venerdì 25 ottobre 2019

Quanta illegalità nei giornali che le illegalità altrui denunciano con forza ( da PUNTOEACAPO, di Gabriele Testi)

Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione potrebbe rappresentare un toccasana non soltanto per le aride casse della Gestione principale dell’Inpgi, ma anche per i molti giornalisti, attivi o non più, la cui effettiva assunzione da parte di un organo d’informazione o in un ufficio stampa è stata preceduta dall’ormai inevitabile gavetta, incarnata da svariati contratti di collaborazione spesso reiterati nel tempo e succedutisi sempre uguali fra loro.
Con la sentenza numero 24873 del 4 ottobre 2019, in ogni caso riferita alla generalità dei lavoratori e non soltanto a chi svolge la professione di giornalista, gli “ermellini” hanno infatti affermato che – una volta accertata la omogeneità di mansioni svolte dal lavoratore prima (con un contratto di collaborazione) e dopo l’inquadramento come dipendente – il riconoscimento della subordinazione retroagisce agli anni precedenti l’assunzione formale con rapporto di lavoro subordinato ex articolo 2094 del Codice Civile.
Un principio la cui applicazione porterebbe effetti positivi per il lavoratore sia in termini di adeguamento al rialzo della retribuzione che di versamento degli obbligatori oneri previdenziali e assicurativi (Casagit e Fondo di Previdenza Integrativa compresi…), ovviamente fermi restando i termini legali di prescrizione.
Esaminando il caso del rapporto di lavoro intercorso tra un collaboratore e uno studio professionale fra il gennaio 1996 e il 31 maggio 2002, durato ben sei anni ed esaminato in secondo grado a Sassari, i giudici di piazza Cavour hanno rinviato il fascicolo alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione per una nuova e definitiva decisione nel merito, stabilendo un innovativo principio di diritto: se le prestazioni fornite dal lavoratore in regime di collaborazione coordinata e continuativa, prima della sua formale assunzione come dipendente presso il medesimo datore di lavoro, sono pressoché identiche a quelle successivamente rese dallo stesso prestatore d’opera, la connotazione in termini di subordinazione riguarda non soltanto il rapporto di lavoro dipendente, ma anche la precedente attività.
Il rapporto di lavoro subordinato, avendo natura retroattiva, investe tutto ciò che ne consegue a livello di adempimenti e gestione del rapporto. Il che risulta particolarmente significativo in un ambito come quello del giornalismo, laddove la “sopravvivenza” dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa per gli iscritti agli Albi professionali, in virtù della Legge Biagi, ha spesso (e malvolentieri) consentito agli editori di eludere le norme del Contratto collettivo di lavoro giornalistico Fieg-Fnsi e la contribuzione Inpgi. Non riconoscendo rapporti di lavoro e funzioni/mansioni che nei fatti erano di direttore responsabile, capo redattore, capo servizio, redattore con oltre trenta mesi di anzianità o di prima nomina e di praticante.
Se la formale assunzione da lavoratore dipendente, nonché il periodo in cui il lavoratore era inquadrato con un co.co.co., sono pertanto da considerarsi in toto assimilabili nel caso di mansioni pressoché equivalenti, va da sé che molti colleghi professionisti e pubblicisti potrebbero trovare adesso conveniente, nel rispetto della prescrizione quinquennale, chiedere retroattivamente per sé l’adeguamento ex post verso l’alto del salario, secondo i minimi del contratto di categoria, e all’Istituto di previdenza dei giornalisti di attivarsi per il recupero della contribuzione omessa perché inferiore al dovuto.

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