Premessa
L'intervista a Nino Rota che segue fu una delle prime interviste che facemmo agli inizi del nostro lavoro giornalistico a Paese Sera, iniziato nell'estate del 1978.
Conoscevamo Nino Rota da oltre una decina d'anni - lo avevamo incontrato la prima volta nell'Abbazia benedettina di Noci, dove il Conservatorio di Bari di cui era direttore, organizzò per un biennio una straordinario corso di perfezionamento in Canto Gregoriano, che noi frequentammo, incontrando i più noti studiosi di Gregoriano ed anche Nino Rota.
Quando cominciammo a scrivere di musica, pensammo naturalmente subito di intervistarlo, e l'uscita del noto film di Fellini, costitutì l'occasione propizia.
Lo incontrammo, secondo accordo, nella sua casa di Piazza delle Coppelle a Roma, dove ci recammo muniti di un registratore a cassetta semiprofessionale.
Ci accolse in casa ci fece accomodare e ci chiese di pazientare un pò, perché doveva finire la discussione che nel suo studio aveva avviato con un altro musicista - che era poi Gino Marinuzzi jr. divenuto nostro amico e che ci confermò quella discussione che ricordava per filo e per segno - che riguardava il Clavicembalo ben temperato di Bach, per la precisione una edizione curata da Czerny, della quale apprezzava alcuni passaggi, apparentemente non ortodossi.
La discussione della quale a noi provenivano solo echi pianistici si protrasse per molto molto tempo. Al termine Rota tornò in salotto, si scusò, ci spiegò la ragione della discussione con Marinuzzi e, dopo i convenevoli, si dispose all'intervista. Che filò liscia mentre il nostro registratore faceva il suo lavoro in silenzio e fedelmente. Così credevamo.
Alla fine dell'intervista che avevamo genericamente memorizzato, ma non con la fedeltà che avrebbe potuto garantire il registratore, riarrotolammo il nastro per riascoltare il registrato. Restammo impietriti quando constatammo che il registratore, per chissà quale diavoleria, non aveva registrato alcunché. Rota notò la nostra 'disperazione' e, nonostante si fosse fatto tardi, e lui era atteso nella villa di Zeffirelli per una festa in onore di uno dei custodi ( ci sembra di ricordare fosse il battesimo o la prima comunione di un suo figlio), ci rassicurò. Calma. Ricominciamo da capo - ci disse - ti ripeterò di nuovo tutto quello che ho detto. E così fece.
Dell'intervista, realizzata in quelle curiose circostanze avevamo perso le tracce, non avendola conservata; l'abbiamo recuperata per caso in rete, spulciando l'archivio Nino Rota della Fondazione Cini di Venezia, dove è conservato il ritaglio di giornale sul quale lo stesso musicista - ci sembra la sua calligrafia - aveva scritto 'PAESE SERA, 10 novembre 1978' .
(In quello stesso 'Fondo Nino Rota' sono conservate anche alcune nostre lettere - scritte nel 1966 a Rota con richiesta di brani da eseguire in alcune particolari circostanze. Cosa che lui generosamente fece, in più d'un caso, e che noi facemmo eseguire, dirigendole. Bei tempi! - e c'è anche la minuta di una sua lettera in risposta all'ennesima nostra richiesta che non si sentiva di accogliere, spiegandone le giuste ragioni:si trattava della richiesta della musica di un inno...).
Ora che l'abbiamo recuperata, abbiamo pensato di fare cosa gradita ai lettori di questo blog, ripubblicandola alla lettera. omettendo solo il titolo, non nostro ma dei fantasiosi redattori del quotidiano: ' Rota ci prova', sulla cui stupidità non c'è bisogno di aggiungere altro. ( P.A.)
L'INTERVISTA
E finalmente anche Prova d'orchestra di Federico Fellini affronta il pubblico nelle sale. Alle anticipazioni ed ai commenti fatti all'indomani del montaggio di questo film, sono seguite letture dello stesso che Fellini ha via via accreditate ed insieme smentite, per il gusto dell'assurdo e del paradosso.
