La notissima e bravissima giornalista Rita Sala, del Messaggero, dove lavorava da oltre trent'anni, è morta nei giorni scorsi, a Roma, all'età di 66 anni, stroncata da un male incurabile.
Noi la conoscevamo da tempo e ne apprezzavamo le doti di abile, acuta narratrice del mondo dello spettacolo, musica compresa. Per la musica, poi, era diventata da tempo una delle predilette di Riccardo Muti del quale seguiva passo passo tutte le vicende di vita e professionali, al punto che - giustamente! - il direttore ha ritenuto di ricordarne il legame dettando al Messaggero un lungo affettuoso e commosso ricordo.
Rita Sala era brava innanzitutto, sia che scrivesse di teatro - il campo nel quale era un' assoluta autorità - sia di costume, di cinema o di musica. E questa sua bravura, merce rarissima di questi tempi , si sposava con la sua quasi spudorata partigianeria per qualunque cosa le piacesse, tanto da arrivare a difenderla a spada tratta, senza sentir ragioni. Anche questo ci piaceva, perché tanti nostri colleghi, anche meno bravi di lei, e sono in tanti, non riescono mai a farci capire come la pensano perché si sono assunti il compito di 'megafono' del potente di turno, rinunciando alla dignità professionale e speranzosi di ricavarne qualche vantaggio, anche minimo: pezzenti dell'informazione.
L'ultima volta l'abbiamo sentita qualche tempo fa, quando scrivemmo su questo blog che l'Accademia di Santa Cecilia e l'Accademia Filarmonica Romana stavano per fondersi. Ne scrivemmo come di notizia riservatissima ricevuta in anteprima. La ragione di quello scherzo - perché di scherzo si trattava, benché ben presentato al punto da sembrare vero - era la presenza nei 'comitati' di gestione delle due istituzioni delle medesime persone. Fatto non tanto normale, del quale nessuno si dà pena.
Ci telefonò per sapere chi ci aveva dato la notizia ed a quando era fissata ufficialmente la fusione. Le rivelammo che era uno scherzo. Ci salutammo, e via dopo qualche parola di circostanza. Poi ,qualche mese fa, la notizia della sua malattia, anticipata indirettamente dalla sua assenza, impossibile da passare inosservata, dalle pagine del Messaggero.
Ciò che c'è stato di positivo in questa triste circostanza è constatare, su giornali concorrenti, che qualche illustre collega (Di Giammarco di Repubblica) le ha reso l'onore delle armi, riconoscendone il valore. E questo ci ha sorpresi, perché solitamente, in casi simili, i giornali concorrenti, ignorano del tutto la notizia. Questa volta no, e forse questo è un piccolo miracolo laico che Rita Sala, col suo sacrificio, è riuscita ad ottenere dal cielo. Ciao Rita.
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