domenica 30 agosto 2020

Concerti senza intervallo con programmi più logici, sperando che la pandemia abbia insegnato qualcosa al mondo della musica

Abbiamo letto oggi sull'inserto domenicale del Corriere 'La Lettura' nel paginone dedicato al festival 'MiTo', di imminente apertura, qualcosa che condividiamo e che andiamo da tempo,  da molto prima del silenzio dovuto alla pandemia, sostenendo a proposito di concerti e programmi da concerto. 

 L'abbiamo letto nella lunga intervista a più voci, protagonisti tre nostre ottimi violoncellisti ( Brunello, Dindo, Sollima, intitolata stupidamente : I tre tenori del violoncello. Stupidamente, perchè abbiamo già un altro trio, i ragazzi de Il volo, anch'essi fregiatisi del medesimo titolo ' I tre tenori' mai così tanto inutilmente abusato, e che noi non apprezziamo affatto, i tre tenorini de Il Volo.

In quel doppio paginone dove si esalta il volto tutto 'italiano' della edizione 2020, 'italiano' causa pandemia e non scelta artistica del direttore Campogrande, Brunello dice qualcosa che ci trova, come abbimao già detto consenzientio. E cioè che un concerto senza intervallo è meglio che con intervallo. Chiede attenzione crescente, se anche il programma viene stilato con una certa logica, e alla fine  tutti a casa con dentro le orecchie ed il cuore il suono di quella musica che ci ha coinvolti. Niente intervallo, niente bar , niente chiacchiericcio, e tutti a casa arricchiti dalla musica.

Ma questo non basta, brunello no lo dice, ma lo diciamo noi.  Un concerto come tanti, in due parti, dove si ascoltano una sinfonia nella prima ed una seconda  nella ripresa, costituisce una assurdità. Si richiede all'ascoltatore, specie quando il programma è di quelli che rapiscono per bellezza o profondità una attenzione ed immersione superiore alle nostre capacità, poi si stempera tutto nell'intervallo, per  poi rientrare e ricominciare. Come è possibile immaginare che l'ascoltatore dopo la tensione richiesta ascoltando un capolavoro, possa nuovamente riprogrammarsi con la medesima tensione ed attenzione? E' difficile riuscirci.


 E non è un caso che un tempo molti programmi da concerto erano altrimenti composti. Prima del pezzo forte del concerto,  come era da considerarsi solitamente un brano del grande repertorio sinfonico, l'orchestra faceva ascoltare qualche brano di minore impegno, come per preparasi, predisporsi all'ascolto 'maggiore', magari anche due brani dello stesso tenore:minore. Ma poi, una volta eseguito il pezzo forte del programma, il concerto terminava lasciando  nell'ascoltatore intatto tutto il 'sapore'- scusate il termine' .- che un capolavoro sa dispensare.

Insomma non solo concerti con un solo tempo senza intervallo, ma anche un pezzo forte e basta.

 E come corollario bandire assolutamente le cosiddette maratone e le integrali. Quale altra bestialità si può immaginare superiore all'esecuzione delle Sinfonie di Beethoven tutte in una sola giornata, come tante volte è accaduto, ed ultimamente accaduto anche al Teatro san Carlo di Napoli, in occasione delle universiadi- che sono una gara sportiva, come si è maledettamente tentato di ridurre anche le Sinfonie beethoveniane. Per simili bestialità il codice dovrebbe prevedere una sonora punizione dissuasiva    


Nessun commento:

Posta un commento