Ora il critico più autorizzato, il pubblico, può formulare la sua esegesi. In questi giorni infatti il film viene presentato in 'prima mondiale' al Festival di Chicago , dopo di che, crediamo in coincidenza delle feste natalizie, sarà proiettato anche da noi.
Scorrendo i numerosi articoli già apparsi su quotidiani e riviste, ci ha sorpresa l'assenza del benché minimo accenno alla colonna sonora composta da Nino Rota. Assenza che ci pare singolare trattandosi di un film sul mondo della musica. Per ora solo un breve ed 'illuminante' accenno di Tommaso Chiaretti che suonava all'incirca così: per quest'ultimo film di Fellini ,Rota ha scritto il solito ta, ta, umpa. Pur apprezzando le conoscenze musicali del nostro critico, abbiamo preferito rivolgerci direttamente a Rota per saperne di più.
E, nell'occasione, gli abbiamo chiesto anche di due altre novità che saranno tenute a battesimo in questi giorni: il balletto per Béjart e il concerto per pianoforte e orchestra per la serata a lui dedicata alla Rai di Napoli. Perchè Rota scrive anche altra musica, oltre quella per film, come egli stesso tiene a precisare.
La mia collaborazine a questo film di Fellini - attacca Rota - oltre che più intensa è stata anche più tempestiva. Abbiamo dovuto fare la musica prima del film, perchè la prova (dell'orchestra) si fa su musica già composta. Fellini aveva bisogno di una colonna onora originale e, allontanandosi dalla sua idea di voler fare un film molto realistico dal punto di vista dello svolgimento della prova che solitamente si fa con un pezzo che poi verso la fine viene eseguito da cima a fondo, per constatare i risultati dello studio, ha voluto parecchi brani. Fellini mi ha chiesto della musica che pur prestandosi a mettere in evidenza i vari strumenti e i gruppi dell'orchestra, seguisse l'andamento del film.
Quanti pezzi, quindi, avete composto - uso anch'io il plurale come ha fatto lei.
Abbiamo fatto cinque pezzi in tutto, ma solo tre sono stati utilizzati. Il primo, quello che si sente all'inizio è ' Gemelli allo specchio' - i titoli li ha dati Fellini ; l'altro è un 'Galop' e si ascolta nel momento in cui il direttore, finalmente preso da entusiasmo, lo fa suonare di fila; e , infine, ' Risatine malinconiche', un brano che non rientra della definizione della prova, perché viene suonato dopo che un cataclisma ha fatto crollare l'ambiente già fatiscente in cui l'orchestra provava. Ci sono dei feriti e, credo, anche un morto. Dopo tutto questo, l'orchestra in una specie di limbo accetta l'assurdo direttore e ricomincia a suonare. In questo finale apocalittico orchestra e direttore si mettono nuovamente d'accordo e ricominciano, come morti tornati in vita.
Finisce così il film.
Non proprio, perché terminata questa esecuzione, il direttore incomincia di nuovo a fare le sue osservazioni, a ripetere le solite cose di prima che ora dice anche in tedesco; e giù: suonate come suonatori da circo! dimenticate che questa è musica sinfonica! non avete nessuna finezza! Tutte cose su cui Fellini si è documentato annotandole da vivo come si è pure documentato nel caso delle interviste fatte da una voce fuori campo, che è quella del regista medesimo, agli strumenti dell'orchestra. Tutto avrei immaginato meno che lui adoperasse questo pezzo per il finale. Devo però dire che la sua è stata una scelta felice, anche perchè quella di 'Risatine malinconiche' è una musica dimessa, non roboante, e senza trionfalismi.
Cambiamo registro. Vorrei sapere qualcosa anche del 'balletto' che sta facendo con Béjart e che sarà presentato fra breve a Bruxelles.
