martedì 19 novembre 2024

Nicolò Govoni, candidato al Nobel per la pace: giro il mondo per far studiare gli ultimi ( da La Stampa)

 La scuola italiana «è monolitica, infelice, impopolare, iniqua e stressante». Parola di un ex somaro – così l’avrebbero definito un tempo – finito candidato al premio Nobel. Nicolò Govoni era «una pecora nera» che ha patito molto la scuola. «Ero un fallito. Avevo 16 anni quando una professoressa mi disse che sarei finito a inscatolare merendine in fabbrica. Bocciato due volte, ero il classico cattivo ragazzo. Sono stato derubato dell’autostima. Succedeva quindici anni fa, succede oggi». Ora è il fondatore di un modello di scuola all’avanguardia che si basa sulla “didattica costruttivista”. Tradotto significa, per esempio, «avere un docente mentore, che pone domande piuttosto che dare risposte, che non insegna nozioni ma concetti, che inizia la lezione con un dialogo emotivo chiedendo come stai? E soprattutto è punto di riferimento al quale affidarsi oltre l’aula». Insomma, una prospettiva che pone al centro chi apprende (lo studente) più di chi insegna.

Nicolò Govoni è di Cremona, ha 31 anni, è scrittore, giornalista, docente e preside. Ha fondato e dirige il Centro Studi e Ricerca Still I Rise attivo in otto Paesi: ci lavorano cento persone, conta 400 volontari. In 10 anni, ha coinvolto 70 mila bambini nei suoi programmi educativi e impartito più di 150 mila ore di lezione. Da liceale si è sentito tradito dalla scuola al punto di abbandonare lo Scientifico. Cambia, va al linguistico: trova chi lo salva. «La professoressa Nicoletta Fiorani ha visto quella che lei chiama la scintilla, non ha voluto arrendersi. Si è battuta affinché tornassi a vedere in me stesso ciò che vedeva lei: del potenziale. Siamo ancora amici».

Oggi, la sua vita è nelle pagine dei libri di testo scolastici: il suo lavoro è considerato una buona prassi. Govoni ha creato una scuola di élite al servizio dei bambini più fragili del mondo in fuga da guerre e miseria: l’ha sperimentata nei posti più bui del pianeta unendo la smisurata passione per la giustizia sociale e il suo profondo impegno umanitario. In dieci anni ha fondato scuole di emergenza frequentate da bambini rifugiati in Siria, Kenya, Congo, Yemen e Colombia. «Per democratizzare l’istruzione dell’élite» ha fondato anche l’International Baccalaureate in Kenya e in Colombia. «Si avvale del titolo di Ib World School, una selezione di scuole (sono solo lo 0, 1% del totale) che hanno uno standard pensato per formare i futuri cittadini del mondo globale», sottolinea. Le scuole (private) sono gratis per gli studenti, i costi sono coperti dalla raccolta fondi, 4 milioni nell’ultimo anno. «Sono i ricavati delle vendite dei miei libri, di lasciti e soprattutto di tante donazioni di cittadini».

Insomma, Govoni ha trasformato “in sistema” su solide basi pedagogiche il contrario di quello che non gli è mai piaciuto della scuola. Ora anche in Italia nascerà la prima scuola Still I Rise, al Sud. «Per la sede ci hanno proposto beni confiscati alla criminalità organizzata, stiamo valutando». Il manifesto della scuola «rivoluzionaria ma non utopistica» è illustrato nel suo ultimo libro Un mondo possibile (Bur-Rizzoli): il tour prevede molte tappe, oggi sarà a Torino e il 24 novembre a Rivoli.

Govoni, candidato al Premio Nobel per la Pace, della scuola italiana non salverebbe «nulla»: «È un sistema disfunzionale, continua a tradire il potenziale di milioni di studenti. Non è obsoleto, non ha mai funzionato. E non è un’opinione». In collegamento dal Kenya snocciola percentuali e fonti. «Ho studiato 30 indicatori: mi hanno inesorabilmente convinto che la scuola italiana è in emergenza». Tre su tutti: «La scuola italiana è infelice: solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andarci contro una media europea del 56%. (Ocse). È impopolare: a 15 anni, al 92% dei ragazzi e il 90% delle ragazze non piace (Oms). È la più stressante del mondo: il 46,5% degli studenti dichiara di provare nervosismo costante. La media mondiale è del 37. (WeWorld)».

Nella scuola govoniana «il docente-mentore non fa lezioni frontali, per regolamento non può spiegare per più di 10 minuti di seguito, poi si fanno attività manuali, digitali e soprattutto di gruppo. Lo studente è al centro, deve autodeterminarsi». Quando entri in una scuola Still I Rise «sei nella tua famiglia». Prima delle aule c’è la Sala comune. «Studenti e insegnanti si tolgono le scarpe e interagiscono, in modo informale, tra divani e cuscini. La scuola non è un luogo in cui ti rechi ma un luogo a cui appartieni. Gli spazi comuni vengono puliti e tenuti in ordine dagli studenti». A sentirlo parlare, sembra che Govoni abbia bene in testa una riforma della scuolaTra il serio e il faceto, fa anche il nome di chi potrebbe cambiarla. «Sicuramente Enrico Galiano sarebbe un buon ministro», dice riferendosi allo scrittore e docente definito «il prof che scavalca la cattedra con metodi di insegnamento alternativi». Govoni è convinto: «La scuola italiana andrebbe smantellata e ricostruita: deve essere capace di non lasciare indietro nessuno».

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