memoria. Un portento.
 Infine la storia di Schumann, cattivo strumentatore ed orchestratore; meglio: strumentatore inesperto, più che cattivo. La storia è vecchia ormai  di oltre un secolo, ed è arrivata, per essere successivamente sfatata, fino a poco dopo la metà del secolo scorso. A noi da Gino Marinuzzi jr. furono mostrate le partiture delle Sinfonie di Schumann usate da suo padre, il celebre Gino, direttore fra i più grandi, il quale aveva corretto alcuni passaggi,  introdotti raddoppi strumentali ecc.. E Gino Marinuzzi era anche un abilissimo compositore, al quale, a quei tempi  certe licenze erano forse anche consentite. Oggi, inutile continuare a  parlarne. La scrittura di Schumann è la sua, e va presa in considerazione per non continuare la storia degli interpreti che si credono superiori e più abili degli stessi compositori.

martedì 8 marzo 2016

Enrico Mentana analizza il recente matrimonio, d'amore, nel mondo dell'informazione.

Si è scritto e detto molto in questi giorni sul matrimonio civile - per amore, non per interesse - fra La  La Repubblica ( Gruppo L'Espresso) La Stampa e Il Secolo XIX  - questi ultimi due  erano già conviventi; e si è detto e scritto anche  che queste unioni erano già nel destino dei due grandi gruppi, come segnalava pochi mesi fa anche il trasloco dei direttori e come da tempo lasciava immaginare la consanguineità delle proprietà di La Repubblica e La Stampa. Insomma tutto scritto, reso più necessario dai dati drammatici della diffusione, vendite e rese dei quotidiani in Italia, e della stampa in genere (i dati ufficiali  e certificati, riportati anche oggi nel sito di Franco Abruzzo, mettono i brividi: siamo in una crisi nerissima per le vendite, e la pubblicità non si è del tutto ripresa e forse non si riprenderà  nel breve e medio periodo.
In questa crisi c'è qualcuno che si è avvantaggiato? In parte, ma solo in parte, tutti i mezzi di informazione, diretti o indiretti, che hanno costi nettamente inferiori  a quelli dei giornali e che forniscono informazioni, esatte o no che siano, curate o meno, in tempo reale.
 A che serve comprare, per leggerlo, un giornale alla mattina quando tutto ciò che è accaduto fino all'alba, la rete e le tv l' hanno già mostrato e illustrato? Ma i giornali contengono commenti e pareri illustri di  autorevoli specialisti - si potrebbe obiettare. Ma questi  commenti e parerei sono poi  così necessari e  importanti, come pensano o fingono di pensare e voler far credere coloro che i giornali li fanno e li editano? Quanti sono, ammesso che lo siano importati e necessari, coloro che li leggono o che sono interessati a farlo? Ed a quale fascia di età essi appartengono?
 Enrico Mentana in una lunga intervista - ripresa da Il Foglio 'rosa', del Lunedì - prende in esame tutti questi problemi, a cominciare dalle vendite e dai lettori abituali dei giornali, e si domanda se si è mai vista una fila di giovani davanti ad un'edicola. I giornali non li leggono i giovani, i giornali di informazione, soprattutto quotidiani, bensì gli adulti, abbastanza adulti, gli unici che poi parlano dei vari commenti e che hanno soprattutto il tempo di leggerli. Ai giovani bastano le notizie, sulle quali autonomamente riflettono, se ne hanno voglia e capacità.
 Ma perché l'era dei giornali sta finendo? Mentana sostiene che i giornali finiranno innanzitutto perché costano molto; perchè chi ci lavora difende privilegi ormai insostenibili, che rappresentano forse il cancro più temibile nel corpo dell'editoria giornalistica.
 Oggi, e domani ancor di più, basterà la rete e la tv; certo la rete e la tv danno una informazione che difficilmente educherà i giovani alla crescita intellettuale e civile,  abituandoli anche alla riflessione, cosa che i giornali con i vari commenti possono favorire. Ma evidentemente ciò importa poco o nulla.
 Il fatto è che è arrivato il momento di domandarsi - come fa Mentana con un paragone abbastanza allarmante ed impietoso - se oggi i giovani preferiscano IKEA ad ogni altro fornitore di mobili ed accessori domestici; e se gli stessi, oltre che funzionali,  siano anche belli, di qualità e duraturi. Mentana dice di  riscontrare come oggi i negozi di antiquariato  sono sempre più deserti, come le edicole; mentre IKEA è sempre strapieno di gente che, senza chiedersi altro,  spende poco, acquista ciò che in quel momento gli serve, e tanti saluti.
 Ora  arrendersi contro un nuovo tipo di barbarie non ci convince fino in fondo; certo è però che  i giornali si vendono sempre meno, la pubblicità cerca altri sbocchi,  le informazione tutti le cercano nel mezzo più veloce ed economico, non importa se grezzo.
Però, caro Enrico, se vogliamo fermarci ai costi, non è che gli artefici della informazione in Tv costino meno. Un direttore di telegiornale costa molto molto meno di uno della carata stampata, ed altrettanto dicasi dei giornalisti? Non lo sappiamo. ma che  nella casta dei giornali si spenda  molto è vero, e d'altro canto che sempre nei giornali si sfruttino i giovani pagandoli due soldi, per continuare a mantenere alti i compensi delle cosiddette grandi firme, è  altrettanto vero.  Prima di chiuderli i giornali per deficit  congenito si potrebbe fare qualcosa.
Ad esempio, si potrebbero mandare definitivamente in  pensione tutti i collaboratori pensionati ed immettere energie fresche e nuove nell' informazione. Altrimenti a che serve lamentarsi della disoccupazione giovanile se poi proprio coloro che raccolgono e diffondono tale grido di dolore sono i primi a fomentarla ed accrescerla?
 Quanto poi alla velocità delle Tv,  occorre anche tener presente che molte delle trasmissioni a mezza strada fra intrattenimento ed informazione, senza i giornali dai quali prendono tutte le notizie dei casi di cui si occupano - noi che, per ragioni anagrafiche, continuiamo a comprare e leggere i giornali, lo vediamo ogni giorno -  potrebbero anche chiudere o mandare a loro spese qualcuno  sul territorio, cominciando a spendere di più ed a costare di più. Come si vede la fine della storia non può essere una sola, come vorrebbe far intendere Mentana: la chiusura dei giornali.