Il balletto è nato da una strana idea venuta a Béjart, ma non meno strana di quella precedente di voler fare un balletto su 'Faust' con musiche tratte dalla Messa in si minore di Bach e dal 'tango' argentino.
In quest'ultimo l'intento dissacratorio si limiterebbe semmai a mettere insieme la musica di Schumann e la mia. Per Béjart di dissacrazione neppure l'ombra, perché egli ha visto fra la musica di Schumann e la mia delle affinità, una continuità di discorso che in un primo momento a me sembrava molto problematico. Béjart voleva fare un balletto sulla musica del ciclo liederistico Dichterliebe (Amor di poeta) che è diventato il titolo 'bilingue' del balletto.
Egli inoltre ha sempre ascoltato attentamente la mia musica da film, specie di quella per Fellini. Mi ha meravigliato per come la conoscesse bene, e in base a questa mi ha chiamato anche per fare il precedente balletto, due anni fa: Le Molière imaginaire, che abbiamo inciso per la Deutsche Grammophon.
In questo ultimo: Dichterliebe-Amor di poeta, ha alternato i Lieder, quattro una volta, con brani da Lo sceicco bianco, poi uno o due ancora di Schumann e subito un brano da Giulietta degli spiriti. Ciò che abbiamo fatto ex novo sono le giunture i passaggi dai Lieder alla mia musica; passaggi che a volte sono veri e propri pezzi autonomi e conclusi per pianoforte. I Lieder sono cantati da Fischer-Dieskau.
E veniamo al concerto alla Rai di Napoli, ai primi di dicembre, il cui programma si apre con una suite dal balletto Le Molière imaginaire. E gli altri brani?
Uno si intitola Rabelesiana ed è una 'cantata' scritta su tre poesie di Rabelais, tratte da Gargantua. Direi che è un Rabelais particolare: mistico e orgiastico insieme. Canterà Lella Cuberli. Nella seconda parte un mio Concerto per pianoforte e orchestra. Questo nuovo concerto mi è uscito il contrario di quello che avrei voluto fosse. Avrei voluto, trattandosi di un concerto chiestomi da Mario Bortolotto direttore artistico dell'Orchestra Rai di Napoli, farmi perdonare gli altri pezzi in programma. Volevo che dimostrasse per lo meno la mia 'volontà' di aggiornamento, ed invece mi è uscito aggressivamente attaccato ad una certa tradizione da me filtrata. Ho scritto anche brani che dimostrano almeno una certa 'civilizzazione' della mia musica, un adeguamento ai nuovi modi della civiltà musicale presentabile oggi.
E, invece, quest'ultimo concerto è molto romantico, ma senza paludamenti o travestimenti. I buoni amici miei, gli indulgenti miei amici, dicono che forse per questo è anche più 'personale' di altri miei lavori,. non so se è la loro troppo indulgenza verso la mia musica a farli parlare. ( Noi assistemmo a quel concerto alla Rai di Napoli; se non ricordiamo male lo dirigeva Marvulli, e Rota suonò il pianoforte, nel suo concerto ndr.)
Torniamo a Prova d'orchestra. Dica la verità: non si è ancora stancato di scrivere musica per il cinema? So che di recente ha scritto anche la musica di un film tratto da un giallo di Agatha Cristie, Assassinio sul Nilo (titolo italiano del film).
Mi sono stancato da molti anni. E difatti scrivo pochissima musica per il cinema. Ma non sono ancora stanco di lavorare con registi come Fellini, Coppola - come anni fa con Visconti - perchè conoscono ed apprezzano la musica e le assegnano un posto importante nei loro film.
Maestro, possiamo affermare che dopo Prova d'orchestra di Fellini, nessun'altra prova di qualsivoglia orchestra nel mondo potrà più stupirci?
No. Penso che la finzione sia sempre meno brutale e meno traumatica della realtà.
(Pietro Acquafredda)
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