Tra Nord e Sud si riduce il divario, ma per una volta non è una buona notizia. I dati sull'inflazione dicono che l'adagio popolare per cui vivere nel Mezzogiorno costi meno non è più tanto vero: lo dimostrano le cifre elaborate dall'Unione nazionale consumatori sulla base delle ultime rilevazioni Istat. La città in cui è più aumentato il costo della spesa alimentare, per esempio, è Caltanissetta: +4,2%. A Cosenza la palma del maggior rincaro per le visite mediche, a Messina quella per l'assistenza sociale. Tariffe amministrative da capogiro a Palermo (+18%) mentre per il caro-rette per scuola dell'infanzia e primaria bisogna spostarsi un po' al Nord, a Forli-Cesena (+6,3%). In generale l'emergenza Covid e i lockdown hanno portato buona parte d'Italia in deflazione, una realtà per 42 città su 68.
A Venezia è crollato il costo di una notte in hotel, a Livorno si è ridotto quello per l'assistenza sociale, a Genova si spende meno per acqua e rifiuti. E Parma, tra le capitali del cibo italiano, è l'unica città dove la spesa alimentare è addirittura calata.
Ma anche in questa classifica emerge che il malato della nostra economia è il turismo. Non solo Venezia, con prezzi in picchiata del 10%, ma anche la Sicilia con Trapani, e poi Firenze, dove la flessione è del 7,6% a causa della scomparsa di visitatori stranieri da ormai quasi un anno.
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