domenica 6 marzo 2016

Campo Dall'Orto guarda la tv di domenica?

Oggi, con una intervista a Repubblica, Campo Dall'Orto comincia a rivelare i suoi progetti sulla RAI del futuro prossimo, affidato alla sua gestione, della quale il cambio dei direttori di rete, rappresenta il primo tassello.
 Ci ha confermato che dal 1 maggio la pubblicità, qualunque pubblicità, sparirà dai canali per bambini; ci ha detto che il talk deve  in qualche maniera cambiare e rinnovarsi - come ha saputo fare Fazio ( rappresentato da Caschetto che rappresenta molti altri  personaggi della nuova RAI di Campo Dall'Orto) e che programmi che sfruttano sentimenti, bambini  robot, dolori ( vergognoso, doppiamente  vergognoso, 'Così lontani così' vicini' affidato alla coppia Romina/Al Bano) per fare spettacolo, vanno  cancellati dalla tv. E ci ha detto pure - ed è questa la ragione di queste poche righe - che da domenica prossima via la cronaca nera dalle trasmissioni della rete ammiraglia.
Il riferimento è alle trasmissioni pomeridiane affidate a presentatori rappresentate dal pilastro n. 2 che regge, con Caschetto, i programmi della RAI, e cioè quel Lucio Presta che ora si candida sindaco in Calabria, ed è marito della Perego.
 Però  Campo Dall'Orto  oggi,di domenica, la televisione non la guarda, perchè, appena prima di arrivare a domenica prossima, quando la nera sarà oscurata da RAI 1, consente  alla Perego di intervistare a lungo, uno dei volti che proprio nelle trasmissioni  centrate sulla cronaca nera, è fra i più popolari ed abituali, quella bionda criminologa che fa nome Bruzzone, che solo la domenica non vedremo più, mentre ce la vediamo ogni giorno, ogni pomeriggio, a 'la vita in diretta'.  C'era proprio bisogno? Che ci frega di sapere chi è la Bruzzone?  non la vediamo ogni giorno sentenziare su qualunque delitto, anche su quelli - e forse non dovrebbe - in cui è implicata come esperta? Basta con questa tv che si parla addosso, proponendoci persone e personaggi che in un altro paese se ne starebbero a casa a fare la calza o a badare i figli , o nei rispettivi uffici a lavorare, e non a fare comparse in tv. Dalla quale solo, unita a piccola dose di bravura e competenza, raggiungono spesso il successo anche professionale.

