Benvenute e benvenuti per questo appuntamento così atteso, non soltanto dal mondo del cinema, ma anche da un vasto pubblico di appassionati e di spettatori.
Il David di Donatello è la festa del cinema, l’Oscar italiano. La presentazione delle candidature – che, per una intuizione di Gian Luigi Rondi, si svolge al Quirinale - consente, ogni anno, un’occasione di riflessione sul valore dell’industria della cultura cinematografica, sui suoi percorsi creativi, sui suoi orizzonti.
Saluto - e ringrazio per gli interventi - il Ministro Sangiuliano e la Presidente Detassis. Le riflessioni che ci hanno proposto manifestano passione per il mondo del cinema.
Ringrazio Teresa Mannino, che ci ha accompagnato, anche nella lunga lettura dei candidati, con la sua verve così coinvolgente: affrontare quella lettura è un’impresa da alta montagna. E ringrazio Serena Ionta per le belle canzoni così legate al cinema; e, con lei, ringrazio Gennaro Ricciardone.
La storia del nostro Paese, la storia della Repubblica, delle conquiste di libertà e democrazia, è passata dal Grande schermo. E’ stata narrata attraverso emozioni, volti, sentimenti; attraverso vicende drammatiche e speranze che sorgevano; attraverso la quotidianità del vivere e l’eccezionalità di tante storie personali.
“Nulla è in grado di rivelare come il cinema i fondamenti di una nazione” ebbe a dire Alberto Lattuada nella prima riunione dell’Associazione culturale del cinema italiano, a Roma, pochi giorni prima del 25 aprile 1945.
Il cinema, vivendo in un contesto di libertà e di pluralismo, svolge questa preziosa funzione di ricerca e di sfida creativa, incoraggiato nel produrre, nell’innovare, anche nel rischiare.
Il cinema, nel volgere degli anni, ha costantemente ampliato le sue potenzialità espressive e narrative e, con esse, la capacità di quanti ne fruiscono di immaginare, conoscere, riflettere, fare memoria, sorridere e piangere, sognare.
Sfogliare l’album dei premi David è un po’ come rileggere la storia d’Italia. Sono passati dal podio del David tutti i grandi interpreti della cinematografia italiana.
Vi sono, quest’anno, ricorrenze significative. Federico Fellini, oltre ai suoi premi David, sessanta anni or sono vinse l’Oscar con “8½”.
Paolo Sorrentino dieci anni fa, lo conquistò, insieme al David, con “La grande bellezza”.
Cento anni fa, nel 1924 – anche questo il filmato ce lo ha ricordato -, nasceva un protagonista indimenticato del cinema mondiale, Marcello Mastroianni.
Desidero ricordare anche la recente scomparsa di Paolo Taviani, più volte - come abbiamo visto poc’anzi - premiato, insieme al fratello Vittorio, al David. Conservo un ricordo intenso dei loro interventi al Quirinale. Il cordoglio sentito che esprimiamo reca con sé la consapevolezza della eredità di grande valore che ci hanno lasciato.
In attesa di conoscere questa sera i nomi delle vincitrici e dei vincitori, vorrei rivolgere i miei complimenti a chi ha ricevuto i premi già assegnati: Paola Cortellesi, Margherita Giusti, Justine Triet.
Si potrebbe dire: tre donne premiate, un bel segnale; ma non lo farò: mi apparirebbe improprio e riduttivo, perché quanto avvenuto rientra nella normalità.
Auguri e complimenti ai premi alla carriera, meritatissimi.
A Vincenzo Mollica: il suo garbo, la sua competenza, la sua voce rassicurante, la sua presenza familiare, hanno accompagnato generazioni di italiani alla scoperta di piccoli e grandi capolavori del cinema e della musica. Sono io e sono un suo fan.
A Milena Vukotic, artista versatile, profonda e convincente, anch’essa figura cara agli italiani che l’hanno apprezzata tanto in ruoli drammatici e comici.
A Giorgio Moroder, compositore innovativo e influente, autore di canzoni e colonne sonore che hanno fornito un grande contributo alla musica contemporanea.
Li ringrazio di essere qui questa mattina.
La storia è sempre un percorso. Memoria e cambiamenti si rincorrono e si alimentano. Le novità e le rotture non rimuovono il passato, ma lo possono reinterpretare selezionando esperienze e chiavi di lettura.
Profonde e veloci trasformazioni hanno interessato il cinema in questi ultimi anni. L’innovazione tecnologica ha favorito mutamenti radicali nei linguaggi, nelle modalità di trasmissione e di fruizione, nella stessa percezione dei contenuti.
Il cinema registra una rinnovata vitalità e un più vasto campo d’azione.
Si tratta di un’opportunità per l’Italia, non soltanto per chi vi opera. Perché il cinema è un’industria di grande rilievo, che dà lavoro a tante persone, che coltiva specialismi e saperi, e produce ricchezza che concorre al benessere del Paese.
Le politiche pubbliche devono tener conto di questi valori. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza destina, difatti, importanti risorse al cinema e alla cultura. Le istituzioni sono quindi chiamate a promuovere le tante opportunità che possono offrire occasioni di sviluppo in questo ambito. Opportunità che si inseriscono in una condizione internazionale che registra una competizione sempre più vigorosa e postula, quindi, un sicuro quadro normativo di riferimento.
Grande attenzione va rivolta in particolare all’espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L’ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza.
Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente.
Lungo il percorso, ovviamente, vi sono anche contraddizioni e vi sono problemi da risolvere. Molte sale cinematografiche continuano a soffrire, anche dopo la ripresa post-pandemia, e non sono poche le città di piccole e medie dimensioni che non dispongono più di sale accessibili.
È un tema che presenta evidenti risvolti sociali, e non può essere considerato soltanto dal punto di vista degli equilibri commerciali. Le sale sono un luogo di incontro.
Con il medesimo impegno – per assicurare costante vitalità al tessuto civile – vanno preservate, ad esempio, le librerie delle città e di ogni luogo, e va posta attenzione a quei settori artistici e dello spettacolo che si propongono a pubblici più limitati, ma esprimono contenuti di alto valore e di qualità.
Costituiscono beni preziosi che, oltre la loro portata economica, hanno grande valenza per la comunità e per il grado di civiltà.
Il nostro cinema contiene nel suo DNA una tensione alla dimensione nazionale. Sin dal tempo in cui ha contribuito, con le pellicole degli anni Quaranta e Cinquanta, a consolidarne la lingua in un Paese dai molti dialetti.
Questa tensione si arricchisce con la creatività così ampiamente manifestata, con i successi nazionali e internazionali, con la rilettura della storia, degli eventi, dei protagonisti, con i valori di umanità, con i sentimenti che aiutano a rafforzare il senso di comunità.
Abbiamo bisogno del cinema. Della sua sensibilità, della sua arte, delle sue visioni plurali.
La storia del cinema ci ha fatto conoscere e apprezzare queste sue capacità.
Buona serata dei David!
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