Pablo Picasso non ha bisogno di presentazione. La sua arte, il suo ingegno è famoso in tutto il mondo. Picasso ha cambiato il modo di concepire l’arte, inventando un genere tutto suo e riuscendo a convincere chiunque che le sue idee potevano cambiare il modo di vedere il mondo.
Picasso nel 1917 venne assunto per creare i nuovi vestiti e le scenografie dei Balletti Russi. Per trovare la giusta ispirazione partì per l’Italia, insieme al coreografo Léonide Massine, il drammaturgo e poeta Jean Cocteau e il celebre impresario teatrale Sergej Djagilev. Sarà a Roma che si innamorerà di Olga Khochlova, la ballerina russa che sposerà nel 1918 e che gli darà il figlio Paolo. Insomma, Picasso in Italia non rimase con le mani in mano e si diede da subito da fare per mettere in moto il proprio ingegno. Fu anche grazie a lui infatti che nel maggio di quell’anno avrebbe debuttato a Parigi Parade, lo spettacolo creato a dieci mani con le coreografie di Massine, i testi di Cocteau, scene e costumi di Picasso, i balletti di Djagilev e le musiche di Erik Satie, il genio delle Gymnopédies. Una messa in scena rivoluzionaria, per quell’epoca di lutti e tormenti.
Erano gli anni della Grande Guerra. Ma erano anche anni di avanguardie, di sperimentazioni e provocazioni culturali, di fermenti artistici e nuove amicizie. Proprio con Cocteau si consolidò un forte legame che lo porterà a viaggiare in lungo e largo per tutta la Penisola.
“Credo che nessuna città al mondo possa piacermi più di Napoli. L’Antichità classica brulica, nuova di zecca, in questa Montmartre araba, in questo enorme disordine di una kermesse che non ha mai sosta. Il cibo, Dio e la fornicazione, ecco i moventi di questo popolo romanzesco. Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi”. A pronunciare queste parole fu Cocteau in una lettera di ritorno da Napoli alla cara mamma. Cocteau e Picasso erano innamorati di Napoli, ma forse il pittore spagnolo un po’ di meno. Famosa diventerà la risposta che Cocteau diede a Picasso in uno scambio epistolare: “Sto bene a Roma, e poi c’è il Papa”. “Sì è vero, a Roma c’è il Papa, ma a Napoli c’è Dio”.
Picasso arrivò a Napoli a marzo del 1917 e visitò musei, chiese e gallerie. Restarono folgorati dal presepe vivente della città, ma anche dai pavimenti della Chiesa di San Giovanni a Carbonara e della Cappella Pontano. Era solito paragonare Napoli al cibo o al sesso. In una cartolina con il paesaggio del Golfo Picasso dipinse un cuore trafitto e scrisse il suo nome e quello di Olga. Le scene di vita popolare lo inebriarono, restò stupefatto dallo stile di vita napoletano. Alloggiò al Parker’s Hotel di Corso Vittorio Emanuele e il 27 aprile, di ritorno da una passeggiata al Vomero, disegnò il tragitto che fece dietro a un bigliettino dell’albergo.
Picasso e i suoi restarono a Napoli per più di un mese e ebbero il tempo di visitare anche Pompei. Qui si dice che Picasso trovò l’istinto giusto per evolvere la sua vena artistica. Abbandona la sperimentazione per passare ad una pittura più tradizionale, neoclassica, dove le figure diventano solide e quasi monumentali.
Ebbe anche il tempo di assistere ad alcuni spettacoli di beneficenza per la Croce Crossa al Teatro San Carlo. Proprio prima dell’inizio di uno di questi spettacoli, “Les Femmes de bon humeur”, Picasso si trovava a girovagare leggermente alticcio in compagnia di Stravinskij, quando a un certo punto sentì un grosso bisogno di urinare. Non ci pensarono due volte i due e approfittarono della poca gente in giro per fare pipì in un angolo della Galleria Umberto I. Un gendarme notò la scena e li richiamò all’istante, minacciandoli di portarli in questura. Allora Stravinskij convinse la guardia a condurli al San Carlo dove i due artisti furono immediatamente riconosciuti. Inutile dire che il gendarme si scusò per il suo comportamento andando via con la coda tra le gambe.
Invece dal 16 al 22 aprile andò in scena al San Carlo lo spettacolo Parade, scritto e diretto da Cocteau, Picasso, Djagilev, Massine e Satie. Per chi non lo sapesse, Parade fu uno spettacolo innovativo, molto moderno e totalmente fuori dagli schemi. Purtroppo Napoli aveva perso quella mentalità da capitale e si provincializzò un po’ e infatti alla prima rappresentazione il pubblico reagì con molta perplessità e pochi, pochissimi applausi. Alla seconda, quando calò il sipario, i napoletani dopo un minuto di assordante silenzio, batterono le mani, ma uscirono dal teatro arrabbiati e scuri in volto. Al terzo spettacolo il San Carlo era semideserto. Djagilev decise di annullare le altre rappresentazioni. Dopo questo fallimento, Picasso provò a consolarsi rifugiandosi in un bordello, prima di partire alla volta di Positano. «Le ragazze di Napoli hanno quattro mani»– scriverà nei suoi taccuini in ricordo di quella esperienza.
Nessuno può rimanere indifferente alla città e alla cultura NAPOLETANA!!!
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