Opera di Roma- Accademia di Santa Cecilia. PUBBLICITA' INGANNEVOLE

L'abbiamo letta proprio oggi su Repubblica, la pubblicità che annuncia quel carnet di  cinque spettacoli d'opera e concerti che i due enti romani offrono al pubblico a prezzi ridotti. E cioè a 230,00 Euro, per una poltrona di platea che sono i posti più costosi. Magari, detto per l'Auditorium, sono i più costosi ma anche quelli dai quali peggio si sente (storia ben nota!).
L'Opera di Roma e Santa Cecilia hanno scelto loro  gli spettacoli  interessati da questa prima operazione di collaborazione - della quale abbiamo parlato bene nei giorni scorsi - che però qualche dubbio, proprio sulle modalità, lo fanno venire. Ad esempio, perchè una persona che per la prima volta mette piede in un teatro d'opera dovrebbe scegliere il 'Benvenuto Cellini' di Berlioz, e financo  il 'Trittico' pucciniano dei quali non gli  viene in aiuto neanche una nota già conosciuta, come potrebbe accadere con titoli più popolari? E questa è già una obiezione.
L'anno prossimo sarebbe più opportuno far partire in tempo la collaborazione, proponendo abbonamenti 'parziali' a spettacoli d'opera , balletto e concerti delle due istituzioni,  lasciando però la scelta  allo spettatore, e magari con ulteriori sconti per coloro che sono al di sotto dei trent'anni, i cosiddetti giovani, nei quali, stando alle statistiche, si registrerebbe le più diffusa  estraneità a teatri d'opera e a concerti classici. Come sarà opportuno anche che i programmi tengano d'occhio questo possibile nuovo spettatore, proponendo in cartellone  titoli più popolari.
 Ma veniamo al capitolo della pubblicità ingannevole, nel cui caso ci imbattiamo nella stessa volontà di non essere chiari fino in fondo. In detta pubblicità, apparsa sul quotidiano 'La repubblica' si legge, ben evidente, che i giovani sotto i trent'anni, per il medesimo abbonamento parziale a cinque  serate paga 100,00 Euro. E la cifra è ciò che subito si legge , ancor prima dell'età degli eventuali spettatori cui  è destinata la facilitazione.
 Poi  con caratteri quasi invisibili, in una riga nascosta fra le pieghe della pubblicità che elenca gli spettacoli ed i concerti interessati, si legge  la cifra dei 230,00 Euro, alla quale avevamo fatto riferimento quando abbiamo scritto  la prima volta su questo blog dell'iniziativa.
Esattamente come fanno banche, assicurazioni o compagnie telefoniche, quando ti vogliono fregare: scrivono in piccolo ciò che non vogliono si legga a prima vista, e mettono in risalto solo i lati positivi delle loro offerte, della cui mendacità ti accorgi solo quando ti rivolgi ad esse perchè hai un problema o devi rinnovare la polizza.
 La prossima volta dunque si scriva chiaramente delle due opzioni, si dia  all'abbonato  l'opportunità di scegliersi gli spettacoli che vuole nell'ambito del cartellone, e poi non si restringa l'operazione ad  un lasso di tempo (neppure due mesi) che dovrebbe vedere il neo abbonato abbuffarsi di musica per tutto il resto dell'anno. Meglio, no?

Lo storico Teatro Valle di Roma è ancora un problema

Solo oggi abbiamo appreso che la proprietà dello storico teatro Valle, a Roma, è passata dallo Stato al Comune di Roma, e che ambedue i soggetti metteranno insieme circa 3 milioni di Euro per procedere - loro dicono 'speditamente' - al restauro completo dell'edificio ed al suo ammodernamento e successivamente  alla riapertura ed all'affidamento, probabilmente al Teatro di Roma - asso pigliatutto - gestito dai compagnucci del partitino al governo della città e che ha già la gestione, oltre che del Teatro Argentina, di altri spazi teatrali. Insomma un vero e proprio circuito teatrale destinato a soddisfare, passando ogni volta di mano ad ogni cambio di governo della città, gli appetiti di cosiddetti operatori culturali nati e formati all'ombra di qualche sezione di partito.
 E noi che pensavamo - visto che il teatro è chiuso dall'estate del 2014 - che i solertissimi Franceschini e la sua compagna ed ora moglie De Biase, e Marino e la Marinelli  avevano  già avviato i lavori di restauro e ripristino della storica sala, oltre che della sua illustre facciata del Valadier. No, tutto come due anni fa circa, nel frattempo il teatro è rimasto chiuso e forse il suo deperimento strutturale è andato ancora avanti.
 Nella discussione sul futuro del teatro Valle si è inserita ora la Fondazione Romaeuropa, apparentemente alla chetichella, ma per vantare una specie di diritto di prelazione sulla gestione del teatro, per bocca di  Fabrizio Grifasi direttore generale ed artistico della Fondazione e dell'omonimo festival, e membro del CdA  'A VITA'.
 Dice Grifasi: prima di destinare lo spazio  nel centro di Roma a qualcuno, si discuta della sua finalità, di quale progetto impiantarvi, perché anche il Teatro Valle non può finire ad essere una scatola che vive di 'ospitate'. Grifasi naturalmente, senza dirlo apertamente, fa capire di poter   vantare qualche diritto, se quello spazio viene destinato a 'coltivare' la nuova creazione teatrale', nel quale campo la fondazione da lui diretta 'A VITA' si è specializzata. A proposito di Grifasi ed anche della Veaute, anch'ella Presidente 'A VITA' della medesima fondazione, specializzatasi anche in 'VITALIZI', perché non schiodano lasciando, dopo molti anni ormai, il posto ad altri?
Non lo diciamo perché abbiamo qualche mira, noi non siamo più in età da essere considerati all'altezza. Dunque lo diciamo per  i 'Nuovi teatranti' ai quali la Fondazione terrebbe immensamente,  a suo  dire, mentre è governata da vecchi ( meglio 'adulti' che però diventeranno anche vecchi restando sempre lì, ' A VITA'), attaccati alle poltrone, come nessun altro.
 Ora, si sa anche della mancanza cronica di spazi teatrali nei quali ospitare le manifestazioni del festival che dopo essere stato condensato per anni nella stagione estiva, e su palcoscenici allestiti ad hoc ( negli ultimi anni a Santa Croce in Gerusalemme) ora ha una programmazione autunnale, spalmata lungo due o tre mesi, ospitata dove può.
E' evidente che Grifasi e la sua Fondazione,  di cui è membro 'A VITA', guardano al Valle anche come ad un possibile spazio nel quale trasferire buona parte della programmazione festivaliera. Insomma come si dice a Roma, con 'una fava due piccioni', sbattendo in faccia soltanto la nobilissima idea che chi avrà la gestione del Valle , l'otterrà con un progetto ed una finalità  degne del teatro e di  una autonoma consistenza culturale. Come soltanto la Fondazione Romaeuropa potrebbe garantire - che è ciò che vuol dire Grifasi, ma che non ci trova d'accordo.
Perchè se Romaeuropa continua a fare ciò che ha sempre fatto -  magari ogni tanto con nuovi filoni di interesse e nuovi artisti, mentre invece per la gran parte sono sempre gli stessi;  questo  basta e avanza - al Valle possono provvedere altri. O bisogna pensare che senza Grifasi la cultura a Roma rischia di dissolversi?

