mercoledì 6 dicembre 2017

Non tutte i copioni sono uguali. Vedi i casi della ministra Marianna Madia e del prof. Paolo Miccoli, graziati e promossi

Gente famosa, perfino ministri, all'estero, scoperta a 'copiare', si è dovuta dimettere dall'incarico per la semplice ragione che se uno  ha rubato una volta, lo farà infinite altre, anche dovesse avere una responsabilità pubblica.  E furto è anche copiare testi altrui in una tesi di laurea o in un libro, senza indicare chiaramente la fonte, dunque attribuendosene la paternità.

In Italia, invece, accade che un ministro, anzi una ministra, saccheggi ricerche altrui per la sua tesi di dottorato, presso un celebre istituto di Pisa, ma non si dimetta, anzi non ci pensi affatto. Non solo.  accade che la scuola  metta in piedi una commissione per esaminare la tesi di dottorato incriminata e che  sentenzi che non c'è stato furto, ma che non rende note le sue deduzioni. Forse per la vergogna! E che la ministra, dott. Marianna Madia, - la copiona, che s'è dimenticata di virgolettare i passi copiati - continui a restare al suo posto.

 Ma in Italia, in ambito universitario, accade anche altro, ancora più grave. Un professore viene accusato di aver copiato a piene mani da un altro. Il suo nome è Paolo Miccoli, tenetelo a mente, nel caso vi dovesse capitare di incrociarlo nel corso della vostra vita.
Uno così non dovrebbe più insegnare - quale morale di studioso può insegnare ai suoi studenti? - e non dovrebbe far parte di nessun organismo che ha a che fare con la ricerca. e con la vigilanza su di essa. Insomma è chiamato a fare la guardia, mentre è stato beccato a rubare: il prof. Paolo Miccoli fa parte di un organismo, l'ANVUR - Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca, dal quale, almeno, egli si sarebbe dovuto dimettere, un minuto dopo la scoperta del suo furto ( anche lui s'è giustificato dicendo: ho dimenticato di virgolettare i passi rubati).

 E come non bastasse, dal prossimo anno,  da membro del detto organismo di vigilanza, ne sarà il Presidente. Si sarà guadagnato qualche merito nel periodo in cui ha fatto parte di quell'organismo di vigilanza, dopo aver ammesso il proprio errore, tanto da meritare la promozione a presidente? O i componenti dell'Agenzia hanno pensato che un ladro, messo a capo di una commissione che deve vigilare sui furti, per il fatto che conosce bene il mestiere, possa tenere lontani i ladri o smascherarli? Cioè che un ladro, anche dopo che si è pentito, sa scovare i ladri meglio di chiunque altro. Salvo riscontrare che ha perso il pelo (di ladro), ma non il vizio.

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