giovedì 21 gennaio 2021

I vescovi americani, più oltranzisti, hanno criticato Biden (non contrario all'aborto?), ma non hanno mai detto una parola contro il discusso mons. Viganò, in aperto dissenso con il Papa (da Il Sole 24 Ore, di Carlo Marroni)

 Il cattolico “adulto” Joe Biden - che nello studio ovale ieri ha messo la sua foto con il Papa - aveva appena giurato che dalla nomenklatura dei vescovi americani arrivava il primo siluro. L'arcivescovo Jose Gomez, presidente della USCCB, la Cei americana, ha augurato ogni bene al nuovo presidente, ma ha anche condannato il sostegno del secondo presidente cattolico della nazione per il diritto all'aborto. Una mossa non gradita a quella parte di episcopato che – pur non essendo a favore dell'aborto, in linea con la dottrina cattolica - non si riconosce nelle posizioni ultraconservatrici della maggioranza dei presuli americani, che hanno appoggiato Donald Trump e e non hanno mai condannato gli attacchi al Papa dell’ex nunzio Viganò. Fortemente critico sull’iniziativa il cardinale Blase Cupich, arcivescovo di Chicago e molto vicino a Papa Francesco, che ha definito la dichiarazione «sconsiderata».

 Quello della Usccb è un attacco che non ha precedenti, perlomeno nelle modalità, e Cupich lo ha messo in evidenza con chiarezza: «A parte il fatto che apparentemente non ci sono precedenti per farlo, la dichiarazione, critica del presidente Biden, è stata una sorpresa per molti vescovi, che l'hanno ricevuta poche ore prima che fosse rilasciata». Gomez – arcivescovo di Los Angeles, su posizioni conservatrici, membro dell’Opus Dei – oltre agli auguri tradizionali ha aggiunto: «Devo sottolineare che il nostro nuovo presidente si è impegnato a perseguire determinate politiche che promuoveranno i mali morali e minaccerebbero la vita e la dignità umana, soprattutto nelle aree dell'aborto, della contraccezione, del matrimonio e del genere. Di profonda preoccupazione è la libertà della Chiesa e la libertà dei credenti di vivere secondo la loro coscienza ». Cupich, ha affermato che la dichiarazione è stata redatta senza il contributo del comitato amministrativo della conferenza, «una consultazione collegiale che è il corso normale per dichiarazioni che rappresentano e godono del ponderato appoggio dei vescovi americani». In una dichiarazione separata, il cardinale Cupich ha augurato ogni bene al presidente Biden e al vicepresidente Harris, dicendo: «La nuova amministrazione inizia in un periodo di pandemia globale, pericolo economico e profonda divisione, quando milioni di nostri fratelli e sorelle sono stati messi a dura prova dalla malattia , povertà e razzismo. Preghiamo che la via da seguire sia ispirata, come ha chiesto il Santo Padre, dal sognare insieme».

Ma l'Inauguration Day ha segnato anche un elemento non secondario: il ritorno alla centralità dei gesuiti, la congregazione religiosa cattolica (cui appartiene anche Papa Francesco) più forte negli Usa: la Compagnia di Gesù ha 28 università negli States, tra cui Georgetown, il Boston College e la Fordham di New York. Biden e la moglie prima della cerimonia a Capitol Hill sono andati alla messa del mattina, celebrata a San Matteo dal gesuita e amico padre Kevin O'Brien – ora rettore della Università di Santa Clara, in California – mentre l'invocazione pubblica è stata pronunciata da un altro gesuita, padre Leo O'Donovan, già rettore di Georgetown, che tra l'altro nel 2015 aveva celebrato i funerali di Beau Biden, il figlio morto per cancro. Negli Usa la compagnia ha inoltre la rivista settimanale America, molto prestigiosa, che contiene notizie e opinioni sul cattolicesimo e su come si relaziona alla politica e alla vita culturale americana. È stato pubblicato ininterrottamente dal 1909.

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