sabato 5 marzo 2016

La Fondazione Claudio Abbado - figli ed esecutore testamentario - sceglie Berlino per trasferirvi l'archivio del musicista. Bocciata l'Italia

Cominciamo col dire che la decisione dei figli di Abbado - Daniele ed Alessandra - di spedire l'archivio del loro padre alla Biblioteca nazionale di Berlino,  a portata di mano dei Berliner Philharmoniker, che lo ebbero direttore per molti anni, nonostante che abbia qualche ragione di opportunità, non ci piace affatto, per le ragioni che i due rampolli che un pò conosciamo, direttamente o indirettamente, hanno addotto  a sostegno di tale decisione.
 No Milano perchè, in fondo, il loro padre, dopo essersi formato ed aver mosso i primi passi ed aver avuto il primo importante incarico alla Scala, andò via sbattendo la porta, molti anni fa, e non ci è più tornato, salvo una fugace apparizione  nel 2012 .
No Bologna, dove Abbado ha trascorso gli ultimi anni della sua vita, e dove ha messo su l'ultima sua creatura 'giovanile', l'Orchestra Mozart; ma qui non abbiamo capito perchè.
E no Ferrara, dove Claudio Abbado per anni,  a cominciare dagli anni Ottanta  ha avuto una sua residenza con l'Orchestra europea, altra sua creatura musicale, ma dove ha trovato lavoro a sua figlia Alessandra... ed anche qui la ragione non  ci è chiara.
 Per Milano s'è ascoltata anche la voce di Filippo Del Corno, compositore ed assessore alla cultura del gabinetto Pisapia, e ovviamente in buoni rapporti con gli eredi del maestro, nonchè esponente dei salotti buoni della capitale lombarda, che ovviamente ha detto di essere d'accordo con la decisione autonoma degli eredi del maestro -  che ha anche altri due figli più piccoli, rispetto a Daniele ed Alessandro - perchè, in buona sostanza, Berlino 'fa buona guardia'.
Cioè - ed è lì'unica ragione che capiamo e possiamo condividere - andando a Berlino tutto il lascito 'musicale'  (soprattutto partiture, libri, corrispondenza poca) di Claudio Abbado sono sicuri che verrà catalogato, come sottoscritto dagli affidatari, e digitalizzato, cosa che in Italia, con i chiari di luna attuali, nessun'altra istituzione avrebbe garantito nei modi e tempi assicurati dai tedeschi.
 Noi stessi, si parva licet... ,quando abbiamo deciso di donare ad una biblioteca una decina di lettere manoscritte che Stockhausen ci scrisse ai tempi della nostra direzione di Piano Time, abbiamo subito deciso per la biblioteca musicale dell'Istituto Storico Germanico di Roma, perchè siamo sicuri che quelle lettere  in quello straordinario centro di cultura e di studio saranno conservate e rese accessibili nella migliore maniera  possibile.
 Ma noi che non abbiamo ricevuto nessun favore nè dal celebre istituto romano, del quale però in tante occasioni abbiamo potuto verificare di persona l'efficienza e la cortese sollecitutdine, nè da nessun altro, essendo liberi di fare dono delle nostre cose a chicchessia, abbiamo scelto secondo un nostro personale insindacabile parere.
 I figli del maestro, specie i due più grandi, Daniele il regista e Alessandra la manager, non possono dire altrettanto. perchè- senza timore di essere smentiti - in Italia, in nome del padre, hanno ricevuto opportunità come in nessun altro paese, neppure in Germania. E allora avrebbero dovuto tentare altre possibili strade, giustificare altrimenti la scelta senza quel  tipico atteggiamento riprovevole di chi sputa nel piatto nel quale ha mangiato e continua a mangiare.
E la figlia Alessandra - come abbiamo scritto alcuni giorni fa - perchè ora che suo padre è morto, non continua a lavorare per l'ultimo suo progetto rappresentato dalla 'Mozart'  - dove lei ha trovato lavoro per anni - che ora faticosamente si tenta di far risorgere?
 E Daniele, regista, lavora all'estero come in Italia? Ce lo dica se sbagliamo.
Spunta poi una collaborazione con l'Accademia di Santa Cecilia, guidata dal loro parente Michele Dall'Ongaro che dovrebbe avere un accesso 'privilegiato' all'ARCHIVIO BERLINESE. Ma come fa se, notizie degli ultimi tempi, il personale della Bibliomediateca ceciliana è stato ridotto all'osso al punto che  neanche la normale attività di consultazione e studio è oggi garantita?

