Intervistata dalla direttrice di Donna Moderna la presidente Meloni ha fatto due affermazioni, una sugli autori delle violenze sulle donne, l’altra sui congedi genitoriali e l’azione del governo, basate su dati scorretti.
Ha riconosciuto che la persistenza della violenza sulle donne, che riguarda anche i giovani (italiani e non), anche se l’idea della sua liceità non trova più sostegno né nelle norme legali né in quelle sociali, pone interrogativi che richiedono studio, ricerca, per comprenderlo e approntare strumenti efficaci di contrasto. Tuttavia non ha resistito a riorientare l’attenzione sul pericolo rappresentato dai migranti, specie se irregolari. Eppure tutti i dati disponibili, che dovrebbero fornire il punto di partenza di qualsiasi studio, dicono altro. La maggior parte degli autori di violenze sono italiani, se non altro perché la maggior parte delle violenze (e dei femminicidi) avviene a opera di un familiare, o comunque persona molto prossima.
Vale anche per i migranti, che quando commettono violenza contro le donne lo fanno per lo più nei confronti di mogli, figlie, compagne.
Quanto alle violenze, gli stupri, perpetrati da estranei, per la strada, in treno, in discoteca, vedono tra gli autori non solo sbandati privi di risorse e di riferimenti, tanto meno solo o prevalentemente migranti irregolari, ma uomini, spesso giovani, di ogni condizione sociale e cittadinanza.
Aggiungo che, se può essere vero che chi «non ha niente» (migrante o italiano, aggiungo io) è esposto, nelle parole della premier, «a una degenerazione che può portare da ogni parte», la risposta securitaria, pur necessaria, è parziale e avviene a valle di un fenomeno che è prodotto dalle stesse norme che regolano l’immigrazione irregolare, norme che lasciano le persone in un lungo limbo, senza opportunità di integrazione, spesso dopo averle trattenute in luoghi al di sotto di ogni standard di umanità e decenza. È in questi luoghi che spesso i migranti apprendono che la (loro) vita non vale niente e imparano il disprezzo per quella altrui.
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