domenica 30 agosto 2020

Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani. Chi l'ha vista?

Era nata anni fa  con le migliori intenzioni, ad imitazione di quanto già accadeva in altri paesi: selezionare i migliori elementi dei nostri Conservatori e farli lavorare insieme. Era il progetto alla base della nascita dell'Orchestra nazionale dei Conservatori Italiani (ONCI). A quella primitiva formazione, che  ascoltammo per la prima volta proprio all'Aquila pochi mesi dopo il terremoto, nella Basilica di Collemaggio tutta puntellata, al cui fianco sorgeva la sede del Conservatorio aquilano, se ne sono aggiunte nel tempo altre due, l'Orchestra 'barocca' e l'Orchestra 'Jazz'. 

Dell'esistenza della prima compagine ci siamo ricordati ieri sera guadando in tv (ma solo per pochi istanti, perchè una serata di canzoni - e in tv si canta sempre,  decisamente troppo!- ci fa venire l'orticaria) Gianni Morandi all'Arena di Verona, accompagnato appunto dalla suddetta orchestra, trasmesso da Mediaset, registrato nell'ormai lontano 2013.

 Poi, cercando in rete qualche notizia sull'Orchestra che seguimmo attraverso la nostra rivista Music@ nei suoi primi passi, l'unica notizia rinvenuta è stato il concerto che l'Orchestra ha tenuto a novembre 2019 al Maggio Fiorentino per raccogliere fondi a favore di Venezia allagata.

 Nient'altro. Sappiamo solo che da anni l'organizzazione dell'orchestra ha sede presso il Conservatorio di Latina (dopo il suo primo periodo di attività quando la sua gestione generale era affidata ad un signore, sardo, che ovviamente poco sapeva di orchestra e conservatori, messo lì dal solito inetto Ministero); ma chi oggi la gestisca artisticamente non è dato sapere. Forse il direttore pro tempore del Conservatorio o altri.


 Ci sorge il dubbio, purtroppo fondato, che l'Orchestra sia nata per l'entusiasmo di qualcuno,  cessato il quale sia stata lasciata al suo destino e che oggi si trascini senza  meta e svogliatamente: svogliati non sono i ragazzi, ma gli organizzatori dell'orchestra. 

Lo stesso destino infame che sembra aver avuto il cosiddetto 'Premio delle Arti', nato per premiare i  migliori diplomati dei Conservatori italiani, senza che per loro si sia prevista una qualche prospettiva ed opportunità di lavoro artistico, costringendoli ad emigrare per perfezionare gli studi e cercare lavoro altrove. Come accade in molti altri settori, alle nostre eccellenze. La musica non poteva fare eccezione.

Ora la vista del'orchestra schierata sul palco dell'Arena di Verona ci ha negativamente colpiti, non perchè non possa essere impiegata anche in simili occasioni, ma perchè alla fine risulta essere una delle pochissime se non l'unica occasione , per giunta non costosissima, per l'orchestra che ha i numeri per fare tournée in Italia e all'estero e  ben figurare anche in una breve stagione di concerti, estiva, in una sede stabile o girando per l'Italia.  La solita storia italiana.

 In Italia le cosiddette orchestre 'di formazione' reggono più di una stagione solo se hanno un santo protettore che le fa lavorare, come nel caso della 'Cherubini' diretta da Riccardo Muti. In altri casi (come  l'Orchestra Mozart, dopo la morte di Abbado,  che fatica a sopravvivere; e l'Orchestra Giovanile di Santa Cecilia alla cui sopravvivenza il grande musicista Luciano Berio, all'epoca sovrintendente, non era interessato e la fece morire) la loro sorte è segnata fin dal momento della nascita: una brutta fine!

Allo stesso modo, come un fuoco di paglia, si inventano premi di composizione 'Ezio Bosso' che, non appena la memoria dello sfortunato musicista si sarà affievolita, scompariranno nel breve volgere di una stagione; e ad intitolare auditorium, strade, piazze ad Ennio Morricone, il cui nome sopravvive, perchè fa comodo alla politica,  ma verrà dimenticato appena non servirà più.


1 commento:

  1. In Italia siamo bravi a farci venire delle buone idee, ma non a lavorare su una direzione a lungo termine. Peccato per questa orchestra, perché ponti tra conservatorio e vita professionale (non solo orchestrali) ne servirebbero come il pane... Umile pensiero di uno dei tanti emigrati di cui si parla nell'articolo. Saluti prof. Acquafredda!

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