giovedì 3 marzo 2016

Dell'Utri a telefono con Massimo Marino De Caro. Lo scandalo della biblioteca dei Girolamini

" A Ma' fammi il prezzo", questo si ascolta in una telefonata intercorsa fra Marcello Dell'Utri e Massimo Marino De Caro, il ladrone, condannato, della Biblioteca dei Girolamini di Napoli.
 Finalmente il Senato ha autorizzato la magistratura ad utilizzare le registrazioni delle intercettazioni telefoniche nel processo che vede imputati ancora il De Caro ed il senatore, già in carcere per un altro reato, per la sparizione di numerosi preziosissimi volumi dalla storica biblioteca napoletana.
 Abbiamo scritto già tante volte del caso della Biblioteca napoletana. Riassumendo. Il ministro Galan, dipendente di Dell'Utri ai tempi del suo lavoro in Publitalia, su indicazione di Dell'Utri, noto bibliofilo, assume al Ministero il De Caro come esperto, e poi lo nomina alla direzione della biblioteca napoletana, sempre per interessamento di Dell'Utri. Perchè mai tanto fervore da parte di Dell'Utri? Quella telefonata e forse tante altre lo  spiegano.
 Innanzitutto Galan merita una censura ed è assai strano che  non venga chiamato in causa anche per quest reato, lui ex ministro dell cultura, già condannato per un giro di mazzette  in Veneto, ai tempi della sua presidenza alla Regione. Può un ministro nominare alla direzione di una famosa biblioteca un signore, che millanta titoli e competenze inesistenti,  ma di cui egli non si accerta preventivamente, perchè glielo raccomanda il suo ex capo ed amico della cui  passione bibliofila, Galan era perfettamente a conoscenza? E' come nominare un falsario a dirigere la zecca o il poligrafico dello Stato. Chi può garantire che egli non si porti via giorno dopo  giorno una o due o tre matrici per stamparsi, di notte, a casa, un pò di soldi falsi, per arrotondare lo stipendio? Certo che no, allora meglio non nominarlo.
 Galan invece lo nomina, e De Caro per ingraziarsi Dell'Utri che fa? Non sappiamo bene cosa abbia fatto, ce lo dirà la magistratura alla fine del processo. Ma certo quella telefonata, almeno quella, farebbe intendere che De Caro, seppure ad un prezzo di favore, sta vendendo a Dell'Utri, un libro raro, non di sua proprietà, ma che egli ha rubato alla biblioteca sulla cui integrità egli dovrebbe vigilare.
 De Caro ed un sacerdote che assieme a lui dirigeva la biblioteca - e forse anch'egli non del tutto all'oscuro del traffico di libri - già condannati a pagare alcune decine di milioni di Euro, a quanto ammonterebbe il danno per i libri rubati, trafugati e rivenduti, ora assieme a Dell'Utri tornano in tribunale per chiudere definitivamente il processo, e speriamo che, a sentenza avvenuta, in carcere ci restino  ancor per molto.

'Portoghesi' alla buvette di Montecitorio e bambini senza mensa nelle scuole italiane perchè poveri

Quando al ministro Franceschini hanno chiesto di munirsi di scontrino alla cassa prima di consumare la sua colazione alla buvette di Montecitorio, il ministro si è risentito. Non ha detto nulla, ma sul suo volto si leggeva la risposta: 'lei non sa chi sono io, per chi mi ha preso?'.
 E' accaduto anche questo, e non solo a Franceschini,  perchè ci è andato di mezzo anche l'ex ministro Lupi, fra i tanti ai quali il ragazzo del bar ha ricordato che alla buvette di Montecitorio, prima di consumare occorre munirsi di scontrino, come in qualunque altro bar. La socieà che la gestisce, a fine giornata, riscontra regolarmente enormi differenze fra la quantità di prodotti serviti e i pagamenti incassati per gli stessi. Dunque occorre provvedere per non chiudere  in perdita.
 Perchè, spesso  in tanti bar (come alla buvette di Montecitorio), specie se trafficati, si registrano perdite, a causa dei  'portoghesi', cosiddetti, che non  eludono solo i biglietti di tram o metropolitana, ma scesi dai mezzi di trasporto, pretendono di avere gratis anche la colazione o il semplice caffè al bar.
 L'usanza cattiva ma diffusa va stroncata ovunque, e non ci meravigliamo che  tale abuso sia di casa anche a Montecitorio. Permetteteci. Basta guardare in faccia tanti parlamentari per non togliersi dalla testa che fra loro ve ne  siano che pretendono di consumare a  'sbafo' . Stiamo esagerando? Affatto. La cronaca ci ha fatto sapere di  parlamentari e consiglieri regionali o assessori ecc... che hanno usato soldi pubblici anche per comprarsi le mutande e per pagare il caffè al bar. Vai a sapere se poi l'hanno davvero pagato o non hanno  presentato scontrini di altri consumatori che il caffè l' avevano pagato. Allora? Ha fatto bene perciò la società che gestisce la buvette di Montecitorio - uno degli esercizi commerciali più a buon mercato - a pretendere, educatamente, ma con intransigenza, lo scontrino. E i parlamentari si offendano pure. Chissenefrega.
 Perchè l'altra faccia di quella stessa medaglia che vede in primo piano approfittatori con le tasche piene ed i portafogli gonfi, racconta di episodi indegni di un paese civile. Racconta di scuole del nord, una alle porte di Milano, dove il sindaco ha vietato la mensa ai ragazzini delle elementari se i genitori non hanno pagato la retta. Nell'ordinanza non si guarda in faccia a nessuno, non si fanno sconti nemmeno ai più poveri. Non sono esenti dal pagamento neanche quelle famiglie che vivono momenti drammatici, si dice. Durissimo l'amministratore che, magari, poi spende e spande in altri casi i soldi pubblici.
Per fortuna che a fronte dell'intransigente sindaco, c'è l'azienda che produce e distribuisce i pasti ai bambini delle scuole pubbliche che ha deciso, a sue spese, di fare accedere alla mensa tutti i bambini. Che significa che tante volte i cittadini sono più saggi di chi li governa, e senza dubbio più onesti di tanti disonesti governanti.

