Dopo Chénier, ma forse in previsione del ritorno alla Scala del capolavoro di Giordano, dopo 32 anni di assenza, la rivista italiana di musica specializzata in sondaggi, s'è buttata a sondaggiare la salute del genere di melodramma cui anche Chénier appartiene, e che, fra i titoli più noti, annovera Pagliacci e Cavalleria: il Verismo musicale, snobbato da alcuni a lungo, da altri a fasi alterne, ma sempre vivo e talora anche in auge, con buona pace anche della buonanima di Claudio Abbado che oltre al Verismo, di cui sopra, snobbava anche Puccini - tutta la sa produzione in blocco.
La verità è che lavori come quelli di Leoncavallo e Mascagni, sono fra i capolavori assoluti di teatro musicale e, come tali, indipendentemente dallo stile in vigore nell'epoca in cui sono stati scritti, e dalle simpatie alternate ad antipatie di ogni epoca nei confronti delle stesse, attirano l'attenzione dei teatri e sono fra i praferiti dl pubblico.
La rivista dei sondaggi ha scoperto questo mese che, forse sull'onda dell'annunciato Chénier scaligero, i teatri si son dati da fare per rimettere a nuovo quel genere musicale cui l'opera di Giordano appartiene, e che, pur non potendo competere con Pagliacci e Cavalleria, si è ritagliato sempre un posto di rilievo.
Ora Cavalleria e Pagliacci non sono stati mai fuori moda, e mai usciti di scena completamente; e, quest'anno, come accade ciclicamente, sono più presenti nei cartelloni, senza bisogno di invocare cambi di tendenze o di gusto.
Ma la rivista dei sondaggi, se avesse dato qualche anno fa un'occhiata ad una inchiesta vera condotta da Music@, si sarebbe resa conto che proprio i due capolavori di Leoncavallo e Mascagni, nella stagione 2012-13, erano fra i titoli più rappresentati in Italia. Dopo Bohème ( 17 volte), Rigoletto ( 14), ecc... arrivava Cavalleria (7) e appena distanziata Pagliacci (6 ), dove Traviata, risultava in assoluto l'opera italiana più rappresentata nel mondo in quella stagione: 80 comparse, mentre aveva solo 8 presenze nei cartelloni italiani( quella inchiesta riguardava la presenza dell'opera italiana nei cartelloni italiani e del mondo). Concludeva la rivista che l'opera italiana era più rappresentata all'estero che in Italia, adducendo anche il caso significativo di Daniel Barenboim impegnato nella veste di direttore musicale contemporaneamente a Berlino e Milano, il quale a detta della redattrice, Elisabetta Guarnieri, faceva "l'italiano a Berlino e il tedesco a Milano", relativamente al repertorio. che nel caso di quello italiano egli dirigeva regolarmente a Berlino ma non a Milano, alla Scala, dove invece, Barenboim-Lissner si o no, dovrebbe essere di casa - come abbiamo più volte e per diverse ragioni sostenuto.
Dunque se quest'anno quei titoli sono più frequenti nei cartelloni lirici è solo un caso, non si tratta nè di riscoperta- perchè titoli sempre frequentati - nè di una rinascita, semplicemente una casuale coincidenza.
Nel successo del nostro melodramma più noto dappertutto c'è la ragione delle frequenti tournée dei complessi dei nostri teatri lirici all'estero. Se l'opera italiana è la più rappresentata - e quella di Verdi e Puccini è in cima alla classifica - a chi si rivolgono le istituzioni straniere per rappresentare, in circostanze ed occasioni particolari, quei titoli? Ovvio, ai teatri italiani. Aggiungeremo anche, salvo eccezioni, che a basta il nome del teatro invitato e magari qualche star nel cast o sul podio, il resto va bene comunque. Anche perchè nella maggior parte dei casi il costo di tali tournée non è così alto, dunque non si possono avanzare molte pretese; e, in questo, i complessi delle fondazioni liriche italiane offrono il meglio che si trova sul mercato, a quel prezzo.
Il discorso cambia quando si passa ad esaminare le tournée dei nostri complessi sinfonici all'estero, nella cui classifica, i primi due italiani - Filarmonica della Scala, la compagine sinfonica del più noto teatro lirico del mondo; e Santa Cecilia, perché si vuole ascoltare Pappano, del quale si dice un gran bene, alla testa della sua orchestra, e lui in tournée va solo con Santa Cecilia - compaiono agli ultimi posti fra i primi dieci, non potendo scalzare dal podio - nonostante le inchieste fasulle della rivista italiana dei sondaggi - quelle superlative come in Europa ne esistono - ma che costano più dei complessi ceciliani.
Comunque fra i complessi dei teatri che fanno tournée ci dispiace di non aver letto anche dell'Opera di Firenze che, quest'estate, dovrebbe fare tappa a Ravenna ( per il festival della signora Muti) ed in una cittadina del calabrese, gratificata da un sito archeologico di grande importanza, nella quale dovrebbe suonare ed anche accompagnare una pianista (chi?) che è poi la direttrice artistica del festival medesimo.
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