All'Auditorium di Roma, non solo la 'Festa del Cinema'. ma anche cinema tutto l'anno. E l'Opera e Santa Cecilia si accordano per un mini abbonamento comune

L'ultima novità, da Musica per Roma, è che una delle sale dell'Auditorium, la più piccola delle tre,  intitolata a Goffredo Petrassi - piccola relativamente, perchè  ha comunque 700 posti circa - sarà adibita tutto l'anno a sala cinematografica e ospiterà anche manifestazioni che ruotano attorno al cinema, come  incontri, dibattiti e magari la proiezione in diretta della prossima consegna degli Oscar e perchè no, anche delle premiazioni dei grandi festival cinematografici come Cannes, Berlino, Venezia.
Qualche dubbio l'annuncio del nuovo amministratore delegato di Musica per Roma lo suscita, se pensiamo alla crisi che investe, e non da oggi, le nostre sale cinematografiche, producendo una drastica riduzione di  numero e capienza. Forse a Roma sarà l'unica sala con  una capienza così alta, mentre oggi vanno assai di moda le 'multisale' che proiettano nel corso dell'intera giornata e più film contemporaneamente. A noi sembra una mossa sbagliatissima.
Mentre giudichiamo positivamente, seppure in grandissimo ritardo, l'accordo sottoscritto  dall'Opera di Roma e dall'Accademia di Santa Cecilia, per un abbonamento cumulativo a 5 spettacoli, fra rappresentazioni e concerti, previsti fra aprile e maggio, per cinque poltrone di platea - a soli - loro dicono così - 230,00 Euro. Che non sono affatto un prezzo calmierato.
Sperano i firmatari dell'accordo, di portare all'Opera o  Santa Cecilia pubblico nuovo e giovane. Come se 50 euro circa a spettacolo fosse un prezzo modico alla portata di molte tasche. Noi sosteniamo da tempo che i prezzi dei biglietti per l'opera e i concerti sono ancora alti; e quelli dell'opera altissimi, al punto da scoraggiare molti possibili spettatori, precludendo l'accesso al melodramma ad una cospicua fetta di popolazione che potrebbe, invece, essere interessata.
 E quando ci vien detto che i prezzi dei biglietti per l'Opera sono abbastanza allineati, se non più bassi, a quelli delle altre nazioni, è facile rispondere che purtroppo allineati  non sono anche gli stipendi italiani a quelli delle nazioni vicine.
L'altro ieri a proposito di una azienda con sede in Svizzera che intende spostare la sua attività in Italia -avendo molti lavoratori  frontalieri - leggevamo che gli stipendi in Svizzera - dove ovviamente la vita costa più che in Italia, ma non nella misura giustificata dalla enorme divaricazione degli stipendi  - sono mediamente di 4000 Euro, mentre in Italia, per i medesimi lavori, raggiungono a malapena i 2000 Euro, attestandosi piuttosto mediamente fra 1500-2000 Euro.
I responsabili dell'Opera e di Santa Cecilia ci dicano quale 'nuovo', 'giovane' pubblico ha i soldi per frequentare le rispettive manifestazioni , cinque nel giro di poco più di un mese, tirando fuori dalle tasche la bella somma di 230,00 Euro. Ce lo dicano?

P.S. Piera Detassis a capo della Festa del Cinema ha precisato che la Sala Petrassi dell'Auditorium non sarà una sala cinematografica tout court, bensì sarà adibita per manifestazioni 'speciali' cinematografiche. Ma allora c'era proprio bisogno di fare tutto il casino che s'è fatto al punto da spingere gli operatori del settore cinematografico a denunciare questa scorretta, ma inutile, invasione di campo?

La RAI cambia musica? Questo scrivevamo tempo fa. Ma nulla è cambiato

Chi lavora in tv, ma anche in radio, in programmi di ogni genere, compresi  i telegiornali, sa quanto pratici siano tutti quegli spezzoni  e 'tappeti' musicali  (una vera parolaccia se riferita ad una musica che si vuole rispettata) che servono a qualunque bisogna, come sottofondo od anche come breve sigla d'apertura e chiusura programmi.
Su spezzoni, siglette e tappeti musicali in tanti ci hanno mangiato, fino a ieri, talvolta anche musicisti di un certo mestiere, magari sotto falso nome per non farsi riconoscere. Negli armadi di telegiornali e redazioni ci sono - c'erano un tempo - dischi su dischi dai titoli poco accattivanti ma di pratica utilità: 'scena in riva al mare', ' giochi in un parco'. Questi dischi, ora inutili perché rimpiazzati dal digitale che richiede sempre meno spazio, costituivano la fonte di commenti sonori per servizi  dell'ultimo minuto oppure, semplicemente, al confezionatore frettoloso e pigro che non aveva voglia di cercare o di domandare all'assistente musicale e preferiva fare da sè, offrivano un aiuto prezioso. E non era raro il caso,  che il 'confezionatore frettoloso' conoscesse il vero nome degli autori di quelle musiche e sapeva anche che dagli oggi e dagli domani, una sigletta oggi, un sottofondo domani, nelle tasche del musicista conoscente od amico finivano bei soldini.
 Alla fine della storia, fra sigle e tappeti, tutto questo traffico (abbastanza illecito) costava a RAI o Mediaset  qualcosa come il 4% del fatturato. Una bella cifretta,  che finiva nelle tasche di musicisti che altro non avrebbero nè saputo nè potuto fare oltre che improvvisare qualche secondo di musica e passarlo brevi manu al giornalista o all'autore amico e crocerossino.
 Ora la RAI ha detto basta. D'ora in avanti le musiche utilizzate a tali scopi devono esser di proprietà, come diritti, della RAI e l'esecuzione, visto che la RAI ha anche una orchestra sinfonica e fior di musicisti, suoi dipendenti, affidata ai suoi musicisti. Da ciò un risparmio enorme per i diritti d'autore e per quelli di esecuzione.
Qualche avvisaglia di tale nuova politica, moralizzatrice, s'era avuta un paio d' anni fa quando Rai Trade, casa editrice musicale della Rai, aveva chiesto ad illustri musicisti ( Piovani, Morricone, Bacalov e forse anche Trovajoli, se non andiamo errati) di scrivere apposite musiche, editate dalla Rai stessa, per tali scopi. I quali  naturalmente  lo fecero e così la Rai ebbe anche modo di avere sigle siglette tappeti e tappetini 'd'autore'. E fece ancor più contenti quei musicisti che di diritti d'autore guadagnano già parecchio.
 Dal 1 gennaio la musica in RAI  è cambiata. E noi ne siamo contenti.
Da tempo denunciamo certe incongruenze, come quella della sigla dei programmi di Radio Tre, firmata Schubert/Berio, mentre invece sarebbe stato più opportuno suonare la sveglia al mattino e tante altre volte durante l'intera giornata con un bel Rossini, che so ...la sinfonia da 'La Gazza ladra' che non costava nulla, magari eseguita dall'Orchestra della RAI. Ed invece no, si voleva finanziare il musicista Berio, quando era in vita ed ora i suoi eredi che ne hanno beneficiato perciò per anni, con una musichetta che prima che di Berio era di Schubert. E Schubert non ha eredi che possono rivalersi sulla RAI, e neanche su Berio. Non abbiamo fatto caso se quelle sigla  si ascolti ancora oppure no, come la disposizione RAI prescrive. Nelle prossime ore controlleremo e  ne scriveremo.

P.S. Le cose non sono affatto cambiate. Perchè quella musichetta di Berio - da Schubert- nessuno osa far tacere per far posto ad altra, magari di Rossini, perchè no, visto che Rossini non costerebbe un Euro, mentre Berio continua a costare?

Morricone approfitta dell'Oscar per accusare la RAI. Sul Corriere, rispondendo ad Aldo Cazzullo

Questa volta Campo Dall'Orto non ha mantenuto la consegna del silenzio, ed il basso profilo di sempre, sentendosi accusare da Morricone, sulle pagine del Corriere, in una intervista ad Aldo Cazzullo. Nella quale il noto compositore  dice che la RAI non può comportarsi come le peggio società nei confronti dei musicisti - il riferimento è ad una proposta di lavoro per Morricone che con la sua orchestra avrebbe dovuto registrare un pezzo per un programma di Negrin. La Rai aveva proposto a Morricone, per la registrazione in oggetto, un compenso di 10.000 Euro. Una vergogna che Morricone ritiene, giustamente, un insulto in piena regola, anche senza  tirare in ballo i compensi fuori misura ed indecenti che continua a dare a pacioccone che ci istruiscono come si fanno gli gnocchi, o a presentatori e conduttori sedicenti - ci piacerebbe ad esempio sapere quanto danno alla 'regazza' di Masi, che di sabato e domenica riesce a farci piangere per la sua evidente incapacità.
 Morricone ha detto che lui per la RAI, orgoglio del suo paese, potrebbe anche lavorare gratis, ma i musicisti non possono essere trattati come dei pezzenti, calpestandone con simili proposte anche la profesionalità.
 E Campo Dall'Orto, chiamato direttamente in causa, si è subito fatto sentite: ha ragione Morricone - ha detto - la RAI deve comportarsi altrimenti ed essere specchio delle più alte qualità italiane. Non può registrare colonne sonore con un aggeggio elettronico, come farebbero in una radio cittadina, per risparmiare. La RAI deve risparmiare, è giusto che lo faccia, ma risparmi su altri capitoli di spesa milionarie, sulle quali sembra che la mannaia del calmiere non riesce ad abbattersi, neanche sotto Campo Dall'Orto.
 Staremo a vedere cosa farà  Campo Dall'Orto, sempre che decida di passare dalle parole ai fatti.
 Certo è che la RAI ha sempre avuto un comportamento dissociato. Da un lato affama tutte le giovani menti che lavorano in azienda, dall'altro continua a coccolare, strapagandoli, quelli che contano, i raccomdandati, i figli di... e le amanti di... che sono già ricchi e che si arricchiscono ancora.
Non possiamo dimenticare una iniziativa di qualche anno fa, quando la RAI decise di mettere ordine nei tanti rivoli attraverso i quali rischiava di dissanguarsi con prodotti di infima qualità, pagando diritti d'autore per  prodotti di scarsissima qualità. Allora decise che i cosiddetti tappeti sonori o le siglette di programmi e programmini venissero affidati a grandi nomi - e ci pare che anche Morricone fosse fra questi, oltre a Piovani, Bacalov ed altri. Decise di far scrivere loro le musiche  necessarie e di editarle anche, in modo che i diritti che la RAI pagava per lo sfruttamento tornassero in parte, come editore, di nuovo nelle sue casse. Anche allora non si pensò di  rivolgersi a giovani ma valenti musicisti, cercandoli  non attraverso le solite conventicole, ma mettendo su una piccola 'factory' - si dice così, speriamo di non sbagliarci, visto che non consociamo il fottuto inglese !-  affidata ad un tutor nella quale allevare nuovi musicisti.
 Perciò se Campo Dall'Orto desidera dare un impulso nuovo alla RAI affidatagli, deve subito darsi da fare, molte sono le cose da cambiare, già ora.

P.S. Campo Dall'Orto ha telefonato a Morricone e lo ha invitato ad un  incontro in RAI. Sembra che il maestro abbia accettato. E sembra ancora che il direttore generale della RAI proporrà a Morricone di lavorare ad un importante progetto RAI.

martedì 1 marzo 2016

Sveglia per Giannini e Renzi. I licei ad indirizzo musicale non hanno soldi per pagare gli insegnanti e tagliano le ore di lezione previste

Nella scuola sta accadendo di tutto, e sembra che - difficile da immaginare - dopo la Gelmini si possa fare ancora peggio. La Giannini  spesso di prodiga per dimostrarlo. Sì.
Molti ordini di scuola in Italia sono in subbuglio per mille inadempienze, perchè il governo non riesce ad assicurare ai suoi studenti il minimo indispensabile per la loro formazione e li accatasta in luoghi fatiscenti che definire insalubri è un eufemismo.
Dopo il ciclone Gelmini che aveva il preciso scopo di 'razionalizzare' - che nella lingua dei vaneggiamenti voleva dire tagliare dove possibile ed anche dove era impossibile, costringendo perfino i genitori a portare da casa  elementi di prima necessità di cui la scuola non aveva più i soldi per provvedervi,  ora si arriva a tagliare le ore di lezione previste nel piano di studi, per mancanza di fondi con cui pagare gli insegnanti.
 Accade a R-o-m-a, nei Licei ad indirizzo musicale, dove  le ore destinate alla pratica musicale vengono dimezzate per la semplice ragione che mancano i soldi per pagare gli insegnanti. Un Liceo deve far ricorso al TAR: ricorrere al TAR per vedersi riconosciuto ciò che anche la Gelmini - ne siamo certi - avrebbe capito da sola, e cioè che non si possono tagliare, 'dimezzare' per la precisione, le ore di lezione perché mancano i fondi. Questi fondi non possono mancare, devono esserci o essere trovati comunque - non ci deve riguardare come - se consideriamo che  molte categorie di privilegiati spendono e spandono con il tacito avallo di chi governa, che non riesce a scardinare privilegi immeritati, mentre poi taglia dall'oggi al domani i fondi per la scuola: il fiore all'occhiello di una nazione, nella loro bibbia propagandistica.
 Il Tar dà ragione  alla scuola  e le ore previste dal piano di studi vengono  reintrodotte.
Ma la commedia non finisce così. Troppo bello. Logica vorrebbe che alle scuole romane del medesimo indirizzo, con il medesimo problema, si applichi la decisione del TAr  - una delle rare volte: sacrosanta - rimettendo in orario le ore di lezione ingiustificatamente cancellate. No. La seconda scuola - due a Roma i Licei del genere - deve far ricorso al TAR per vedersi ripristinare quelle ore di lezione in orario. E speriamo che il TAR dia ragione alla seconda scuola. Non c'è da meravigliarsi se decidesse diversamente da come ha fatto per la prima scuola. La giustizia , specie nei tribunali amministrativi,  va a seconda dei quarti di luna.
E Giannini e Renzi?  Nulla possono contro uno Stato che  è completamente nel pallone?